Un adolescente su 3 subisce violenza, uno su 5 non sa riconoscerla

Un adolescente italiano su tre ha subito un episodio di violenza e un giovane su cinque non è in grado di riconoscere gli abusi nelle relazioni. La maggior parte di loro non distingue, infatti, con chiarezza il confine tra forme d’amore e forme di violenza. Non solo: la grande maggioranza non prende seriamente il tema del consenso né quello dell’eccessivo controllo, minimizzando persino situazioni che si configurerebbero come reati come lo stalking.

È a dir poco preoccupante la fotografia dei giovanissimi che emerge dalla seconda edizione della Survey TEEN realizzata da Fondazione Libellula: network di aziende che promuovono lo sviluppo di una cultura contro la discriminazione di genere. Il report 2024 inquadra qual è il livello di comprensione e l’esperienza della violenza di genere tra gli adolescenti dai 14 ai 19 anni, una fascia d’età che rappresenta circa il 7% della popolazione italiana. Una fetta di cittadini e cittadine che sembra permeata di stereotipi di genere e che ha molto spesso una percezione distorta delle relazioni. Si tratta di un bagaglio pesante che condiziona il loro modo di vivere l’amore e che ha radici nella cultura e nell’ambiente familiare e sociale che li circonda.

L’indagine

La survey ha raccolto le testimonianze di 361 giovani (i partecipanti sono stati circa 1600) che hanno risposto online su base volontaria tra il 23 marzo e il 6 giugno 2024. Gli intervistati si dividono equamente tra maschi e femmine, mentre tra le varie fasce d’età prese a campione quelle in cui si collocano il maggior numero di rispondenti sono 15,16 e 17 anni con rispettivamente il 19%, 23% e 21% di risposte. Il 96% di loro frequenta una scuola secondaria e, in particolare, il 40% è iscritto al liceo mentre il 34% ha scelto un istituto professionale. Chi non va a scuola è nel 50% dei casi già iscritto all’università o lavora (29%).

Solo una piccola parte (4% e 3%) ha abbandonato la scuola e lavora o non ha nemmeno un lavoro. L’81,97% degli intervistati si definisce eterosessuale, mentre quasi il 20% (1 su 5) di chi ha risposto alla survey ha dichiarato di riconoscersi in un orientamento sessuale diverso. Più della metà delle risposte arrivano da ragazzi e ragazze che vivono nel nord Italia, in particolare il 43,7% nel nord ovest e il 37,2% nel nord est.

Incapaci di distinguere la violenza dall’amore

Secondo il 20-25% degli intervistati non è definibile come violenza toccare, baciare o rivelare dettagli intimi senza il permesso dell’altra persona. Il primo dato che emerge dalla survey rivela come molti giovani non sappiano o non tengano nella dovuta considerazione l’aspetto del consenso. Eppure volere entrambi la stessa cosa dovrebbe essere un elemento imprescindibile di ogni atto sessuale, senza il quale si scivola nella violenza sessuale e nello stupro. Tuttavia per 1 adolescente su 5 non è violenza toccare una persona senza il suo consenso e nemmeno baciarla. E uno su 4 ritiene normale anche raccontare ad altri dettagli intimi all’insaputa della partner o del partner.

Dalle risposte degli adolescenti sembra quindi che molti di loro abbiamo purtroppo già interiorizzato quella cultura e quel modo di pensare che porta il 40% degli uomini italiani a dire che è colpa delle donne se vengono violentate, come ha rivelato un’indagine Istat sugli stereotipi di genere e l’immagine sociale della violenza.

