Chiara Appendino, due carte vincenti per un sindaco: una buona squadra e la capacità di studiare

Fare la sindaca di una città è un’esperienza impegnativa ed emozionante allo stesso tempo. Non è facile descrivere in poche righe la galassia di sensazioni che si provano quando ci si cala in un ruolo del genere e ci si confronta con le reali difficoltà di un territorio. Credo infatti che la peculiarità di un amministratore locale sia che quelli che genericamente vengono chiamati “problemi”, in realtà non sono elementi astratti ma hanno dei volti, dei nomi e dei cognomi. Non ci si confronta con statistiche ma con persone, non solo con tabelle ma con episodi di vita dei tuoi concittadini che prendono la forma di case popolari da ristrutturare, di scuole da mettere in sicurezza, di pullman che non passano e molto altro.

Ricordo che quando stavo valutando di iniziare questa avventura ne ho parlato a lungo con mio marito Marco. Sapevamo che questa scelta sarebbe stata difficile ma, nonostante questo, abbiamo deciso di andare avanti. Sono stata scelta dal gruppo di attivisti del Movimento 5 Stelle di Torino, ci siamo presentati alle elezioni e poi… beh, sapete come sono andate le cose.

Mentre scrivo queste parole sono passati quasi otto mesi da quel 30 giugno in cui ci siamo insediati, e più di un anno dall’inizio della campagna elettorale. Mi sento di dire che, a parte lo spirito, è cambiato tutto. La mia vita non è più la stessa. Il momento di spegnere la luce è sempre molto tardi, la sveglia sempre molto presto e, nel mentre, i pensieri raramente ti lasciano da sola. Non sono tanti i momenti in cui riesco davvero a staccare, e su questo ammetto che devo migliorare. Tuttavia dico sempre che tutto ciò in realtà non è né più né meno di quello che succede a tante mamme e donne che lavorano con lo stesso impegno e intensità, ma che non ricoprono una carica pubblica. Quello che fa la differenza probabilmente è proprio il tipo di lavoro e le sfide che ogni giorno dobbiamo affrontare.

Mi dicono sempre che sono molto pragmatica, forse troppo, e visto che non mi va di smentire questo tratto ne approfitto per portare qualche esempio concreto. Pochi giorni dopo il succitato insediamento mi giunse la notizia che il Salone Internazionale del Libro di Torino – pietra miliare degli eventi culturali della Città e del Paese intero – rischiava di non avere luogo a causa di alcuni accordi precedentemente assunti che avrebbero portato la manifestazione a Milano. Un esordio non dei più semplici, c’è da dirlo. Grazie a una squadra e una Giunta forte – che abbiamo scelto prima delle elezioni, elemento che ogni tanto si dimentica di sottolineare – ci siamo messi subito al lavoro. Dopo continui dialoghi con il Ministero, le Istituzioni, gli organizzatori e vari stakeholder siamo riusciti a conservare l’evento a Torino, dandogli un format rinnovato e una nuova Governance. Siamo sicuri di aver fatto un ottimo lavoro e, per questo, vi invito sin da ora a venire a visitare il Salone e darci un vostro parere dal 18 al 22 maggio.

Non sono poi mancati i problemi legati all’ambiente. Da quelli relativamente più piccoli, come la vera e propria infestazione di alghe nel fiume Po, fino alle tragedie visibili (alluvione) e invisibili (inquinamento). Ancora una volta ne siamo venuti a capo grazie a un intenso lavoro di squadra e un grande spirito collaborativo.

Tuttavia, in un Paese in profonda crisi economica e sociale che recentemente ci ha sbattuto in faccia il drammatico dato del quasi 41% di disoccupazione giovanile, Torino non fa eccezione. Il tema da cui partire è e rimane quello della lotta alla disoccupazione e dello sviluppo economico. Non conto più i messaggi che quotidianamente mi arrivano su Facebook, Twitter e Instagram di giovani che terminati gli studi faticano a trovare un posto di lavoro in un call-center o come promoter, figuriamoci un impiego stabile su cui tentare l’azzardo di progettare un futuro. Per non parlare di chi perde il lavoro a cinquant’anni, una situazione, se possibile, ancora più drammatica. Ecco, una sindaca queste responsabilità le sente tutte, una per una. Per questo motivo stiamo mettendo in campo tutte le risorse che sono nelle disposizioni della città in termini di progetti e iniziative.

Due in particolare danno la misura della nostra idea di sviluppo. La prima l’abbiamo chiamata Open For Business, ovvero un tavolo di lavoro di concerto con altre istituzioni il cui obiettivo è quello di creare un ecosistema sul territorio che sia favorevole all’insediamento e allo sviluppo delle imprese, locali e internazionali. Vogliamo attrarre investimenti facendo leva sulle nostre eccellenze: il settore aerospaziale, l’automotive, il biomedicale, le telecomunicazioni e l’enogastronomia. Il lavoro è un diritto alla speranza, e la Politica questo diritto lo deve garantire. In campagna elettorale abbiamo poi parlato a lungo di periferie, e il progetto AxTO con cui abbiamo vinto un bando del Governo va proprio in questa direzione, prevedendo 44 azioni e oltre 250 interventi in diverse aree della città che da troppi anni necessitano di una riqualificazione. Abbiamo definito questi interventi di “agopuntura” perché non si tratta di poche grandi opere ma di tante piccole azioni molto concrete. Dalla ristrutturazione delle scuole alla riqualificazione degli spazi verdi, dall’incremento delle stazioni del bike-sharing alle installazioni di telecamere per la sicurezza, dal rilancio dei mercati rionali alla riparazione delle strade, e molto altro. Buona parte di questi lavori prenderà il via già nella prossima primavera.

Mi sarebbe piaciuto concludere con questa ventata di ottimismo ma, chi mi conosce sa che, a costo di essere impopolare, amo dire le cose come stanno. La principale difficoltà dei comuni è il bilancio. Non è questa la sede per aprire un dibattito in merito ma ci tengo che tutti i cittadini sappiano quali sono le difficoltà di un amministratore locale nel far quadrare i conti per garantire i servizi. Noi in particolare abbiamo ereditato una situazione difficile a cui, con non poche difficoltà, stiamo facendo fronte. Vorrei che i cittadini, non solo di Torino ma di tutti i comuni, fossero consapevoli di queste difficoltà. Ogni lampione acceso, ogni asilo aperto, ogni striscia pedonale riverniciata comporta una scelta, e le scelte, quando hai la responsabilità di una città, non sono mai semplici come si può immaginare.

Se ad oggi dovessi indicare quali sono gli elementi più importanti per rivestire questo ruolo credo che ne indicherei due in particolare: una buona squadra e la capacità di studiare. La prima perché è materialmente impossibile occuparsi di tutto, dunque hai bisogno di persone che condividono i tuoi valori e progetti. Ecco, in questo frangente capisci davvero cosa significa il rapporto di fiducia perché è su questa che si fondano successi ed insuccessi di qualsiasi azione amministrativa. In secondo luogo la capacità di studiare. Questa è determinante per due motivi. In primis perché ogni documento merita la giusta attenzione e il giusto approfondimento, proprio perché le decisioni che si prendono coinvolgono migliaia e migliaia di cittadini; e poi perché lo studio è mosso dalla curiosità, e senza di essa il rischio di immobilismo è altissimo. In Politica come nella vita.

Il mio sogno? Cercare di fare il meglio per la mia città, dare il giusto esempio affinché molti altri vogliano impegnarsi per il bene comune e, alla fine del mandato, tornare alla mia vita, a fare la mamma e magari dare un fratellino a Sara.