Patrizia Panìco: «Il calcio femminile italiano ha un bacino d’utenza potenziale enorme»

E’ la recordwoman azzurra per presenze e gol in Nazionale (insomma ha fatto meglio di una certa Carolina Morace…) e a contarne scudetti, Coppe Italia e Supercoppe in bacheca si rischia di starci un pomeriggio intero. Ma Patrizia Panìco, superata da poco la boia dei cinquant’anni, non ha certo intenzione di fermarsi a contemplare la (pur tanta) gloria conquistata sui campi di calcio nell’indiscutibile ruolo di bomber.

E allora via con l’avventura in panchina, che nell’ultima stagione la portata a essere campione di Francia e vicecampione d’Europa come vice allenatrice del Lione dopo l’esperienza sulla panchina della Fiorentina e le tante stagioni accumulate con le nazionali giovanili maschili a Coverciano e dintorni. Insomma l’interlocutrice giusta per fare il punto su un movimento che sta consolidando numeri economici e di popolarità, ponendo le basi per un ulteriore salto di qualità che ci permetta di allinearci con i Paesi di riferimento a livello continentale (Spagna, Inghilterra, Francia e Scandinavia in toto).

Basta paragoni

Non a caso Panìco è stata – insieme alla presidente della Divisione Serie A Professionistica Femminile, Federica Cappelletti – tra le protagoniste del recente Sport Business Forum svoltosi tra Belluno e Cortina; proprio per la sua capacità di guardare al movimento nel suo insieme, e da diversi punti di vista.

«La Nazionale e i club stanno facendo un grande lavoro: i dati d’ascolto tv e le migliaia di spettatori sugli spalti ogni volta che siamo riuscite a entrare nei templi del calcio italiano (si veda l’Allianz Stadium di Torino o l’Olimpico a Roma) confermano che se c’è la possibilità, al pubblico piace vedere le donne giocare al calcio – sottolinea convinta – ma quello che non abbiamo ancora superato è il pregiudizio culturale, il continuo confronto col calcio maschile, che è quello che abbiamo tutti negli occhi perché è più visto, commentato, narrato. Il calcio, in realtà, è uno solo, ed ognuno lo gioca con le proprie specificità tecnico-fisiche: partiamo da questo punto, e vedrete che arriveremo tutti un po’ più lontano».

Cammino fatto

«La riforma che ha introdotto il professionismo tra le donne nel luglio 2022 è stato il frutto di un percorso voluto dal compianto presidente Tavecchio e dal suo braccio destro Michele Uva, ed ha rappresentato una svolta decisa rispetto al passato – evidenzia ancora l’ex bomber azzurra – ma è ovvio che ha portato per i club anche a un aumento dei costi, che possono essere però ammortizzati sul medio termine. Il calcio donne ha un bacino d’utenza potenziale enorme, e perciò deve essere accompagnato da iniziative e progetti che lo valorizzino come fenomeno sportivo e sociale al tempo stesso. I Paesi europei a guida del movimento stanno facendo così ed è giusto seguirne l’esempio».

Treno azzurro

E poi ci sono i risultati, che per qualsiasi sport sono sempre il traino più efficace. Dopo i fasti del mondiale francese 2019 e la delusione di quello australiano di quattro anni dopo, l’Italia ora guidata da Soncin, dopo una buona Nations League in cui ha giocato alla pari (e spesso pure meglio) con Svezia e Danimarca e liquidato il Galles, punta dritta gli Europei di luglio, che come già avviene per le altre partite delle azzurre entreranno nelle case italiane attraverso le telecamere della Rai: «Risultati e visibilità sono il mix vincente – sottolinea Patrizia Panìco – per farci conoscere, e anche nel modo giusto, perché le bambine che guardano in tv le azzurre trovano lì modelli da imitare, fonti d’ispirazione, e cominciano a conoscere il gioco e le sue peculiarità. Non sono però d’accordo a introdurre accorgimenti ad hoc per il calcio al femminile, ad esempio palloni o porte di diversa misura: vorrebbe dire cambiare il calcio, crearne un’altra versione; dobbiamo essere noi invece a cambiare punto di vista, a guardare al calcio in modo più largo, onnicomprensivo e totale».

Visto da fuori

Ma appunto, visto dall’estero, il movimento italiano come viene visto? «Dall’estero ci guardano come un calcio donne in crescita, anche attraverso i club, sebbene il campionato di serie A non riesca ancora ad attrarre le stelle del calcio europeo e mondiale – evidenzia Panìco dal suo particolare punto di osservazione ‘transalpino’ – mentre la Nazionale ha consolidato il suo posizionamento».

E a proposito, la prossima stagione la serie A passerà da dieci a dodici squadre e si tornerà al girone unico, dopo gli anni con i playoff scudetto e i playout salvezza (con due mini-gironi per i due diversi obiettivi): «Sono favorevole – sentenzia la vice allenatrice del Lione – perché la formula precedente on ha aumentato né interesse né competitività. E ben venga anche la nuova Coppa Italia, con una formula più vicina a quella maschile, e anche la nuova competizione (una sorta di Coppa di Lega, ndr) perché le ragazze hanno bisogno di più occasioni per giocare».

Il linguaggio del calcio

Formule, idee, progetti. Tutti ovviamente indispensabili. Ma in fondo – e infine – viene spontaneo, alla fine della nostra chiacchierata, fare una domanda magari banale, ma pure invero essenziale, a Patrizia Panìco. Non sarà per caso che il calcio è lo specchio della società in cui si gioca, e quindi in società più aperte, inclusive, in cui sulle differenze si ragiona e si discute senza ideologismi e preconcetti, si riesce a giocare pure un calcio donne più libero, sincero, spontaneo, e infine migliore: «Difficile dirlo – conclude l’ex stella di Lazio, Verona e Torres (tra le maglie che ha vestito) -: quel che è certo è che il calcio è un linguaggio, è il modo in cui tante di noi, ognuna di noi, ognuno di noi, riesce a esprimere se stesso, a dirlo e a farlo ascoltare e vedere. Un racconto sorprendente e meraviglioso, cui dobbiamo continuare ad aggiungere immagini e parole».

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L’intervista a Patrizia Panico nella puntata di Olympia a questo link.

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