Molti i temi sociali affrontati dalla prima presidente della Cassazione, Margherita Cassano nella sua relazione per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario nell’Aula magna della Corte di Cassazione, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Violenza contro le donne, suidici nelle carceri, morti sul lavoro. Non solo il riconoscimento del lavoro della magistratura, la necessità di un patto fra le istituzioni e l’amministrazione della giustizia. I segnali dati dalle parole della presidnete della Cassazione sono state per uno sviluppo della società più equo e sostenibile.
La violenza contro le donne
«», in quanto espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo e di una visione dei rapporti sentimentali basata su logiche di prevaricazione sessuale, favorite anche dai social media che producono e/o riproducono stereotipi di genere, nuove forme di violenza di genere on line (cyber-violenza) e amplificano il linguaggio violento» ha sottolineato la prima presidente della Cassazione Margherita Cassano nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Non è, quindi, purtroppo ancora giunto il tempo in cui, mutuando le parole della poetessa Alda Merini, la libertà di una donna possa misurarsi dall’intensità dei suoi sogni».
«Nell’anno 2024, su un totale di 314 omicidi volontari (in calo dell’8% rispetto ai 340 dell’anno precedente e ai 328 del 2022), quelli maturati in ambito familiare o affettivo ammontano a 151 e in 96 casi hanno come vittima una donna. Sono in progressivo, costante aumento nell’ultimo triennio i c.d. reati ‘spia’ (tra cui violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, stalking), dei quali i femminicidi costituiscono spesso il tragico epilogo, nonché gli altri reati ricompresi nel c.d. ‘codice rosso’ (violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa + 18%; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti + 1%; costrizione o induzione al matrimonio + 21%; deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti + 3%)» spiega.
«A loro volta le rilevazioni dell’Istat restituiscono un quadro composito in cui all’incremento delle chiamate al numero di aiuto nazionale antiviolenza e stalking (+37,3 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) non corrisponde un aumento percentuale delle denunce o delle querele che anzi, nel 73% dei casi, non risultano presentate per varie cause, tra le quali assume preminente rilievo il timore delle reazioni dell’autore degli atti violenti (37,5%)» conclude.
Sgomento per i suicidi nelle carceri
«Suscita sgomento il numero di suicidi all’interno del carcere. Al 31 dicembre 2024 erano pari a 83 (47 italiani e 36 stranieri), numero cui vanno aggiunti 18 decessi per cause ancora oggetto di accertamento. Alla data del 10 gennaio 2024 si sono verificati altri 5 suicidi e 2 decessi per motivi da indagare» ha proseguito la presidente della Cassazione, Margherita Cassano, nella relazione sull’amministrazione della giustizia. «L’età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni. Deve risuonare nelle coscienze di ciascuno di noi il monito del presidente della Repubblica a scongiurare che la persona ristretta in carcere viva in condizioni angosciose e disperanti, ‘indecorose per un Paese civile’, tali da costringerla a gesti estremi» ha aggiunto.
Comunque «a fronte di una capienza regolamentare di 51.312 posti, al 30 dicembre 2024, risultavano presenti 61.861 detenuti (di cui 2.698 donne e 19.694 stranieri) rispetto ai 56.196 del 2022. Di essi 46.232 sono condannati definitivi, 9.475 in attesa del primo giudizio e 5.839 condannati non definitivi. Si tratta di una crescita preoccupante se si considera che non si è molto lontani dal numero di 66.000 persone ristrette in carcere che connotava la situazione carceraria all’epoca della sentenza della Cedu Torreggiani c/Italia dell’8 gennaio 2013 che ha condannato il nostro Paese per la violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti disumani e degradanti)».
Morti sul lavoro
«Esiste una forte correlazione tra qualità, dignità, sicurezza del lavoro come testimoniato dal numero inaccettabile di infortuni con esito mortale che continuano a verificarsi con drammatica periodicità. Logiche economiche di esasperata flessibilità tralasciano il profilo della qualità dei posti di lavoro» ha detto la presidente Cassano nel corso dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario oggi in Cassazione. Il lavoro “irregolare”, ha proseguito, è una delle cause principali delle lesioni o delle morti sul lavoro.
