Disabilità e povertà: in 2 mesi a Palermo quasi 3mila domande

La Sicilia a novembre 2025 detiene il primato per certificati medici introduttivi che sono – lo ricordiamo – il primo atto con cui si avvia la procedura di accertamento della disabilità: a Palermo il numero di nuovi certificati medici introduttivi presentati da settembre a novembre 2025 svetta su tutte le altre province d’Italia: 2.807 domande, dietro c’è Genova con 1.674 domande, seguita da Lecce con 1.600. I numeri palermitani disegnano un trend in perfetta continuità, perché nel 2024 il report contava 2.789 nuovi certificati.

Il dato emerge dalla sperimentazione della riforma sulla disabilità, che vede Palermo fra le 20 province in cui si stanno testando le novità normative. La sperimentazione, avviata a settembre, durerà sino al 2027, data in cui la riforma entrerà a pieno regime su tutto il territorio nazionale. I primi dati presentati dall’Inps  non raccontano solo la riforma, ma delineano un intero scenario: Ne viene fuori un quadro desolante che interroga in primis la politica.

Il primato della Sicilia: quasi tremila domande in due mesi

L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, diventato accertatore unico oltre che responsabile di garantire l’interoperabilità fra le piattaforme pubbliche nel quadro di una digitalizzazione e  procedimentalizzazione che ridisegnano la valutazione di base, ha evidenziato anche altre risultanze del primo periodo di sperimentazione a Palermo:

  • Convocati a visita: 1.191
  • Pratiche in lavorazione (accertamenti medico-legali in corso di definizione): 64
  • Totali in lavorazione: 1.255
  • Certificati finali emessi (pratiche definite): 476
  • Percentuale definiti su pervenuti: 16,96%

Due considerazioni sembrano inevitabili. La prima riguarda una performance operativa a dir poco critica: Palermo fa registrare la più bassa percentuale di definizione delle pratiche tra tutte altre le province monitorate (16,96%), evidenziando come si crei un grave collo di bottiglia nel sistema di accertamento che è fonte di importanti ritardi.

Nessuno potrà tralasciare quanto un sistema ingolfato sia causa di grave danno per il cittadino che attende, con l’esito della domanda di invalidità, la risposta a tutta una serie di istanze. Parliamo, in definitiva, del rispetto dei diritti delle persone con disabilità. Può essere utile ricordare che la legge n. 241 del 1990 prevede che le pubbliche amministrazioni siano tenute al risarcimento del danno ingiusto, cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. E se guardiamo anche al disposto dell’art. 4 della legge 104/1992, recentemente riformato, il cerchio di chiude: il riconoscimento della condizione di disabilità deve essere effettuato dall’Inps mediante le unità di valutazione di base. Centrale, per l’efficacia dell’intero sistema, è allora la capacità operativa delle strutture territoriali.

L’altra deduzione non può non riguardare l’incidenza di quelle domande di accertamento della disabilità. Palermo si scopre “caso emblematico” di un’elevatissima pressione amministrativa sul sistema nazionale di accertamento. Ma se l’enormità dei questi  dati mette il capoluogo siciliano in una situazione che sembra non avere pari in altre zone d’Italia, non va taciuto come non si tratti di un picco occasionale. E infatti è proprio il confronto temporale 2024-2025 a evidenziare come vi sia una sostanziale stabilità nei volumi di domande: la percentuale di presentazione del 43,97% è perciò, piuttosto, un chiaro indicatore della persistenza del fenomeno. Se ne deduce che l’ incidenza di questa pressione sveli una caratteristica strutturale del territorio palermitano. Ciò non può che rendere indifferibili degli interventi altrettanto strutturali, necessari per migliorare l’efficienza del sistema.

I più poveri sono al Sud

Disabilità o ammortizzatore sociale? La domanda è lecita se solo si pensi che il certificato di disabilità dà diritto ad agevolazioni, soprattutto di natura fiscale (IVA al 4% e detrazione per l’acquisto di veicoli e di ausili/sussidi tecnici, esenzione dal pagamento del bollo auto, sgravi relativi alle spese mediche e all’assistenza specifica, contributi e  benefici a livello lavorativo e in termini di collocamento mirato), ma non solo.

