La gerarchia dell’amore: perché la coppia viene prima di tutto

«Quand’è che ti sistemi?» e «vedrai che troverai la persona giusta per te» sono commenti benevoli che raccontano di una tendenza culturale radicata: l’ossessione sociale per l’amore romantico e le relazioni di coppia. La narrazione dell’amore, ormai da molti secoli, ruota attorno ad alcune certezze: la relazione di coppia è il punto di arrivo e lo status di single è una fase transitoria; l’amore romantico è più importante di altre forme di amore; senza amore romantico siamo incompleti, ci manca una metà.

L’amore romantico, così, è diventato l’unico destino che conta e merita dignità: non è solo un modello relazionale, ma una gerarchia affettiva che pone la coppia sopra ogni altro legame.

«L’amore non è neutro: è segnato dai rapporti di potere, da norme sociali e politiche che determinano chi può amare come e chi ha diritto al riconoscimento. L’intimità non sfugge alle dinamiche di controllo della società: amare è anche un atto politico» dice Victoire Tuaillon, creatrice e narratrice di Le Cœur sur la table, un podcast che esplora il modo in cui l’amore romantico è costruito culturalmente e influenzato dalle strutture di potere, offrendo una riflessione critica sulle relazioni, il patriarcato e la necessità di immaginare nuovi modi di amare.

Quello dell’amore è un tema che risuona leggero, frivolo, banale. Ma, a osservarlo con coraggio, è un tema molto serio, politico e culturale. E se molto di ciò che sappiamo sull’amore fosse, in realtà, una costruzione sociale? Chi lo ha deciso che l’amore romantico e la vita di coppia sono il punto di arrivo, e che invece il resto sia solo un triste transitorio?

L’amore che ci hanno insegnato

L’amore romantico è spesso legato a caratteristiche che hanno a che fare con la riproduzione e la stabilità della coppia. Secondo uno studio dell’Università di Canterbury (2015), l’amore è il dispositivo di impegno evolutivo che ha favorito il legame tra i partner per migliorare la sopravvivenza e la cura della prole. Una ricerca dell’Australian National University del 2021 descrive l’amore come uno stato motivazionale associato al desiderio di una relazione a lungo termine con un individuo specifico. In altre parole: molte delle definizioni scientifiche sull’amore si concentrano sul suo ruolo biologico e sociale, rafforzando l’idea per cui il modello di coppia romantica sia non solo il più desiderabile, ma anche il più funzionale alla società.

E infatti sin dall’infanzia impariamo che l’amore romantico è il centro della vita. Ci viene insegnato che il vero amore accade e non si sceglie: è magia, fatalità, destino. È il sogno della Disney e dei classici romantici: c’è qualcuno là fuori fatto apposta per noi e la nostra missione è non farci sfuggire l’anima gemella.

«Quando viviamo le nostre prime storie d’amore, abbiamo già trascorso almeno dieci, quindici anni immersi in una cultura binaria», racconta Victoire Tuaillon in Le Cœur sur la table. E lo schema che ci avvicina al primo amore alimenta un’aspettativa precisa: l’amore deve essere travolgente, unico, assoluto. E se ci viene insegnato che l’amore è lotta, ci sembrerà naturale accettare relazioni disfunzionali, giustificare dinamiche tossiche e sacrificare il nostro benessere in nome di un’idea romantica.

La gerarchia dell’amore

Fin dall’infanzia impariamo che esiste una scala di valore nelle relazioni. L’amore romantico è in cima, l’amicizia è solo amicizia, i legami affettivi fuori dalla coppia sono secondari. Se non si ha una relazione, la percezione sociale è quella di essere in una fase di triste solitudine. E alla fine, sole e soli ci si sente davvero. Non serve a niente avere tanti amici e una rete affettiva ampia se non abbiamo trovato la nostra metà.

E quando abbiamo trovata la nostra metà, definiamo finalmente la nostra priorità. La coppia prima di tutto, ci raccontiamo per giustificare il modo con cui distribuiamo il nostro tempo. È la persona che amiamo (come se non amassimo anche i nostri amici), quella con cui conviviamo e a cui riserviamo la maggior parte del nostro tempo. È quella con cui facciamo progetti a lungo termine, con cui viaggiamo, a cui rispondiamo al telefono anche se siamo a pranzo con un amico.