Allo stesso modo un terzo del campione non ritiene che forme di controllo e limitazioni della libertà altrui siano forme di abuso. In particolare gli intervistati hanno dichiarato di non riconoscere come violenza dire al partner quali vestiti può indossare e quali no, e nemmeno impedirgli di accettare nuove amicizie online. Anche chiedere di geolocalizzarsi e voler sapere sempre con chi è l’altra persona è ritenuto normale se non addirittura una manifestazione di amore.
I giovani e le giovani sembrano quindi incapaci di leggere e riconoscere comportamenti e atteggiamenti che invece molto spesso nelle vicende di violenza sono stati identificati come campanelli di allarme, come per esempio la gelosia. Per il 50% del campione intervistato la gelosia non è, infatti, una forma di violenza e per il 40% non lo è nemmeno chiedere di condividere la password dei propri profili social o controllare di nascosto il cellulare altrui. L’effetto di questa visione completamente distorta è l’incapacità di riconoscere e stigmatizzare anche veri reati, come nel caso dello stalking. Lo dimostrano le risposte a una domanda che chiedeva se telefonare o inviare insistentemente messaggi a una persona è secondo loro una forma di violenza. Il 40% degli intervistati ha infatti risposto di no.

La violenza come regola

Uno degli aspetti più sconcertanti che emerge dall’indagine di Fondazione Libellula, è il fatto che la violenza di genere sembra già penetrata profondamente in questa fetta così giovane di popolazione. Non è infatti l’eccezione ma (quasi) la regola. Si parla addirittura di teen dating violence per definire, si legge nel report, «violenze subite proprio in quello spazio, in quelle relazioni che si presentano come primi amori». Amori e prime esperienza che pur essendo a volte di breve durata, contribuiscono a costruire le fondamenta delle modalità relazionali che ognuno di noi adotterà poi nell’età adulta.

Ma che modalità relazionali potranno sviluppare gli adolescenti italiani se come emerge dalla ricerca 1 su 3 ha già subito un episodio di violenza e ha sentito commenti espliciti sul proprio corpo? Si tratta di due esperienze terribili che possono avere ripercussioni sia sulle future relazioni che sulla fiducia in sé, e che capitano soprattutto alle ragazze. Il 43% delle intervistate ha infatti ammesso di averne fatto esperienza, contro il 21% dei ragazzi.

Una ragazza su 4 ha inoltre confessato di aver ricevuto richieste sessuali e attenzioni non desiderate. Una cosa che capita invece solo a 1 ragazzo su 10. Strattoni, pugni, schiaffi, lancio di oggetti sono, se pur con numeri inferiori, esperienze non estranee agli adolescenti italiani. A uno su 5 è successo di aver ricevuto strattoni da parte del partner, più di uno su 10 ha fatto esperienza di pugni schiaffi e colpi, mentre quasi 1 su 10 si è visto lanciare oggetti addosso.
La survey ha provato a far luce anche su un altro aspetto: capire come ha reagito chi ha subito un episodio di violenza. Il 61,51% ne ha parlato con un’amica/o, il 48,20% ne ha parlato in famiglia, il 18,71% si è rivolto a un adulto di riferimento, mentre il 12,59% ha contattato enti che si dedicano al tema della violenza.
Chi invece non ne ha parlato con nessuno lo ha fatto soprattutto (44% dei casi) perché ha pensato fosse una cosa di poco conto. Molti anche gli adolescenti che hanno dichiarato di essere stati in silenzio per vergogna (28%), paura (22,86%) e senso di colpa (16,57%).

Oltre a quantificare quanti giovani hanno subito violenza diretta, il report ha cercato anche di capire quanti siano quelli che invece hanno assistito o sono a conoscenza di abusi vissuti da amici o amiche. Anche in questo caso i numeri sono altissimi: più di un adolescente su due ha infatti ammesso di sapere di un episodio di violenza subita da una persona che conosce. Un dato questo che fa forse intuire come il fenomeno abbia dimensioni ancora maggiori.
Tra le forme di violenza di cui i giovani sono a conoscenza figurano più o meno tutte le tipologie (è esclusa forse solo quella economica) che ritroviamo nelle relazioni tra adulti, come mostra bene il grafico qui sotto.

