
Una scuola sempre più attenta alla dimensione educativa e dove il ruolo delle relazioni con studenti e genitori è sempre più importante, ma che contemporaneamente potrebbe migliorare sul contrasto delle disuguaglianze, le competenze digitali e il coinvolgimento degli studenti. È questa la prima fotografia delineata dalla Quarta indagine nazionale sugli insegnanti italiani, presentata da Università Bicocca, Bolton for Education Foundation e Istituto IARD, e realizzata su un campione di quasi 10.000 insegnanti da 400 plessi scolastici distribuiti in tutto il Paese. Un quadro che deve essere letto «ricordandoci che la scuola è una delle istituzioni sociali più ampie del nostro Paese, che impiega una delle più grandi categorie professionali del mercato del lavoro».
Nonostante queste dimensioni, «la scuola non è un monolite, ma cambia essendo costantemente esposta alle trasformazioni della società italiana, che entrano prima in classe che altrove», come spiega ad Alley Oop il direttore del gruppo di ricerca, il professor Gianluca Argentin dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. «Ad esempio, sono gli insegnanti i primi che si sono trovati in classe ad avere a che fare con l’intelligenza artificiale – afferma Argentin – come sono loro che qualche anno fa si sono trovati per la prima volta in classe ad avere a che fare con il rapporto tra giovani e social».
Relazioni e multitasking
Oggi il lavoro degli insegnanti è «sempre più multitasking», spiega Argentin. In particolare, rispetto al passato, «per fare fronte alla complessità delle mansioni entro scuole più ampie, bisogna sapersi organizzare e collaborare con gli altri». Questo, prosegue il professore, significa «gestire le relazioni» con i colleghi, con le famiglie e soprattutto con gli studenti”. Il 58% degli intervistati ha espresso infatti con forza l’idea che la loro dovrebbe essere una professione scelta per svolgere un’importante funzione sociale (contro il 54% che aveva dato la stessa risposta 17 anni fa). Questo è vero soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado. «Oggi più che in passato questa esigenza si afferma nella scuola secondaria di secondo grado – sottolinea il professore – poiché rispetto a 15/20 anni fa, vi entra l’intera popolazione studentesca e quindi entrano anche studenti verso i quali è più importante preservare una funzione educativa, oltre a quella di trasmissione delle competenze».
Si tratta di una «sfida più impegnativa oggi rispetto al passato – aggiunge Argentin – anche perché gli insegnanti italiani sono più anziani oggi di quello che erano già nel 2008». Infatti «abbiamo una forza insegnante tra le più anziane d’Europa». Ciò implica, da una parte, che «sintonizzarsi su nuove e diverse generazioni può diventa più facile per gli insegnanti mano a mano che si acquisisce esperienza, ma dall’altra che più si invecchia più diventa difficile perché la distanza generazionale è maggiore». In più, la funzione di relazione e di accoglienza negli scorsi anni «era più concentrata sulla scuola primaria e secondaria di primo grado», che hanno tradizionalmente una forza lavoro prevalentemente femminile. Oggi invece riguarda la funzione educativa riguarda «con forza maggiore anche molti più insegnanti maschi».
Una professione soddisfacente
È proprio l’aspetto relazionale a motivare l’elevata soddisfazione che molti insegnanti ancora nutrono per il proprio lavoro. L’88% dei rispondenti dell’indagine afferma che sceglierebbero nuovamente il proprio lavoro, anche se potessero tornare indietro (+6% rispetto al passato). Aumenta anche la gratificazione derivante dai rapporti con i genitori degli studenti, un dato che sembra quasi in contrapposizione a una narrazione scolastica in cui le relazioni con le famiglie sono spesso definiti come difficili o disfunzionali. «Da un lato gli insegnanti, più che in passato si trovano ad avere a che fare con famiglie eterogenee, più spesso, ad esempio, con un background migratorio e quindi con minori risorse per navigare il sistema scolastico, dato che i loro figli sono spesso i primi nel nucleo ad arrivare all’istruzione superiore in Italia», afferma Argentin. «Per loro gli insegnanti svolgono quindi anche una funzione orientativa».
«Dall’altro, molto più che in passato – prosegue – gli insegnanti incontrano genitori istruiti, che sono in grado di capire quanto è importante l’istruzione dei loro figli. E per questo sono anche più esigenti sul piano della richiesta verso gli insegnanti». Nonostante ciò, l’84% degli intervistati nella ricerca (contro il precedente 82%) pensa che negli ultimi 10 anni, sia calato il loro prestigio sociale, e che questa tendenza continuerà anche nel prossimo decennio (+15%). Questo però, secondo Gianluca Argentin, non deve destare allarme: «siamo oggi all’interno di un mondo in cui tutte le istituzioni sono molto più contestate che in passato, attraversiamo quella che Giddens ha definito fiducia nei sistemi esperti. Tuttavia, la scuola continua ad essere una delle istituzioni che godono di una fiducia diffusa. Secondo me – ipotizza l’esperto – proprio perché gli insegnanti hanno una grande capacità di adattamento all’utenza che hanno di fronte, quindi sanno rispondere a richieste più articolate che in passato in modo differenziato, da professionisti quali sono».