Ciò che appare chiarissimo è che il Sud sta chiedendo aiuto, che vuole risposte sui fronti più caldi nei quali si incuneano fragilità economiche, povertà estrema e diffusa. Qualche giorno fa l’Anci  ha puntato il dito contro la Regione: l’associazione dei comuni d’Italia parla del “caso Sicilia” e denuncia l’impennata dei bisogni sociali e sanitari, contro i tagli ai fondi dei Comuni a fronte dell’aumento delle entrate regionali.

Quando parliamo di soglie di povertà assoluta l’Istat si riferisce ai valori rispetto su cui attestare la spesa per consumi di una famiglia, con lo scopo di classificarla assolutamente povera o non povera. Nel 2024, si stimano poco più di 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta, dato sostanzialmente stabile rispetto al 2023.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove coinvolge oltre 886mila famiglie, 10,5%), seguita dal Nord-ovest (595mila famiglie, 8,1%) e dal Nord-est (quasi 395mila famiglie, 7,6%), mentre il Centro conferma i valori più bassi (349mila famiglie, 6,5%).

Tra le famiglie assolutamente povere, il 39,8% risiede nel Mezzogiorno (38,7% nel 2023) e il 44,5% al Nord (45% nel 2023); il restante 15,7% risiede nel Centro (16,2% nel 2023). La povertà assoluta è stabile anche a livello individuale con l’unica eccezione delle Isole dove si registra un significativo aumento, arrivando al 13,4% dall’11,9% del 2023″.

Anche l’intensità della povertà assoluta (ovvero in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente al di sotto della linea di povertà, dando la misura insomma di “quanto poveri sono i poveri”) che si conferma stabile a livello nazionale in tutto il Paese, nel Mezzogiorno fa segnare un incremento: dal 17,8% del 2023 al 18,5%. Nel Sud (come anche al Nord) sono poi i comuni centro di area metropolitana a far registrare i valori più elevati (12,5% e 8,2%).

Ecco come il dato palermitano – la povertà letta in combinato con i due mesi di sperimentazione in materia di disabilità – non dovrebbe essere poi così difficile da comprendere.

L’evento

Il tema è stato affrontato a Caltanissetta, nella sede del Centro per la Formazione Permanente e l’Aggiornamento del Personale del Servizio Sanitario (CEFPAS), nell’ambito del convegno conclusivo del percorso formativo voluto dalla Garante regionale per la persona con disabilità, Carmela Tata.

Il seminario è servito a tirare le somme del ciclo di incontri partito nel febbraio del 2024.  Al centro le novità introdotte dal decreto legislativo n. 62 del 3 maggio 2024 che dà corpo ai principi fissati nella legge delega del dicembre 2021 (in linea con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia nel 2009). La riforma che sembra chiudere un cerchio durato trent’anni è in stretta relazione con il PNRR per cui la disabilità è priorità trasversale.

L’impianto normativo (sul quale Alley Oop ha già scritto qui) si caratterizza soprattutto per una nuova visione d’insieme che mette la persona con disabilità al centro della scena, abbandonando un approccio di tipo sanitario e sposando invece una prospettiva bio-psico-sociale. La disabilità è finalmente una condizione e non più una malattia. Scopo ultimo della legge delega è, in fondo, quello di garantire il pieno esercizio dei diritti civili e sociali, incluso quello alla vita indipendente e all’inclusione sociale e lavorativa, attraverso gli obiettivi dell’autonomia e delle pari opportunità. Si mira a disegnare per (e con) la persona con disabilità un progetto di vita declinato in termini di portabilità e che vuol essere prodotto sartoriale: la legge lo vuole individuale, personalizzato e partecipato. La sfida è quella di dar corpo e materia al secondo comma dell’art. 3 della Costituzione e al principio di uguaglianza sostanziale.

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