Nei primi undici mesi del 2024 gli infortuni mortali sono stati mille (+32 rispetto allo stesso periodo del 2023), mentre le denunce di infortunio sul lavoro sono state 543.039 (+0,1% rispetto allo stesso periodo del 2023). In aumento del 21,7% rispetto al periodo precedente le patologie di origine professionale denunciate, pari a 81.671.
«Si tratta, ha concluso sul punto, di numeri purtroppo assai eloquenti, ma non sufficienti a descrivere la dimensione del fenomeno cui concorrono anche gli ‘infortuni sommersi’ che non vengono denunciati all’Inail”. E allora per combattere il fenomeno serverebbe: un riordino normativo; l’interoperabilità tra le banche dati (Inl, Inps, Inail, Arma dei Carabinieri, Gdf, Vigili del fuoco); l’alimentazione del “portale nazionale del sommerso», la rivisitazione degli obblighi di preventiva comunicazione al datore di lavoro dell’ispezione e la mancata previsione di adeguate sanzioni amministrative.
Le reazioni dell’opposizione
«Femminicidi, stalking, maltrattamenti tra le mura domestiche e violenze per mano di partner o ex che non accennano a diminuire. Questo nonostante i numeri degli omicidi volontari generali siano in calo (-8%). Aumentano anche i reati spia. Questo è il quadro descritto dalla presidente Cassano durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario: un paese dove la cultura maschile del possesso perdura. Anche i dati sulle denunce sono allarmanti, perché denotano una scarsa fiducia delle donne ad essere credute e di trovare adeguato sostegno alle isituzioni nel percorso di fuoriuscita dalla violenza» commenta Cecilia D’Elia, senatrice Pd e vicepresidente della commissione bicamerale sul femminicidio, che aggiunge: «La libertà delle donne insomma è un diritto umano che nel 2025 fa fatica ad affermarsi nel nostro paese. È una fotografia della nostra società che parla soprattutto alle istituzioni per dire che per cambiare la rotta c’è bisogno di investire sulla prevenzione e sulla formazione degli operatori e delle operatrici della giustizia. C’è ancora un grande lavoro da fare, ancora troppa vittimizzazione secondaria e sottovalutazione del rischio».
«Con parole chiare, nette e coraggiose la Prima Presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano ha delineato, tra le emergenze di fronte al sistema della giustizia, il quadro ancora allarmante della violenza contro le donne e dei femminicidi nel nostro Paese. Un quadro di stabilità nonostante siano in diminuzione gli omicidi, che vede in aumento i ‘reati spia’ e con una situazione di difficoltà delle donne a denunciare, soprattutto per paura delle reazioni degli uomini persecutori. Per la Presidente Cassano il fenomeno è riconducile all’angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo, una giusta e condivisibile visione che richiama la responsabilità di tutte le istituzioni a un indispensabile cambiamento culturale» osserva la senatrice del Pd, Valeria Valente, componente della Bicamerale femminicidio, che conclude: «L’augurio è dunque che le parole della presidente Cassano possano essere un faro per un cambiamento culturale profondo che attraversi le istituzioni tutte, compreso il sistema della giustizia».
«Dalle morti sul lavoro ai femminicidi, dalle carceri ai condoni, dalla dignità delle istituzioni alla necessità del rispetto reciproco, la Prima Presidente di Cassazione Margherita Cassano, nella sua relazione alla inaugurazione dell’Anno Giudiziario, offre una fotografia reale di un Paese in difficoltà. La sua analisi, i suoi allarmi devono essere ascoltati dalla politica e da tutta la classe dirigente» osserva la capogruppo di AVS alla Camera Luana Zanella, la quale aggiunge: «Cassano ha espresso in termini crudi ed efficaci la condizione della donna in Italia, trattata come oggetto da parte di un mondo maschile completamente ostile ad ogni cambiamento. Questo persistere della cultura di origine patriarcale del possesso e del dominio della donna da parte dell’uomo è il vero ostacolo al necessario salto di civiltà».