Contrastare le disuguaglianze
Probabilmente, in virtù di questa richiesta così differenziata, «abbiamo scuole più differenziate rispetto al passato, perché hanno preso percorsi di specializzazione eterogenei», ammette Argentin. Alcuni istituti, per esempio, «sviluppano eccezionali meccanismi di risposta a un’utenza multiculturale, sapendo mettersi in gioco e diventando esperti nell’accoglienza di studenti con background migratorio». Questo aspetto può essere un vantaggio, ma presenta anche dei rischi per gli studenti: soprattutto nei primi gradi e in taluni contesti territoriali, la scuola è «una grande occasione, di mettere insieme nelle stesse classi di bambini che vengono da famiglie di origine profondamente diverse», afferma Argentin.
«È un po’ l’ultima opportunità per molti bambini di frequentare qualcuno di socialmente molto diverso da loro come provenienza, come background». Questo è un elemento «raro», oltre che «uno dei grandi punti di forza» della scuola italiana. «Non penso che la scuola possa colmare tutte le disuguaglianze – precisa il ricercatore – Però dovrebbe essere attivamente attenta a non assecondarle». Per esempio, «non va bene che nella scuola gli insegnanti più precari siano gli ultimi a scegliere la sede presso cui andare, perché dovranno optare per gli istituti che nessun altro ha voluto». Da ciò derivano effetti negativi: «agli studenti più in difficoltà o di contesti scolastici più difficili rischiamo che arrivino gli insegnanti più precari e con meno esperienza, mentre dovremmo fare esattamente l’opposto».
Coinvolgimento e digitale
La scuola italiana, secondo quanto emerso dalla ricerca, potrebbe migliorare anche su altri aspetti. Per esempio, la scuola fatica a «ingaggiare gli studenti» e a «renderli partecipi delle decisioni e protagonisti dei processi di apprendimento – spiega Argentin – Gli studenti non percepiscono la scuola come contesto esperienziale con un forte valore intrinseco». Inoltre, gli insegnanti italiani «sono poco abituati ancora a usare l’evidenza empirica disponibile», come i dati provenienti dalla ricerca, ma anche quelli presenti nelle scuole come quelli del registro elettronico o quelli forniti da agenzie come Invalsi.
«Sono però questi dati fonti di indicazioni statistiche che spesso permettono di capire cosa stimo facendo bene o male e, soprattutto, di individuando alcuni indicatori di rischio. Ad esempio, tenere traccia delle assenze o di alcuni comportamenti degli studenti – dice il professore – può aiutare a prevenire l’abbandono scolastico». Per alcune carenze delle infrastrutture a disposizione, ma anche per una questione culturale, anche la formazione tra gli insegnanti è una pratica che necessiterebbe di maggiore diffusione e di maggiore valutazione di efficacia. Al contempo, gli insegnanti si mostrano professionisti aperti alle innovazioni, come ad esempio all’Intelligenza artificiale. Il 42% del campione della ricerca mostra una certa apertura all’utilizzo di questo strumento in classe, con una propensione naturalmente crescente al crescere del grado scolastico.
Fiducia nella scuola
Alla luce dei risultati della ricerca, e non solo, per il professor Argentin ci sono tutte le ragioni per continuare ad avere fiducia nella scuola e negli insegnanti, così come negli studenti, i cittadini di domani. Afferma Argentin: «Penso che la scuola sia un fondamentale spazio di confronto con la complessità, con chi è altro da sé e con opinioni diverse dalle nostre. Quindi, è proprio nello stare tutti in un’aula e discutere di alcune tematiche, come ad esempio quelle riguardanti l’educazione sessuoaffettiva o le differenze di genere, che si crea uno spazio di crescita per gli studenti e per la convivenza civile».
«Le classi sono proprio spazio in cui le questioni valoriali che interessano la nostra società devono essere affrontate apertamente – aggiunge poi il ricercatore – come tematiche molto spesso dilemmatiche, che ci rendono diversi l’uno dall’altro e che ci costringono, in una società complessa, a trovare punti di mediazione». Infatti la scuola, conclude Argentin, «può e deve fare educazione un’educazione civica alta, proprio lavorando su tali questioni fondative della nostra società, che ci toccano quotidianamente e che riguardano i nostri studenti. Sono loro stessi a chiederci spazi di confronto trasparente».
L’impegno di Bolton for Education Foundation
Bolton for Education Foundation porta avanti iniziative volte a contribuire a garantire un’educazione accessibile, di qualità e orientata al futuro. Nel Sud Italia con il programma Masì (volto ad arricchire l’offerta formativa e contrastare il rischio di fallimento educativo in alcuni Istituti Comprensivi pubblici di Palermo), ed EDUQA (una scuola a vocazione ambientale nei Quartieri Spagnoli di Napoli), fino al Nord con il sostegno a 24 asili nido non profit nella città di Milano e la più recente inaugurazione di iLAB Sostenibilità al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
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