Se nella maggior parte dei casi – 52,50%  – si tratta di di violenza fisica, non mancano infatti quella psicologica, verbale, sessuale e digitale. E, proprio come tra gli adulti, a esercitarla  – come si vede in questo altro grafico – è, nella maggior parte dei casi il partner o l’ex partner. Il 16,65% ha invece confessato di aver saputo che il carnefice era un familiare. Si tratta di un dato che fa riflettere perché è proprio in famiglia che i giovani osservano e interiorizzano i primi modelli relazionali e apprendono ciò che è lecito e ciò che non lo è osservando come i genitori si comportano tra di loro e con loro.

Le ragazze sono più consapevoli dei ragazzi

La survey ha cercato anche di capire se tra maschi e femmine esista o meno una differenza a livello di consapevolezza delle varie forme di violenza. Come si vede dai grafici qui sotto, i dati rilevano che effettivamente le ragazze sono più consapevoli dei maschi e più capaci di individuare forme e casi di violenza.

Si impara fin da piccoli a minimizzare e vivere di stereotipi

Crescere immersi in una cultura che tende a sminuire piccoli e grandi atti di violenza come fischiare a una donna per strada o scherzare utilizzando battute sessiste ha come effetto lo sviluppo nei giovani di un atteggiamento simile. Secondo l’indagine infatti 1 adolescente su 4 ritiene comprensibile perdere la testa dopo un tradimento e reagire con violenza e aggressività. Sempre 1 su 4 pensa che se lo fa una ragazza sia meno grave, mentre 1 adolescente su tre è convinto che sia anche colpa della vittima se vengono diffuse le foto intime che ha inviato al partner.

A condizionare le idee, le opinioni e quindi, di conseguenza, i comportamenti sono spesso, proprio come per gli adulti, gli stereotipi che abbiamo interiorizzato, più o meno consapevolmente, nel corso dell’infanzia e della giovinezza. Ragionare per stereotipi plasma e alimenta però un mondo che è proprio quello che sostiene la violenza e che fa dire a 1 adolescente su tre che nei rapporti spesso «le ragazze dicono di no ma vorrebbero dire sì». In particolare il 38% dei maschi intervistati ha questa convinzione. A dispetto della giovane età, il report ha rivelato come sono anche molti altri gli stereotipi in cui cadono rovinosamente gli adolescenti italiani.

Per esempio, un adolescente su tre ha fatto sua la convinzione che è normale che «un ragazzo sia più interessato al sesso di una ragazza» e anche che «un ragazzo che non vuole fare sesso è gay». Un’idea questa sostenuta dal 30% dei maschi contro il 5% delle femmine. Sono il 50% invece i giovani di sesso maschile che si riconoscono in concetti d’altri tempi come «le donne hanno bisogno di un uomo che le protegga» o «gli uomini hanno bisogno di una donna che si prenda cura di loro». Le ragazze vittime di questi stereotipi sono decisamente meno (circa il 25%) ma il 44% di loro è convinta che gli uomini e le donne abbiano capacità diverse. Se quindi la survey ci dice che tra i due, quelli più ingabbiati negli stereotipi sono sicuramente i maschi, anche le femmine però non sembrano passarsela tanto bene.

Gli antidoti: educazione sessuale e intelligenza emotiva

Comprendere e valutare le proprie emozioni e quelle altrui, riuscendo a esprimerle e regolarle è la base di quella che viene definita intelligenza emotiva. Una capacità che secondo l’indagine sembra essere più alta nelle ragazze e che aiuterebbe a riconosce come violenza le forme di controllo. Ecco perché questa viene definita «un possibile fattore protettivo» proprio come lo è l’educazione sessuale e affettiva che se fatta a scuola consente di raggiungere moltissimi giovani contemporaneamente. Eppure l’Italia è uno dei pochi paesi europei – insieme a Polonia, Lituania, Ungheria, Romania e Bulgaria – a non avere ancora questa materia obbligatoria all’interno delle scuole. Un ritardo che a rileggere questi dati stiamo già pagando molto caro.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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