Turismo, un’opportunità per le donne di lavorare nella cultura

È uno dei settori di punta del nostro Paese tanto da valere – se si considerano anche tutte le attività economiche ad esso legate – ben il 13% del Pil. È al turismo che si devono infatti, secondo l’Istat, ben 220 miliardi di euro di valore aggiunto, oltreché la capacità di dare occupazione quasi al 14% della forza lavoro totale.

Va da sé quindi che le policy e le scelte in tema di equità e di diritti fatte dalle imprese di un settore così importante rappresentino dà un lato un esempio e dall’altro un importante biglietto da visita del nostro Paese.

Il caso Coop Culture

Creare valore con un occhio rivolto al benessere e ai diritti delle persone è la missione che si è data Coop Culture: una delle più grandi cooperative italiane operanti nei servizi per i beni culturali. Con oltre 2mila lavoratori impiegati, Coop Culture ha registrato nel 2023 il fatturato record di 92 milioni di euro.

Un traguardo raggiunto attraverso i servizi per prestigiosi beni culturali – come i Musei civici di Venezia, Castel Sant’Angelo o il Parco archeologico di Ercolano – ma anche puntando sui territori. Una scelta in cui crede molto Letizia Casuccio, fondatrice e direttrice generale di Coop Culture, specializzata nella gestione di beni culturali e organizzazione mostre.

«Vogliamo investire nella cultura come leva di rigenerazione economica e sociale dei territori, in particolare dei centri medio-piccoli. In Italia ci sono ancora molte opportunità da esplorare come nuove mete nelle regioni meridionali, piccoli borghi e altre realtà minori solo di nome perché si tratta sempre di territori di grande pregio».

Una risposta all’overturism

Una direzione che la cooperativa guidata da Casuccio ha preso un po’ come reazione alla pandemia e un po’ per dare una risposta al problema dell’overtourism. «Si tratta di un problema – precisa – che va affrontato su due fronti. Da un lato le grandi mete turistiche devono fare investimenti in infrastrutture che consentano di non far collassare le città sotto il peso dei turisti. Dall’altro bisogna valorizzare i circuiti turistici alternativi cercando di fare una cosa non facile: lavorare di concerto con tutti gli enti che si occupano di turismo».

Un obiettivo diventato più difficile dopo la riforma del titolo V della Costituzione che ha concesso alle regioni autonomia rispetto alla progettazione turistica. «L’obiettivo – chiarisce Casuccio – era facilitare la valorizzazione delle peculiarità di ogni territorio ma nel concreto ha portato a una mancanza di coordinazione che pesa sul settore turistico».

Il ruolo delle donne

Cambiare le cose, trovare soluzioni nuove a problemi complessi come quelli che riguardano il settore turistico è secondo la manager un’abilità in cui le donne eccellono. «Sono fermamente convinta – dichiara Casuccio – che nel fare impresa le donne facciano la differenza. Sono pratiche, pragmatiche e hanno una grande capacità decisionale. Dove ci sono donne c’è più attenzione all’etica e un clima più inclusivo e collaborativo perché sono più orientate al team. Anche quando si trovano in posizioni di leadership mettono in campo uno stile meno gerarchico e più partecipativo».

Per questa ragione il gruppo dirigente di Coop Culture è composto per oltre il 70% da donne. Una situazione che oggi può apparire (quasi) normale ma che negli anni Novanta rappresentava un unicum. «All’epoca come giovani donne – ricorda Casuccio – non venivamo minimamente considerate interlocutori credibili né dai clienti né dalle istituzioni. Eppure avevamo già ottenuto commesse importanti. Così per essere considerate finivamo per invecchiarci, come se sembrare più mature ci desse quella credibilità che nessuno ci riconosceva».

Se infatti nel settore culturale le donne sono sempre state la maggioranza – anche a causa del fatto che continuano a prediligere i percorsi universitari umanistici – le cose cambiavano (e cambiano) quando si arriva ai livelli di vertice. «Nelle associazioni di rappresentanza – rivela – per anni le donne sono state non più del 10%. Oggi la situazione è migliorata ma ritengo che per misurare il livello di discriminazione sia necessario contare non quante donne lavorano ma quante siedono nei cda».

Il ruolo dell’esempio

È, infatti, dal vertice che, secondo Casuccio, si deve partire per cambiare le cose: impostando una cultura del lavoro diversa e soprattutto attraverso l’esempio. Per questa ragione la direttrice generale di Coop Culture è impegnata, ormai da quattro anni, nel progetto ‘Women on board’ di Unicredit: «Faccio parte dell’advisory board di Unicredit region centro e assieme ad altre 20 imprenditrici faccio lezioni di mentoring a giovani donne che stanno iniziando a fare impresa».

Un’azione di mentoring che nella maggior parte dei casi non si concentra tanto su questioni tecniche, quanto più su aspetti come l’insicurezza e la necessità di conferme. «Veniamo tutte – racconta la manager – da un retaggio patriarcale che ci rende insicure e ci rallenta rispetto alle intuizioni felici che invece abbiamo. Per questo vedere una donna che ce l’ha fatta dà molto coraggio».

Parità e diritti, un impegno non negoziabile

L’impegno di Coop Culture sul fronte dei diritti si è concretizzato nel 2023 con l’ottenimento della certificazione UNI/PdR 125:2022 sulla parità di genere, dimostrando un impegno concreto per l’inclusività e le pari opportunità. La cooperativa ha messo in campo azioni per garantire l’equità e la parità di genere a tutti i livelli e in tutte le fasi: dai processi di selezione, agli avanzamenti di carriera attraverso un Piano Strategico per la parità di genere, contenente gli obiettivi perseguiti dall’organizzazione e la redazione di linee guida per l’uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere nella comunicazione.

«Nella fase di selezione – precisa Casuccio – garantiamo l’equità rimuovendo qualsiasi informazione che possa rivelare il genere del candidato e ci affidiamo a criteri di valutazione basati su competenze che devono essere misurabili. Abbiamo inoltre cura che nelle selezioni massive le commissioni giudicanti siano composte equamente».

Un altro tema caro a Casuccio è quello della conciliazione: «per i ruoli che lo consentono abbiamo previsto 2 giorni di smart working a settimana. In generale credo però che il più grande aiuto che possiamo dare in termini di welfare sia costruire turni di lavoro intorno alle esigenze familiari così da consentire ai nostri soci di tenere insieme tutto e non dover scegliere tra vita privata e lavoro».

Il problema delle gare a ribasso

A pesare sul settore turistico e sulla possibilità di garantire a chi vi opera condizioni di lavoro giuste ed eque è anche il problema del massimo ribasso. Nel settore turistico, infatti, la maggior parte del lavoro è legata a gare indette dalla Pubblica amministrazione che esternalizza in parte o completamente la gestione dei beni culturali.

«In teoria – spiega Casuccio – le gare dovrebbero prestare attenzione al fatto che il costo del lavoro sia congruo e che i contratti applicati siano giusti ed equi. In realtà si sceglie spesso chi fa il massimo ribasso e ciò significa quasi sempre un costo del lavoro sotto il salario minimo».

Per questa ragione Coop Culture ha deciso di non partecipare alle gare i cui criteri non consentono di garantire a chi lavora un salario congruo. «Servono norme che impediscano di ribassare il costo del lavoro. È giusto che la Pa punti a ottimizzare i costi ma – conclude la manager – bisogna risparmiare su altro, non sulla dignità delle persone».

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