Solo un lavoratore su 5 si sente coinvolto nel proprio lavoro

Nel 2024, appena il 21% (poco più di 1 su 5) dei lavoratori a livello globale si è detto coinvolto nel proprio lavoro. Il 62% si è definito “non coinvolto”, ovvero presente ma disinteressato, e un preoccupante 17% ha dichiarato di essere “attivamente disimpegnato”: lavora cioè contro gli obiettivi della propria organizzazione.

Il dato del 21% rappresenta il livello più basso dal 2021 ed è solo la seconda flessione registrata dal 2009. È un quadro allarmante quello delineato dal nuovo report “State of the Global Workplace 2025” di Gallup, che stima una perdita complessiva di 438 miliardi di dollari in produttività a livello globale. Ma dietro il dato economico si cela un fenomeno più profondo: la progressiva disconnessione emotiva tra persone e lavoro. Un distacco che attraversa continenti, settori e generazioni, e che mette in crisi non solo l’efficienza delle imprese, ma anche la coesione sociale. Ed è proprio nei manager, secondo Gallup, che questa crisi si fa più visibile e sistemica.

Manager in difficoltà: il cuore del problema

Il crollo del coinvolgimento globale è infatti trainato dal malessere della leadership intermedia. Nel 2024, solo il 27% dei manager si è dichiarato “ingaggiato”, in calo di 3 punti rispetto all’anno precedente. Tra i giovani sotto i 35 anni e tra le donne, il calo è ancora più marcato.

Questo segmento cruciale della forza lavoro, chiamato a guidare la transizione verso modelli più agili e tecnologici, appare oggi fragile e sottoposto a una pressione crescente. Gallup segnala che solo il 44% dei manager ha ricevuto una formazione specifica per il proprio ruolo. Eppure, è proprio questa figura a determinare fino al 70% del coinvolgimento del team. Quando il manager è demotivato, anche la squadra si spegne. È su di loro che pesa il nodo centrale della trasformazione culturale delle aziende, troppo spesso ancora affidata al caso o alla buona volontà.

L’intelligenza artificiale come spartiacque

A tutto questo si aggiunge una trasformazione profonda e ancora poco governata: quella dell’intelligenza artificiale. Gallup descrive l’AI come una forza ambivalente: può liberare energie e competenze, ma anche alimentare disconnessione e ansia. Se utilizzata senza attenzione alla dimensione umana, rischia di accentuare l’isolamento, ridurre l’autonomia e frammentare ulteriormente le relazioni lavorative. Ma se integrata da una leadership consapevole e relazionale, può diventare una leva straordinaria per la personalizzazione, la formazione e la collaborazione. Il punto, dunque, non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui viene adottata. Le aziende che riescono a combinare innovazione digitale e cura delle persone saranno le uniche a trasformare la disruption in vantaggio competitivo.

Più stress, meno fiducia: il benessere arretra

Le emozioni negative stanno diventando parte ordinaria della vita lavorativa. Solo il 33% dei dipendenti globali si considera “in prosperità” (thriving), mentre il 56% si sente in lotta e l’11% in sofferenza. Lo stress colpisce il 40% dei lavoratori, con punte drammatiche in Stati Uniti e Canada (50%) e in Est Asia (48%).

In Europa, dove lo stress si ferma al 38%, il problema è diverso ma non meno grave: il coinvolgimento è il più basso del mondo (13%), e la regione è l’unica a non aver registrato miglioramenti nell’ultimo decennio. La combinazione tra benessere stagnante e motivazione minima rappresenta un rischio strategico, soprattutto per economie avanzate che faticano a trattenere i talenti.

A peggiorare il quadro contribuisce anche il modo in cui si lavora. Secondo Gallup, i lavoratori completamente da remoto sperimentano con maggiore frequenza stress (45%), tristezza (30%), rabbia (25%) e solitudine (27%) rispetto ai colleghi in presenza o ibridi. Questi ultimi, pur mantenendo livelli elevati di stress (46%), mostrano reazioni emotive più contenute, in particolare su rabbia e tristezza. Il luogo e le modalità di lavoro incidono profondamente sul benessere quotidiano. E per Gallup, non basta offrire benefit o flessibilità: servono contesti organizzativi che riducano lo stress strutturale, valorizzino l’autonomia e ricostruiscano fiducia.

Quando il lavoro peggiora la vita

Il legame tra lavoro e qualità della vita non è mai stato così evidente. I dati Gallup mostrano che i lavoratori ingaggiati hanno il doppio delle probabilità di definirsi “in prosperità” rispetto ai non coinvolti. Eppure, questo legame è spesso trascurato nelle strategie aziendali.

