Cyberbullismo, un quarto dei giovani dichiara di aver subito o assistito a violenza online

Bullismo e cyberbullismo: nessuno sembrea esserene al riparo, ma è sempre complicato individuare e descrivere il fenomeno. I numeri a disposizione arrivano infatti per lo più da sondaggi. Secondo l’Osservatorio indifesa, realizzato da Terre des hommes insieme a Scomodo, il 43% degli intervistati – oltre 2.700 ragazzi e ragazze sotto i 26 anni – dichiara di aver vissuto uno o più episodi di bullismo.

Un’indagine realizzata da Moige-Istituto Piepoli su 1546 studenti di età compresa tra 11 e 18 anni di scuole medie e superiori , mostra che quasi un quarto dei giovani è stato coinvolto, direttamente o indirettamente, in episodi di violenza online. Il 7% di ragazzi e ragazze dichiara infatti di essere stato vittima di cyberbullismo, il 16% di aver assistito a episodi come testimone. Solo il 12% interviene a difesa della vittima e il 5% segnala l’accaduto a un adulto, mentre il 7% non fa nulla.  Nell’ultimo studio Cnr-Espad emerge, inoltre, che nell’ultimo anno quasi uno studente su due dice di aver subito (47%) cyberbullismo, circa uno su tre ammette di averlo agito (32%). Poco meno di uno su quattro si ritrova nel doppio ruolo di vittima-autore.

C’è ancora dunque tanto lavoro da fare, soprattutto sul fronte della consapevolezza di chi agisce tali comportamenti e sulle figure che potrebbero (i coetanei) e dovrebbero (gli adulti) intervenire. Come mostra la vicenda di Paolo Mendico, il ragazzo di 14 anni che, il giorno prima di iniziare la seconda liceo, si è tolto la vita in provincia di Latina. O come quella di Andrea Spezzacatena, la cui storia è stata raccontata nel film  “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. 

In questo estratto del libro In TRAPpola la storia di Carolina Picchio, stessa età di Paolo Mendico. Carolina si è tolta la vita la notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, dopo aver lasciato un messaggio potente: “le parole fanno più male delle botte”. Parole che sono diventate prima una missione, la fondazione che porta il nuo nome, poi un centro per la cura del disagio dei giovani, come scrive suo papà, Paolo Picchio, nel libro appena uscito per De Agostini.

La storia di Carolina

Il dramma di Carolina inizia fra l’estate e l’autunno del 2012 dopo la rottura della relazione con un ragazzo, responsabile, secondo gli inquirenti, di aver dato il via alla campagna denigratoria contro la giovane. Carolina però è resiliente e va avanti per la sua strada. Fino a dicembre, quando una sera, a una festa, si ubriaca e perde i sensi. Approfittando del suo stato di semincoscienza, alcuni ragazzi mimano atti sessuali nei suoi confronti. Tutto viene ripreso da un video che inizia a circolare, nelle chat e sui social.

Carolina viene travolta da commenti sessisti e insulti e scopre l’esistenza di quel video a gennaio, al rientro delle vacanze natalizie. Sconvolta per quanto accaduto, decide di mettere fine alla propria vita. «La sera della festa, le persone intorno a Carolina si trovano davanti a tre scelte», spiega Ivano Zoppi, segretario generale di Fondazione Carolina. La prima è: vedo e non intervengo. La seconda: prendo in mano il cellulare e filmo. La terza prendo il filmato e lo condivido. Una mossa, quest’ultima, che è diventata normale, immediata: perché una cosa esiste solo se è online.

Ragazze, ragazzi, adulti si scattano selfie e li postano in rete. Genitori, nonni, zii immortalano figlie, figli e nipoti in ogni momento della loro vita e condividono foto e video in chat. È diventato normale: prendo in mano il cellulare, registro e condivido, in ogni situazione, dall’incidente stradale, alla rissa in strada, al concerto, mentre tre ragazzini si abbracciano travolti dalla corrente di un fiume. Ma ogni comportamento ha delle conseguenze. Il video online di Carolina riceve centinaia di commenti, 2.600 messaggi offensivi, un’onda d’odio che la travolge.

Lei si chiede: perché a me? «Ciao ragazzi, grazie per il vostro bullismo. Il bullismo è tutto qui? Le parole fanno più male delle botte. Io mi chiedo: a voi non fanno male? Siete così insensibili? Spero che adesso siate tutti più sensibili sulle parole». È l’ultimo messaggio di Carolina. Essere più sensibili alle parole. Carolina ha voluto lasciare una testimonianza da tenere ben presente ogni giorno, quando leggiamo le notizie e guardiamo le foto sui social. Quando decidiamo di commentare. Questa è diventata la missione di suo papà, Paolo Picchio, che – come presidente onorario della Fondazione – incontra ragazzi e ragazze per portare la testimonianza di sua figlia, per evitare che ad altri accada la stessa cosa.

***

Questo brano è estratto dal libro “In Trappola.  Giovani, parole e linguaggio. Come liberarsi da stereotipi e modelli sessisti” (ed. Il Sole 24 ore), di Chiara DI Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner, un viaggio che parte dal linguaggio dei ragazzi e delle ragazze e che vuole indagare quanto siano profonde, anche nelle nuove generazioni, le radici della violenza sulle donne. 

***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com