«Ricevo tante testimonianze da donne sopravvissute, che grazie alla storia di Giulia hanno trovato il coraggio di denunciare. Mi contattano via email, whatsapp, social. Arrivano messaggi, lettere, testimonianze di persone che dopo aver vissuto un passato di violenza vogliono dare il proprio contributo». A parlare è Gino Cecchettin, il padre di Giulia, uccisa l’11 novembre 2023 dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta. Una ragazza che abbiamo imparato a conoscere grazie al racconto e alle testimonianze di chi le vuole bene e a quell’immagine rimasta impressa nella nostra mente: cappello nero, lunghi capelli castani, sorriso gentile. La morte di Giulia, a soli 22 anni, a pochi giorni dalla laurea, ha creato un prima e dopo nella percezione della violenza di genere: la violenza che capita solo agli altri e la violenza che può capitare a chiunque. Anche per questo motivo, da novembre 2023 le chiamate valide al 1522, il numero antiviolenza del ministero delle Pari opportunità, sono in continuo aumento: nel primo trimestre sono state oltre 17.800 (in crescita dell’82,5% rispetto allo stesso periodo del 2023), nel secondo trimestre circa 15mila (+57%) e nel terzo trimestre i dati sono in linea ai due trimestri precedenti, segnala Differenza Donna, l’associazione che gestisce il numero. A chiamare, oltre alle vittime, sono i genitori, gli amici, i parenti che, dopo il femminicidio di Giulia, hanno iniziato a individuare i fattori di rischio di una relazione potenzialmente pericolosa, sottolinea Arianna Gentili, responsabile nazionale per Differenza Donna del 1522.
«Giulia era la figlia ideale, brava a scuola, altruista, mai arrabbiata, aiutava chiunque avesse bisogno. Una figura buona che entra dentro l’anima in modo veloce. Anche per questo, probabilmente, quello che le è successo ha avuto una presa così forte sull’opinione pubblica», ci racconta il padre, che dalla morte della figlia, quasi un anno fa, non si è mai fermato: ha attraversato l’Italia, da nord a sud, per incontrare centinaia di studenti. «Mi chiedono come si possa capire quando ci si trova in una situazione di violenza, come difendersi, come comportarsi quando un’amica è in una circostanza critica. Ma mi chiedono anche come farsi ascoltare dai genitori. Questa è una domanda che mi ha colpito molto – sottolinea Cecchettin – perché significa che si è in presenza di un problema molto grave. Il dialogo genitori figli è un elemento che non va sottovalutato».
Ha visto un cambiamento nell’ultimo anno? Perché la vicenda di Giulia ha avuto un impatto così forte?
«Negi incontri in questi mesi ho trovato e continuo a trovare supporto e tanta sensibilità sul tema della violenza contro le donne. A mio avviso, la storia di Giulia ha avuto un impatto così forte anche grazie all’intervento di sua sorella Elena: è stato come un rasoio. Elena è stata la persona che ha perso di più con la morte di Giulia. Sentimentalmente erano molto legate, erano amiche, praticamente gemelle e la sua analisi della vicenda è stata fondamentale, a partire dalla lotta al patriarcato. Giulia era una persona buona. Per questo, quello che le è accaduto, agli occhi di tutti, è ancora più incomprensibile. E poi l’impegno che abbiamo messo nel veicolare un certo tipo di messaggio nella lotta alla violenza ha contribuito a far sì che esista un prima e un dopo Giulia. Io vorrei che tutti ci aiutassero perché ne abbiamo bisogno, è un percorso che dobbiamo fare insieme, uomini e donne. Ognuno deve dare il proprio contributo».
Dopo il femminicidio di Giulia tante ragazze si sono immedesimate in lei e alcuni giovani si sono accorti di loro atteggiamenti sbagliati. Ma la strada è ancora lunga. Cosa si deve fare?
«Si deve lavorare sotto tutti i punti di vista. I giovani hanno ancora molto forte l’imprinting dell’uomo maschio che controlla la donna. Siamo fermi a un concetto di amore legato al possesso. Nel mio percorso di vita, partito all’interno di una famiglia patriarcale, avevo in mente un concetto di amore di un certo tipo. Con mia moglie, invece, sono riuscito a capire che il vero amore va oltre, significa condividere, ma lasciare le proprio vite su binari paralleli. Così ho vissuto un amore bello. E poi c’è un altro aspetto. La mia generazione, nell’intento di dare il massimo ai propri figli, ha tolto il gusto della conquista, i sacrifici. Questi ragazzi danno tutto per scontato. Ma in una relazione non è così e loro, davanti a un no, vanno in crisi. Forse in questo va ricercato il motivo di alcuni atteggiamenti e dell’aumento delle violenze».
A livello di insegnamento è fondamentale partire dai bambini. Quanto è importante il linguaggio?
«Come dicono i professionisti, il linguaggio è il primo passo. Bisogna iniziare a lavorare dalla scuola dell’infanzia per eliminare modelli sessisti e stereotipi che infondono nei ragazzi sempre lo stesso concetto. Nel linguaggio di tutti c’è un proverbio, un modo di dire, una frase ripetuta che squalifica le donne. E se nell’immaginario l’uomo vale più della donna, si parte già con uno svantaggio».
Di questi temi si occuperà Fondazione Giulia. Quando sarà operativa?
«A breve faremo la cerimonia di presentazione ufficiale e saremo operativi da gennaio. Inizieremo con la formazione nelle scuole e sosterremo associazioni che si occupano già di violenza di genere. La formazione avverrà tramite professionisti e sarà rivolta a studenti, ma anche a soggetti che lavorano con le donne vittime di violenza. La fondazione opererà per mantenere viva la memoria di Giulia e diffondere il suo messaggio di amore, gioia e speranza».
E lei che messaggio vuole dare ai giovani?
«Io vorrei trasmettere il mio vissuto. Dando sfogo a sentimenti positivi, ho infatti visto nascere in me l’amore, la tenerezza, la gioia e questo mi ha dato la forza e la potenza per affrontare situazioni indicibili. Il che non vuole dire soffocare il dolore, io lo provo e lo attraverso tutti i giorni, in più momenti della giornata. Però non abbandono l’idea di essere felice, lo faccio per i mei figli. Sono riuscito a eliminare sentimenti di rabbia e ira, dedicandomi solo a mia figlia, che era fantastica e mi dava amore. Così ho cambiato prospettiva di vita, un esercizio che vorrei consigliare a tutti. In qualsiasi situazione di difficoltà bisogna pensare solo a un aspetto positivo, nella vita lo si trova. Io sono solo un padre che lotta affinché non ci siano altre vittime come Giulia, affinché nessuno debba passare il dolore che sto attraversando io».
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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