L’altra metà della mela diventa, senza condizione, il nostro numero uno. E tutto il resto molto indietro, in un vuoto costruito dal sistema. Gli affitti, le assicurazioni, i benefit aziendali: tutto è progettato per due. Le politiche familiari incentivano il matrimonio e la convivenza, perché avere un partner stabile viene considerato un segno di equilibrio e affidabilità. Se non dividi l’affitto con qualcuno, paghi di più. Se costruisci la tua vita su reti di affetti diverse da quelle tradizionali, per il sistema esisti a metà.

Chi non è in coppia si scontra con un numero infinito di ostacoli: dagli affitti riservati solo a coppie referenziate fino alla difficoltà di ottenere congedi lavorativi per assistere una persona cara che non sia un partner. E quindi essere single viene considerata socialmente una condizione temporanea. Un transitorio spiacevole da cui uscire il prima possibile.

Amare oltre un copione

«Ci servono storie che ci aiutino a immaginare l’amore in modo diverso, che ci permettano di costruire relazioni più libere, senza vincoli imposti dall’esterno» dice Victoire Tuaillon in Le Cœur sur la table. Peccato che le storie che forgiano le nostre aspettative sull’amore e sulle relazioni sono più o meno tutte uguali: gerarchiche, binarie, etero-centrate. Molto spesso maschiliste e violente.

Amare in modo libero, invece, significa rifiutare questa visione e riconoscere che la qualità di un legame non dipende dal tipo di relazione in cui si inserisce, ma dalla profondità e dalla cura che lo attraversano. Amare con ordine emotivo ma senza un ordine sociale, con passione ma senza tossicità, con cura ma senza gerarchia.

Significa scontrarsi con un sistema che continua a dirci che certi legami valgono più di altri, decostruire i sogni dei cartoni animati e dell’infanzia, accettare che l’amore romantico è anche una costruzione sociale e una rappresentazione tossica dei legami e delle relazioni. E a questo punto, essere liberi e libere di amare davvero.

È l’orizzonte per osservare l’amore come un atto quotidiano di cura e presenza e non come un destino romantico già scritto: molto oltre la forma della relazione, fino all’impegno e alla volontà che lo sostengono.

L’amore come atto politico

Ci diciamo «tra moglie e marito non mettere il dito». O che l’amore è un argomento frivolo. Ma amare è un atto politico. Decidere chi può amare chi è sempre stato un atto di potere. Per secoli lo Stato, la chiesa e le istituzioni hanno stabilito regole precise: matrimoni interraziali vietati, l’omosessualità criminalizzata, il matrimonio imposto come unica via di stabilità economica e sociale. Ancora oggi la definizione dominante di amore continua a determinare leggi, diritti, privilegi.

«L’amore non è solo un sentimento, ma un atto di volontà», scrive bell hooks. Ma se l’unica forma di amore riconosciuta è quella romantica allora non stiamo scegliendo davvero. Ci muoviamo in un percorso obbligato verso la conformità di un modello che ci dice chi dobbiamo amare, come, in che ordine e con che regole.

Amare è un atto politico perchè ci consente di scegliere e di liberarci. Ma anche perchè ci obbliga a decostruirci. E la decostruzione, lo sappiamo, genera resistenza. Significa discutere quello che non abbiamo mai discusso. Significa chiedersi: se la relazione di coppia non fosse l’unico punto di arrivo? Se essere single fosse un punto di arrivo? Se sapessi amare diversamente da così, cosa scoprirei di nuovo di me? Se i miei amici fossero prioritari quanto il mio partner? Ma anche: se l’ideale di amore che ho costruito non è l’unico possibile, cosa devo lasciare andare delle mie abitudini per abbracciarlo? Cosa mi spaventa, nel confrontarmi con diversi modi di amare?

Come per ogni riflessione sui cambiamenti, c’è chi accusa le nuove generazioni di aver perso il senso dell’amore. È l’argomentazione che si ripete ogni volta in cui il privilegio incontra un’oppressione che avanza con coraggio più libera di ieri. Eppure il report State of the Art of Relationships di Feeld racconta come il desiderio di relazioni più flessibili non sia un rifiuto dell’impegno, ma una ricerca di connessioni autentiche costruite su negoziazione e consenso reciproco.

Forse è un cambiamento che sa di minaccia. Forse, invece, è l’opportunità di comprendere che la pluralità dei legami non svaluta l’amore, ma lo esplande.

Amare, dice hooks, è «la volontà di estendere il proprio sé al fine di favorire la crescita spirituale propria o di un’altra persona». Oltre la coppia, le strutture, le gerarchie e le resistenze. Per avanzare in modo libero, coraggioso e consapevole verso un amore che ci permetta di sentirci interi anche senza essere la metà di nessuno.

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