“Basta lavorare così”: felicità, identità e confini nel mondo del lavoro che cambia

La GenZ non ha più voglia di lavorare? È normale star male per il lavoro? La rivoluzione dello smart working è irreversibile o no? E come questo cambiamento sta ridefinendo non solo la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa ma anche i desideri dei lavoratori e delle lavoratrici? Il ruolo dei manager è adeguato al cambiamento in atto? E, in questa complessità, io cosa voglio? Cosa va davvero bene per me?

Una fase di cambiamento tutta da gestire

Tra tutte queste domande – e molte altre – si muove “Basta lavorare così. Come trovare un equilibrio felice tra vita e lavoro”, il nuovo libro di Silvia Zanella, una delle voci più autorevoli sul mondo del lavoro e sul suo futuro, con un’esperienza ventennale in Italia e all’estero per le più grandi aziende di HR e di consulenza (tra i suoi libri anche “Il futuro del lavoro è femmina”, edito nel 2020 da Bompiani). In questo nuovo saggio, Zanella riprende il filo delle sue riflessioni su che lavoro sarà: siamo in un periodo che chiamare fluido è poco, un periodo “gassoso”, in cui i punti di riferimento stanno cambiando, le priorità individuali e delle organizzazioni (complici la pandemia da un lato e i mutamenti tecnologici e socio-politici dall’altro) si stanno rivoluzionando e non possiamo più dare per scontato ciò che lo era fino a qualche anno fa. Profonda conoscitrice delle dinamiche aziendali, l’autrice mette così in discussione tutte le pseudo-certezze del post Covid e rimette sul tavolo le questioni aperte, chiarendo che questa fase di passaggio e di profondo cambiamento è decisiva.

E se il problema non fosse la voglia ma il modo di lavorare?

A dimostrazione di quanto i mutamenti in atto siano profondi non ci sono solo fenomeni molto commentati (e a volte sovrastimati neu numeri) come le grandi dimissioni o il quiet quitting,  ma ricerche, pubblicazioni e sondaggi che ci portano a chiederci da dove derivi questa disaffezione così diffusa nei confronti del lavoro. Non abbiamo davvero più voglia di lavorare? O c’è altro? Supportata da una solida e corposa bibliografia (che vale la pena consultare per spunti e approfondimenti), insieme a considerazioni, ragionamenti, osservazioni e riflessioni, l’autrice prende spunto da frasi associate a comportamenti ad alto contenuto potenzialmente tossico, per analizzare e dare ampio spazio al significato identitario del lavoro, alla questione dei valori, a quella dello spazio e del tempo e a quella della felicità, con un filo rosso che è anche una domanda: qual è il significato che diamo al lavoro? Una domanda da porci come società certo, ma anche – e soprattutto – come individui.

La consapevolezza che serve

Tra i punti di forza di questo libro, c’è proprio la capacità di collegare costantemente il personale con il collettivo, l’individuale con il sociale, grazie anche a una serie di domande in prima persona, alla fine di ogni capitolo, che stimolano riflessioni e ricerca di consapevolezze. Perché se l’autrice da un lato smonta senza mezzi termini le facili etichette e le frasi fatte (o tossiche, appunto) che possono risultare prive di significato se non corrispondenti ad azioni concrete (come per esempio l’azienda che dice solo a parole di voler “mettere le persone al centro”), dall’altro spiega con pragmatismo e precisione come quelli che suonano troppo spesso come slogan vuoti di significato possano invece essere concretamente realizzati e messi in atto. Proprio “mettere la persona al centro”, per esempio, può diventare la chiave per l’azienda ma anche per il lavoratore, al quale viene restituito un ruolo adulto e consapevole, in una personalizzazione della relazione col lavoro indispensabile in questo momento così complesso. Partire da sé, quindi, dai propri desideri e dalle proprie aspirazioni, da ciò che è meglio per ognuno (che non è il meglio per tutti) per costruire un lavoro sempre più a propria misura, per disegnare i propri confini (altro concetto chiave del libro) in un contesto aziendale che sappia cogliere queste singolarità includendole in un progetto complessivo e finalizzato, con obiettivi chiari, definiti e condivisi.

La chiave del tempo e quella dello spazio

Tra le dimensioni chiave in questa riflessione necessaria sul lavoro ci sono quelle del tempo (come sempre è stato per il lavoro) e dello spazio (acquisizione nuova e recente, quella di poterlo mettere in discussione). Anche il tempo del lavoro, come lo spazio, si fanno dunque più fluidi e come tutte le cose più fluide vanno ripensati, rivisti, chiedono paradossalmente una maggiore organizzazione per funzionare al meglio. Riflettere su cosa significa per ognuno di noi avere del tempo libero e come lo definiamo, senza che questa possa essere una riflessione universale, diiventa centrale, così come essere consapevoli dei nuovi spazi di sovrapposizione o intersezione di tempo privato e tempo lavorativo diviene uno snodo cruciale per una efficace conciliazione famiglia-lavoro. Dice Zanella:

«Perchè la gestione del tempo del lavoro diventi un fattore di felicità dobbiamo saper danzare su unaltro confine, quello – molto mobile – tra programmazione e flessibilità, tra preparazione e improvvisazione,  tra coordinamento e autonomia. Liberarsi dalla rigidità de tempi del lavoro è compito dei capi e degli imprenditori, ma non dimentichiamoci che anche anche noi abbiamo un ruolo da prenderci, più imprenditivo, più responsabile, più organizzato. La domanda è quanto voglio tenere separati il tempo del lavoro da quello privato?».

L’altra dimensione è quella dello spazio, che così tanto ha caratterizzato il lavoro dei secoli passati e così tanto ha a che fare con la rivuoluzione del “lavoro agile”, che ha registrato l’accelerazione (forzata) data dalla pandemia. Spazio personale e spazio professionale, intesi come luoghi – e anche qui l’autrice stimola alla riflessione su ciò che essi rappresentano o non rappresentano per gli individui e per le aziende – e spazi che simboleggiano identità. Uno spazio, dice Zanella, «che va riempito di senso».

Parlando di lavoro, dunque, si parla di felicità, di obiettivi, di consapevolezza, di organizzazioni e di individui. Con un uso attento e ponderato delle parole, l’autrice non arretra davanti alla complessità e anzi scava e va a fondo, proponendo non certo soluzioni, ma domande e spunti che aiutino aziende e lavoratrici e lavoratori a trovare una propria strada, che permetta – in questo momento – di stare nel cambiamento e nella fluidità.

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Titolo: “Basta lavorare così”
Autrice: Silvia Zanella
Editore: Bompiani, 2025
Prezzo: 18 euro

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