Il tasso di mortalità più alto dal dopoguerra a oggi e un nuovo minimo storico dall’Unità di Italia nel tasso di natalità. Diminuisce anche la speranza di vita alla nascita, sia per gli uomini sia per le donne. È la fotografia impietosa che il rapporto sugli indicatori demografici dell’Istat fa del nostro Paese. Nulla di nuovo, certo. Eppure si spera sempre di leggere di un’inversione di tendenza, rispetto a un trend che da anni ci vede agli ultimi posti in Europa. In Italia si ha una media di 1,43 figli per donna (dati di oggi 1,35) a fronte di numeri più alti in Irlanda e Francia a 2,01, Gran Bretagna a 1,92, Svezia a 1,91 e Finlandia a 1,80, secondo i dati Eurostat relativi al 2014. Il dato rilevante, che è già stato sottolineato in diverse sedi, è che il maggior tasso di fertilità corrisponde a un tasso di occupazione femminile più alto. In altre parole: si fanno più figli laddove le donne vanno a lavorare e non dove stanno a casa. Perché invece in Italia si pensa ancora che per fare figli la donna debba rinunciare al proprio lavoro?
Certo non si può prescindere, in questo discorso, dal livello di protezione e assistenza sociale che in alcuni Paesi aiuta le donne lavoratrici ad essere madri e a non abbandonare la propria professione subito dopo la maternità, come invece avviena ancora troppo spesso in Italia. La percentuale di occupazione femminile nell’Europa a 28 si attesta al 58,5%, mentreper gli uomini è al 69,6%. In Italia la differenza è 66,5% a 47,1%, una delle più alte dell’intera Unione. Le disparità più lievi sono in Lituania (61.8% a 62.2%), Finlandia (68.2% a 70.5%), Lettonia (61.7% a 64.4%) e Svezia (71.8% a 75.6%).
Tornando ai dati dffusi oggi dall’Istat, in Italia al 1° gennaio 2016 la popolazione è di 60 milioni 656 mila residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l’8,3% della popolazione totale, in crescita di 39mila persone rispetto all’anno precedente.
Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. Al contempo le nascite sono state 488 mila ( in calo di 15 mila rispetto al 2014), nuovo minimo storico dall`Unità d’Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna, mentre l’età media delle madri al parto sale a 31,6 anni. E meno figli, in soldoni, vuol dire anche una minor crescita del Pil, se vogliamo guardarla dal lato puramente economico.
In Italia, quindi, si fanno meno figli e più tardi. Non solo: tre donne su dieci occupate ha lasciato il lavoro dopo la gravidanza. Quasi una donna su quattro (22,4%) con meno di 65 anni, poi, interrompe l’attività lavorativa per motivi familiari, contro appena il 2,9% degli uomini, secondo l’Istat. Come si risolve il tutto? Due le direttrici: misure a sostegno di una maggiore occupazione femminile e al contempo maggiore assistenza sociale alle famiglie. Le proposte di legge in Parlamento si moltiplicano da anni. Forse sarebbe ora di farne un censimento, tirare fuori le più valide e più applicabili anche in base alla copertura finanziaria e procedere. Non dobbiamo inventarci nulla, basta andare a studiare ciò che hanno fatto sul tema i cugini francesi. Dal basso, invece, si potrebbe iniziare a cambiare la cultura dei lavori di cura e iniziare a dividerli più equamente all’interno delle famiglie. Primo passo: stasera chiedete al vostro compagno di lavare i piatti!