In Europa, ad esempio, il 47% dei lavoratori si considera in prosperità, ma solo il 13% è coinvolto: un paradosso che rivela una cultura del lavoro incapace di attivare, valorizzare e trattenere le energie delle persone, dove la soddisfazione personale non si traduce in motivazione professionale.

Al contrario, in America Latina dove l’engagement ha raggiunto il 31%, – eguagliando Stati Uniti e Canada – i lavoratori sembrano trovare nel lavoro una fonte di energia e connessione. Costa Rica, Panama ed El Salvador toccano il 36% di coinvolgimento: qui, più che altrove, il lavoro è vissuto come spazio relazionale, non solo esecutivo.

Un mondo a velocità diverse: chi sale, chi arretra

Ma come si distribuisce il coinvolgimento nel mondo? Il report Gallup 2025 evidenzia differenze profonde tra aree geografiche. A livello di coinvolgimento, America Latina e Caraibi raggiungono il podio globale con un tasso del 31%, eguagliando Stati Uniti e Canada. In questi due blocchi, la motivazione lavorativa è alimentata da una cultura più partecipativa e da leadership più vicine ai team.

L’Europa, invece, si conferma fanalino di coda con appena il 13% di engagement, e rappresenta l’unica macro-regione che non ha registrato progressi negli ultimi dieci anni. Anche il Medio Oriente e Nord Africa si colloca in basso, con un tasso del 14%. A metà classifica troviamo l’Asia orientale (18%) e l’Africa subsahariana (19%), mentre il Sud Asia si distingue per un tasso relativamente alto di coinvolgimento (26%) ma anche per il 20% di disimpegno attivo, tra i più alti al mondo.

Quanto al benessere percepito, la Latinoamerica si conferma in testa anche sul piano della soddisfazione complessiva (54% di “thriving”), seguita da USA/Canada (52%) ed Europa (47%). In coda, Sud Asia (15%) e Africa subsahariana (18%). Il report suggerisce che non è solo la ricchezza economica a determinare l’engagement, ma la qualità delle relazioni, delle aspettative e delle leadership.

Focus Italia: la disconnessione è sistemica

In Italia, il quadro è tra i più critici. Solo il 10% dei lavoratori si sente coinvolto – un dato tra i più bassi d’Europa. Il 47% si considera in prosperità, ma il 49% ha vissuto una giornata precedente dominata dallo stress. Il 21% ha provato tristezza e il 13% solitudine. Inoltre, il 37% dei dipendenti sta attivamente cercando un nuovo impiego, anche se quasi la metà ritiene il momento favorevole per cambiare. Il segnale è chiaro: la qualità delle relazioni professionali è debole, e i percorsi di sviluppo sono spesso assenti o opachi. In un contesto demografico complesso e con una produttività stagnante, le imprese italiane devono ripensare profondamente il modo in cui attraggono, motivano e trattengono le persone.

Tre soluzioni concrete per invertire la rotta

Gallup indica tre direttrici d’intervento, tutte incentrate sulla leadership: formare i manager a comprendere e gestire il loro ruolo; dotarli di strumenti di coaching; sostenere il loro benessere con programmi continuativi. I numeri parlano chiaro: i manager formati registrano +22% di engagement personale, e i loro team +18%. Dove il clima aziendale favorisce sviluppo continuo, la probabilità di sentirsi in prosperità sale fino al 50%.

Non si tratta di “soft skills”, ma di fattori strategici. In un mondo dove le competenze tecniche si deprezzano rapidamente, la capacità di guidare le persone diventa l’unico vero vantaggio competitivo.

L’occasione mancata: 9.600 miliardi di dollari

Il dato che chiude il report è tanto impressionante quanto provocatorio: se tutte le organizzazioni del mondo raggiungessero i livelli di engagement delle aziende vincitrici del Gallup Exceptional Workplace Award, il mondo guadagnerebbe 9.600 miliardi di dollari in produttività: l’equivalente del 9% del Pil globale. Non è un’utopia.

È ciò che accade già in imprese attive in settori molto diversi – dalla manifattura europea all’hotellerie asiatica – ma accomunate da una cultura fondata su ascolto, responsabilizzazione e fiducia. Queste aziende non lavorano di più: lavorano meglio. E dimostrano che il coinvolgimento non è una questione di benefit, ma di visione. Una visione che oggi può fare la differenza tra sopravvivere e prosperare.

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