Smartphone personali concessi ai ragazzi a 11 anni, tra la quinta elementare e la prima media. Giovani che passano una o due ore al giorno davanti allo schermo. Genitori preoccupati che chiedono indicazioni dalle istituzioni, a causa di un gap evidente: quello tra la consapevolezza circa l’età corretta per concedere i dispostivi ai figli, ovvero 14 anni e le pratiche che vengono messe in atto. Sono alcuni risultati dell’iniziativa promossa dal comune di Milano e dall’università degli studi Milano – Bicocca e che ha coinvolto 2000 docenti e 6500 genitori e figli, frequentanti le classi dalla terza primaria alla terza secondaria di I grado nelle scuole milanesi. Dall’indagine sono nate le “Raccomandazioni di Milano per il benessere e la sicurezza digitale di bambini e preadolescenti”. Un patto che deve coinvolgere famiglie, insegnanti, aziende e istituzioni perché «le leggi esistono, bisogna capire come metterle in pratica», sottolinea Marco Gui, professore associato presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca. La dipendenza da web e social è, infatti, un rischio reale per otto ragazzi su dieci e l’80% dei più giovani confessa di addormentarsi con in mano lo smartphone, spiega Fondazione Carolina, la onlus dedicata a Carolina Picchio, la ragazza di 14 anni morta suicida la notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, dopo essere stata colpita da una campagna di odio sui social.
L’iniziativa del comune e dell’università
I numeri della ricerca promossa dal comune di Milano e dall’università degli studi Milano-Bicocca mostrano che tra chi frequenta la terza e quarta primaria la presenza dello smartphone è al 13%, percentuale che in quinta cresce al 19,3%, per arrivare al 70% alla prima secondaria di I grado e al 94,7% in terza. Il 36,6% dei genitori manifesta grande timore per la quantità di tempo che i figli passano online e, in merito alla consegna di compiti a casa su Internet da parte della scuola, chiedono l’esigenza di filtri per limitare la navigazione. Complessivamente, oltre il 70% degli adulti che hanno partecipato all’inchiesta ritiene estremamente rilevante ricevere indicazioni da una voce istituzionale autorevole, in particolare sulla necessità di concordare indicazioni pratiche per l’utilizzo di strumenti di parental control, oltre a modalità per rispettare davvero la legge sulla età minima pe l’accesso ai social media e indicazioni chiare da pediatri e medici sui problemi di salute. I genitori esprimono, in particolare, molta cautela sull’età minima consigliabile per fornire uno smartphone personale: nella maggioranza assoluta dei casi (55,1%) genitori e insegnanti chiedono di raccomandare i 14 anni o più, anche se la maggioranza relativa ha concesso il dispositivo a 11 anni (30,2%), mentre la modalità più scelta rispetto alle indicazioni auspicate è “più di 14 anni” (32,8%).
Le otto raccomandazioni
Sono otto le raccomandazioni elaborate dal tavolo tecnico del patto educativo della città di Milano: consapevolezza degli adulti; autonomia digitale crescente e fase specifica; osservanza delle indicazioni delle fonti istituzionali già esistenti; smartphone e altri dispostivi personali connessi; Il mondo fisico è irrinunciabile; sviluppare le competenze digitali; compiti a casa su internet; collaborazione tra mondo educativo, sanitario e sociale. Il documento di Milano spiega, innanzitutto, che la buona educazione digitale dei bambini discende dagli adulti, i quali devono essere consapevoli dei rischi dell’uso non equilibrato dello smartphone da parte dei più piccoli, con modalità d’uso sicure e adatte alle diverse fasce d’età. La navigazione autonoma e senza limiti può, infatti, essere un ostacolo, quindi gli adulti devono essere presenti, visionare e accompagnare . Il possesso di uno smartphone personale con connessione libera a internet è fortemente sconsigliato sia durante la scuola primaria sia alla secondaria di primo grado. Altro suggerimento quello di ascoltare le società scientifiche pediatriche sul tempo di utilizzo degli schermi in rapporto all’età, considerando gli effetti negativi su apprendimento, linguaggio, benessere mentale, fisico, qualità del sonno. Infine, i compiti a casa su internet possono arricchire la didattica, ma diventare un ostacolo alla concentrazione.
Le proposte alle istituzioni
Preso atto delle problematiche, nascono così alcune di proposte alle istituzioni nazionali ed europee, alle aziende e alle istituzioni locali, auspicando un lavoro comune. Tra queste la regolamentazione dello sfruttamento commerciale di dati e personalizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme internet e meccanismi di age verification per il rispetto dei limiti di età indicati dalle norme europee. Tra le misure auspicate, la possibilità per i preadolescenti di avere dispositivi, contratti telefonici e ambienti online adatti alla loro età, ovvero che da un lato garantiscano la reperibilità e lo svolgimento di attività creative, dall’altro non diano accesso ad ambienti vietati dalla legge, come i social e non adatti a loro. Vengono promossi, inoltre, ambienti sicuri per la didattica a casa.
Il rischio di essere anacronistici
Ma se viviamo in una società iperconnessa come è possibile tenere i ragazzi lontano dagli smartphone fino ai 14 anni? «Concedere o meno i dispositivi prima dell’età indicata dipende da decisioni collettive del mondo degli adulti. Bisogna semplicemente chiedersi se questi comportamenti siano positivi o negativi per i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze», risponde Gui. «Se noi riteniamo maggiormente positivo per le nuove generazioni un ambiente più protetto, abbiamo quantomeno il dovere di provarci», conclude Gui. A partire anche dalla tecnologia. Finora la società ha recepito i dispositivi senza un filtro, soprattutto nel caso dei bambini. Si pensi banalmente all’etichetta “nativi digitali”, che può essere interpretata come un via libera per i più giovani. Ma noi sappiamo che i più piccoli vanno guidati e tutelati. Ad oggi ha superato le 63 mila firme l’appello su change.org di pedagogisti e artisti del cinema e dello spettacolo, che chiedono al governo di vietare per legge gli smartphone prima dei 14 anni e i social prima dei 16. Tra i firmatari ci sono Daniele Novara e Alberto Pellai, che figurano anche tra gli esperti interpellati dall’iniziativa promossa da Bicocca e comune di Milano.
Accompagnare i giovani
Secondo Ivano Zoppi, segretario generale di Fondazione Carolina, il primo passo è accompagnare i più giovani a un uso consapevole e fornire loro un valido esempio. «Gli adulti hanno l’abitudine di proiettare le mancanze educative sui ragazzi, imponendo una disciplina che noi, per primi, non sappiamo rispettare», dice Zoppi, secondo il quale basterebbe applicare la regola più importante: quella del buonsenso, della presenza e della partecipazione degli adulti alla vita dei figli. «Vietare l’uso degli smartphone a scuola, lanciare petizioni e demonizzare i social che senso ha dopo 15 anni di totale anarchia e noncuranza?» si chiede Zoppi. Per fondazione Carolina le giovani generazioni oggi si trovano ad attraversare un deserto emotivo, con milioni di ragazzi che cercano se stessi nelle chat, sui social o Youtube. «Come in un gigantesco studio di uno psicologo, aperto h24, dove potersi rifugiare dalla realtà, sempre più scomoda e lontana», conclude il segretario di Fondazione Carolina.
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