Solamente il 37% delle donne si sente in grado di staccare dal lavoro. È quanto rivela l’indagine “Deloitte Women at Work: A Global Outlook 2024”. Una difficoltà che si riflette nell’impossibilità di prendersi una pausa – anche solo mentale – in virtù di un costante sovraccarico di ruoli e responsabilità.
Le donne sono coloro sulle quali grava non solo il carico di cura, ma anche i compiti domestici. Sempre secondo lo studio citato, infatti, il 41% afferma di essere la persona che primariamente si occupa della casa, oltre che dei figli (50%) e di altri adulti (57%).
Il ruolo del lavoro da remoto
In questo scenario, flessibilità e lavoro da remoto sono spesso ricercati proprio per agevolare la conciliazione vita-lavoro, ma spesso nascondono alcune insidie. Il tempo dedicato alla propria sfera familiare e quello dedicato al proprio ambito professionale rischiano di sovrapporsi e confondersi, rendendo ancora più complesso riuscire a staccare. Si è “always on”, che si sia davanti allo schermo del computer, oppure in cucina o, ancora, mentre si aiuta i propri figli a fare compiti. Quando si smette – davvero – di lavorare?
A tal proposito, c’è un passaggio interessante nella ricerca di Deloitte: il dato relativo alla capacità di staccare cresce se il proprio partner offre un sostegno concreto nel carico di cura e in quello domestico. Tuttavia, tale crescita è decisamente esigua: il dato arriva infatti al 40%, registrando uno scostamento di appena tre punti percentuali dal 37% precedentemente citato. Un’evidenza che fa sorgere un sospetto: forse, per essere in grado di staccare, non è sufficiente intervenire sulle incombenze familiari. C’è altro.
Senso di colpa e di inadeguatezza
Molte donne convivono con un ideale da raggiungere, che genera una costante pressione e un perenne senso di inadeguatezza. Si percepisce di dover necessariamente essere efficienti e reattive, sia come professioniste che come mamme e/o caregiver, senza però riuscirci. Con la conseguenza che non ci si sente presenti al 100% né in famiglia, né al lavoro, vivendo in un continuo stato di “non completa presenza”.
Non è forse un caso se l’indagine Ipsos per Le Equilibriste 2024 rivela che la maggior parte delle madri lavoratrici ritiene che il proprio benessere psicologico fosse più elevato prima della maternità. Quasi otto su dieci, in particolare, affermano che il senso di colpa è uno dei principali ostacoli al bilanciamento vita-lavoro.
Arginare il proprio senso di colpa è complesso. Richiede un lavoro su di sé importante, perché radicato in convinzioni e copioni che spesso ci si porta dietro da tutta una vita. Annida nel «che persona voglio essere?», «cosa ritengo sia giusto?», «cosa significa, per me, essere una brava professionista?» oppure, se lo si è, una buona madre?
Tutti interrogativi che nascondono convinzioni su ciò che si pensa di dover essere e fare e che impattano significativamente sulla propria capacità di staccare. Se infatti, ad esempio, una persona ha radicata in sé l’idea che una brava professionista sia sempre disponibile, difficilmente riuscirà a mettere dei confini tra sé e il proprio lavoro. Farlo, significherebbe ammettere di non essere abbastanza brava.
Al di là delle modalità di lavoro e del carico di cura e domestico più o meno condiviso, ci sono dunque aspetti di sé che vanno indagati. Il rischio, altrimenti, è ritrovarsi comunque in scacco del proprio senso di colpa e di inadeguatezza, vivendo il tempo del riposo come tempo che si sta rubando ad altro – o ad altri – e che dunque non si merita. Sentendosi egoiste per il semplice fatto di prendersi una mezz’ora da dedicare a sé.
Gestione dei confini
Staccare dal lavoro e mantenere il proprio equilibrio è possibile, ma sono necessari accorgimenti che partono da una profonda conoscenza di sé e del proprio critico interno. Altrimenti, si rischia di convivere in eterno con la voce che ricorda che “non stai facendo abbastanza”. Che sia sul lavoro o in famiglia.
Un aiuto prezioso arriva dalla gestione dei confini, ossia quei paletti che si mettono – o si dovrebbero mettere – tra sé e la propria sfera professionale, così come tra sé e il carico di cura, ad esempio. È essenziale individuarli («Il weekend è dedicato alla famiglia») e comunicarli («Nel weekend non rispondo alle email»), così come negoziarli se serve («Solamente per oggi faccio un’eccezione»), facendo presente le proprie esigenze e la necessità di ritagliarsi quel dato spazio. Soprattutto, è importante riconoscere quando si viene meno alla loro difesa. Perché i confini vanno soprattutto protetti. E per farlo, è necessario essere portavoci della loro funzione, utilità e valore. Se non siamo le prime a rispettarli, infatti, nessuno lo farà per noi.
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