Giovani oggi meno felici rispetto alle generazioni precedenti. Ecco perché

L’adolescenza e la prima età adulta sono considerati per antonomasia anni felici, “senza pensieri”, in cui “tutto è possibile”. Ma davvero è ancora così?

Un’indagine commissionata dalle Nazioni Unite in sei paesi di lingua inglese, rivela che i giovani sono oggi meno felici rispetto alle generazioni precedenti, mettendo in crisi questa concezione. La soddisfazione di vita sembra infatti essere calata tra le persone di età compresa tra i 12 e i 25 anni, specialmente se donne. A sorprendere, il fatto che tale deflessione non sembra essere riconducibile – almeno in toto – al Covid. 

Il malessere dei giovani

Secondo lo studio citato, il calo nel grado di felicità percepita è cominciato prima della Pandemia, confermando altre evidenze recenti. In particolare, uno studio  ha messo a confronto i disturbi mentali dei primi dieci anni 2000 con quelli attuali. La ricerca ha rivelato un aumento costante della sofferenza mentale negli ultimi 15 anni, soprattutto nella fascia 18/34 anni, confermando un trend precedente al Covid, che, al più, ne è stato acceleratore. 

Le ragioni di questo fenomeno sono senz’altro molteplici. Come scriveva Bertrand Russell in tempi non sospetti: “Vi era anticamente una capacità di spensieratezza e di giocosità che è stata in buona misura soffocata dal culto dell’efficienza”. Eppure, non è solamente questo aspetto a giocare un ruolo. Le possibili cause del calo di felicità, benessere e soddisfazione tra i più giovani sono infatti riconducibili a elementi come: individualismo e competizione sempre più spinti, aumento dell’uso dei social media, senso di solitudine, crisi climatica, instabilità socio-politica, incertezza diffusa, difficoltà economiche.

Quest’ultime, in particolare, sono tra le ragioni che primariamente determinano l’infelicità tra i giovani in Italia. A rivelarlo, un’indagine realizzata nel febbraio 2025 dall’Istituto Piepoli per Udicon (Unione per la Difesa dei Consumatori) su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 anni in su. 

Lo stato di felicità in Italia

In base ai dati raccolti nel nostro Paese, tra i fattori che maggiormente concorrono all’infelicità – oltre alle questioni finanziarie – vi sono: problemi di salute, propri o relativi a un familiare (36%), eventi negativi in famiglia (22%) e criticità nella propria vita affettiva (14%).

Nonostante ciò, il 74% delle persone nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni si definisce tra “abbastanza” (38%) e “molto felice” (38%). Sorprende, che questa fascia di popolazione comprenda la quota più alta di persone che si definiscono “molto felici”. Sembrerebbe una controtendenza rispetto ai dati raccolti nei paesi anglofoni, tuttavia lo è solo parzialmente. Nel complesso, infatti, sono le persone over 54 a risultare stabilmente più soddisfatte. L’80% di queste ultime si definisce tra “abbastanza” (32%) e “molto felice” (48%), contro il 74% – precedentemente citato – relativo agli under 34.

Sebbene in maniera più parziale, questo andamento riflette dunque la conclusione a cui è giunta l’indagine commissionata dalle Nazioni Unite, ossia che la giovinezza non sembra più essere l’età della spensieratezza.  

Non solo diritto alla spensieratezza

La spensieratezza dovrebbe essere un diritto. Ogni giovane dovrebbe infatti poter accedere a condizioni che permettano momenti di leggerezza, serenità e libertà dalle preoccupazioni eccessive. Parallelamente, è necessario garantire i giusti strumenti per leggere la realtà.
In uno scenario incerto e complesso come quello attuale, la felicità è spesso messa a dura prova da ciò che succede intorno a sé e, specialmente, da come gli avvenimenti vengono decodificati. Spesso, infatti, non sono gli eventi in sé a generare gli stati emotivi, ma il modo in cui vengono interpretati. Ecco, dunque, che, prima a scuola e poi in azienda, è necessario non solo offrire spazi di decompressione per far sfiatare la mente e ritrovare un po’ di spensieratezza, ma anche offrire accesso a strumenti che permettano alle persone di comprendere la complessità e gestire il carico emotivo che da essa deriva. 

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