Di padre in figlia: il viaggio di Roberta Fileni alla guida dell’azienda insieme al fratello Massimo

Massimo Fileni e Roberta Fileni, vicepresidenti del gruppo Fileni

È il 1970 quando Roberta Fileni viene al mondo nelle campagne di Cingoli, in provincia di Macerata, da una famiglia «indaffarata» e «maschile». Cresce circondata da tre fratelli e numerosi cugini che le insegnano a fare cross più che a giocare con le bambole. Cinque anni prima della sua nascita, suo padre Giovanni, non volendo fare il mezzadro come suo padre prima di lui, avvia una piccola attività basata sull’allevamento di polli a terra, anziché in batteria. Un contesto con cui Roberta impara a familiarizzare fin da piccolissima, assorbendo termini come “partita”, “margine”, “filiera” che da grande diventeranno il suo pane quotidiane.

A 18 anni, con il diploma di ragioneria in tasca, entra in azienda, anche se per un breve momento sogna il teatro: «Mi sarebbe piaciuto fare l’attrice e una parte di questa passione l’ho virata nel mio lavoro attuale – ammette -: servono molta sicurezza e presenza per guidare un’azienda». Sì perché oggi, Roberta Fileni è vicepresidente del Gruppo Fileni, uno dei principali operatori nel settore avicunicolo nazionale, con un fatturato consolidato pari a 612 milioni di euro (2024), oltre 2.100 dipendenti diretti dislocati in 7 siti produttivi e più di 1.500 risorse nell’indotto. Ruolo che ricopre insieme al fratello Massimo, entrambi sono poi ceo di società che fanno parte del gruppo, in un perfetto bilanciamento di poteri. Roberta Fileni è, inoltre, vicepresidente di Interporto Marche e vicepresidente di Confindustria Ancona con delega alle Imprese familiari e imprenditoria femminile.

Agricoltura e allevamento, non solo uomini

La presenza femminile nel settore agricolo sta crescendo, ma ancora non si può parlare di una parità: le imprese agricole guidate da donne sono il 31,5%, nella zootecnia siamo al 43%, anche se tra il 50% e il 70% di chi si specializza in veterinaria o produzione animale è donna. «C’è ancora bisogno di un profondo lavoro in termini di inclusione e pluralismo. Nella nostra azienda sono presenti oltre 40 nazionalità diverse. Uscire dai luoghi comuni, superare gli stereotipi, è la norma. Io stessa – riconosce – ho provato sulla mia pelle cosa significa essere giudicata per le apparenze: ho iniziato che ero una giovane donna, per di più figlia del “capo”. Quando arrivavo in una stanza, chi era lì aveva già un’idea di me, spesso non corrispondente alla realtà».

«Per questo – riconosce – all’inizio mi sono fatta molto condizionare e ho adottato uno stile di leadership rigido. Pensavo che per essere presa sul serio dovessi mostrarmi dura, inflessibile, quasi assumere tratti maschili. Mi arrabbiavo spesso, convinta che autorevolezza volesse dire severità. Poi ho capito che la vera leadership si costruisce con rispetto, ascolto e autenticità. Così oggi – confida – mi permetto di essere semplicemente me stessa, anche quando ho paura, anche quando sbaglio».

Guidare insieme

Prima di arrivare alla vicepresidenza, che condivide con suo fratello Massimo, a cui spetta la responsabilità della filiera mangimistica, delle operations e della finanza, Roberta ha attraversato tutte le aree dell’azienda: dalla produzione alla vendita. Nel 1995 è diventata direttrice marketing e si è occupata dello sviluppo e del lancio di nuovi prodotti, scommettendo sul biologico quando il bio era ancora una nicchia.

Il passaggio generazionale che ha visto lei e Massimo prendere la guida del gruppo, è stato accompagnato da un momento drammatico per la famiglia: la scomparsa del fratello più piccolo Marco, morto a venticinque anni in un incidente di motocicletta. «In quel momento, ho capito che avrei dovuto fare ancora di più, mi sono messa completamente a servizio dell’azienda e della famiglia» – ricorda.

E così è stato anche per Massimo Fileni. «La perdita di Marco ci ha uniti ancora di più, ci ha fatti sentire davvero vicini e connessi, anche nelle diversità: Massimo, più metodico e preciso, io più estroversa e caciarona. Abbiamo capito che lavorando insieme saremmo stati una squadra, unici ma complementari». Da questa unione è nata anche una Fondazione, costituta nel 2016 e intitolata proprio al fratello Marco, che mette a disposizione borse di studio destinate a ragazzi delle scuole superiori e universitari.

Le competenze, oltre il cv

Parallelamente, anche il capitale umano interno è cambiato, con molte nuove professionalità che hanno fatto il loro ingresso nel gruppo. Una realtà che negli anni ha coltivato un rapporto fortissimo con atenei e luoghi della formazione. Dall’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, di cui Roberta è componente designato dal Comitato dei sostenitori, all’università Politecnica di Ancona, con cui Fileni collabora in particolare per progetti di marketing ed economia.

«Le competenze sono fondamentali, bisogna essere preparati. Ma per scegliere di chi circondarmi, oltre al curriculum, osservo lo sguardo, la passione che la persona mette nel raccontarsi, nel raccogliere le sfide. L’empatia, l’entusiasmo, la postura. Non è facile intercettare e comprendere i cambiamenti nel nostro settore e proporli ai consumatori, ma – conferma – è proprio in questo che possiamo fare la differenza». Sono d’esempio l’adesione ai criteri dell’European chicken commitment con l’obiettivo di elevare gli standard di benessere animale degli allevamenti al coperto, la trasformazione in Società benefit e a seguire in B Corp e il rebranding incentrato sulla difesa di persone, animali e ambiente.

Cambiare, per guardare al futuro

Un’evoluzione che è stata anche organizzativa, con la progressiva managerializzazione dell’azienda e l’inserimento di prime linee esterne. «Con Massimo, stiamo lasciando progressivamente gli incarichi operativi per dedicarci a visione e strategia. Non è facile perché veniamo dalla leadership autoritaria di mio padre, ma con un po’ di allenamento, si può fare. Ed è senza dubbio la dimensione più corretta per il futuro dell’impresa» – chiarisce Roberta.

E aggiunge: «Se potessi tornare indietro, sarei molto più gentile come stessa. Mi direi di avere pazienza, di essere compassionevole. Confido molto nelle nuove generazioni, sono più mature di noi su molti temi e stanno spingendo tanto per il cambiamento, a partire proprio da parità e inclusione».

Non perdere il contatto con le persone e con il territorio è la sua scommessa più ambiziosa. «Mio padre è molto fiero di vedere che l’azienda è diventata una comunità, non più un’impresa costruita attorno a una sola persona. È con questo spirito che guardiamo al futuro: essere sempre proiettati in avanti, non fa invecchiare. E io – confida Roberta – non voglio invecchiare mai».

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