Ascoltano musica su Spotify. Si spostano con Blablacar. Fanno la spesa su Amazon, il più grande negozio al dettaglio che non possiede articoli ma potenzialmente ti spedisce a casa di tutto. Sono la generazione che preferisce condividere (o affittare) che possedere. Sono i cosiddetti “Millennials”, nati tra gli anni 80 e i 2000. Se c’è una caratteristica che li distingue dalle generazioni precedenti è il disinteresse per gli status symbol del passato. Casa e auto, in cima alla lista.
I Millennials hanno vissuto la crisi economica del 2008 e ancora oggi devono fare i conti con i suoi riflessi. Questo li ha resi più prudenti nello spendere i propri soldi e ancora di più nel contrarre debiti. Per farla breve, come posso pensare di sobbarcarmi un mutuo per 40 anni se non so nemmeno quale sarà il mio lavoro tra 12 mesi? La società che ti incoraggiava a comprare casa, mettere su famiglia presto e lavorare per la stessa azienda per 30 anni oggi non esiste più. Questo ha da un lato dato ai giovani priorità e aspettative diverse rispetto alle generazioni precedenti, dall’altro favorito nuovi modelli di consumo. Mentre l’economia dava segnali negativi, la tecnologia faceva notevoli passi avanti.
Oggi i giovani trovano risposte ai propri bisogni quotidiani in un sistema economico costruito attorno al concetto di “condivisione”. I Millennials non amano acquistare oggetti come automobili, musica e beni di lusso ma sanno che possono rivolgendosi a tantissimi servizi che consentono loro di accedere ai prodotti che desiderano senza gli oneri di proprietà. Basta un telefonino per raggiungere musica, archivi fotografci, documenti, film. Da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento. Il meccanismo del cloud offre loro la comodità di raggiungere un file senza possederlo materialmente e senza alcuna responsabilità di manutenzione. Perché comprare una macchina quando al bisogno puoi prenotare un viaggio con conducente su Uber senza sobbarcarti i problemi di gestione e i costi fissi di un’auto?
La riluttanza al “possedere” ha portato i giovani a riconsiderare anche il concetto di successo che oggi ha connotati meno materialisti. Per le generazioni precedenti, stabilità era sinonimo di felicità. Oggi la misura del successo è la libertà. Orari flessibili, inventarsi un lavoro, potere scegliere di svolgerlo: prospettive molto più attraenti del mitico “posto fisso” con orari rigorosi e le otto ore da passare in ufficio ogni giorno.
Le persone di successo non comprano, affittano. Sia che si tratti di casa che della scrivania dove lavorare. Il fascino di una vita in movimento batte le lusinghe del mercato immobiliare. Nei sogni imprenditoriali la fabbrichetta ha lasciato il posto alla startup. I beni materiali hanno perso la loro attrattiva, scalzati dalle esperienze: viaggi, sport estremi, cene nei ristoranti stellati.
Gli oggetti ci fanno preoccupare, ci rendoso ansiosi. Una macchina può essere graffiata o scassinata. Un elettrodomestico potrebbe rompersi. Con una casa di proprietà sarà difficile spostarsi in cerca di nuove prospettive lavorative. Senza contare che la felicità di un’esperienza vissuta è ben più appagante dell’acquisto di un oggetto. Nessuno potrà mai toglierti le esperienze che hai fatto anche se vivi in un’epoca contrassegnata dall’insicurezza (finanziaria, per prima). I beni si deteriorano, diventano obsoleti. Viaggi, concerti, spettacoli, corsi di specializzazione, sport lasciano un patrimonio immateriale: i ricordi. Un’esperienza non verrà mai svalutata dai meccanismi del mercato, arricchisce la vita e nessuno te la potrà mai portare via.