Il potere oscuro della maldicenza: così il complotto distrugge la reputazione

Roma, quartiere Parioli, il più elegante e ricco della città, pieni anni 80. Una imprenditrice di origini francesi (Marie-France) ha un’idea geniale: spostare sulle ragazze il target del suo negozio di abbigliamento per signore. La boutique, novità assoluta per la Capitale, si riempie di adolescenti, lontane dagli occhi delle madri, che controllano gli orli delle gonne e se la stoffa tira su pancia e fianchi.
L’idea diventa presto un successo, che coinvolge anche le commesse, tutte donne tranne Giosuè, unico uomo e socio imperscrutabile di Marie-France. Parte da qui “La reputazione”, romanzo di Ilaria Gaspari edito da Guanda.

Avere idee innovative e diventare bersaglio

Il successo è il terreno fertile nel quale cresce l’erba dell’invidia, della gelosia, e apre un varco a sentimenti antisemiti (Giosuè è ebreo). Il “male” parte e si propaga, di bocca in bocca (negli anni Ottanta non esistevano i social). “La calunnia è come un venticello sottile”, diceva don Basilio nel Barbiere di Siviglia, che può diventare tempesta e spazzare via tutto il bene.

Il romanzo si basa su una leggenda metropolitana nata in Francia e diffusasi in Italia, secondo la quale in particolari negozi sarebbero scomparse ragazze, inghiottite da botole sistemate sul pavimento dei camerini. Si lascia intendere che anche una adolescente romana scomparsa e mai più trovata sia passata dal negozio. Una calunnia costruita ad arte: una parte di verità, una storia verosimile e tante invenzioni per colpire.

L’autrice, attraverso una scelta stilistica chiara e dosata alla perfezione, spoilera al lettore quello che succederà: “Si stava preparando una tempesta, ma il cielo sopra di noi si ostinava a un azzurro intenso.
Nessuno mai, in vita sua, subito la collera invisibile del pettegolezzo; nessuno aveva assaggiato il gusto della calunnia, se non nella forma di maldicenze trascurabili…”.

La tempesta dopo la quiete

L’atmosfera di festa e di gioia che si respira dentro il negozio pieno di ragazzine che entrano ed escono soddisfatte dai camerini sarà presto funestata dalla calunnia: la diceria, la leggenda metropolitana che rovinerà la reputazione che dà il titolo al romanzo. È come il rumore dietro la porta: si va ad aprire, consapevoli che si celi qualcosa di spiacevole, ma vince la curiosità e si corre comunque a vedere. Il meccanismo tiene alta l’attenzione e cambia i colori dell’atmosfera, in un gioco che coinvolge anche i lettori, ponendoli come davanti a uno specchio.

E noi?

Come ci poniamo, noi, davanti alla maldicenza, alla diceria? La ignoriamo, aspettando che passi la bufera, come fanno Giosuè e le commesse? Non diamo adito alle chiacchiere, anche se riguardano noi, per non ingigantire il problema, sperando che prima o poi finiscano e si torni alla normalità, come fa Marie-France? Oppure rimaniamo in silenzio, non prendiamo posizione, ci concediamo il beneficio del dubbio, come fa Barbara, una delle ragazze che lavorano in negozio? Pian piano proprio lei scivola verso quello che è il sentire comune e avverte il lettore: “La calunnia non conosce innocenti, lo sapete? La gente ascolta e giudica, e anche se decide di non credere, ugualmente si lascia convincere senza darlo a vedere. Mormora. Qualcosa sotto deve pure esserci, qualcosa avranno pur fatto. Se non questa, la colpa sarà un’altra. Qualcosa avranno pur fatto”.

Mi è capitato in tantissime occasioni, nel periodo in cui lo leggevo, di citarlo a esempio di come non siamo sempre perfettamente consapevoli della nostra reazione ai “dicono”, “ho letto che”, “ma lo sai che…?” o di notizie che ormai passano per decine di canali e catturano la nostra attenzione. Oggi i social amplificano ogni informazione, ogni opinione, e tutti sono liberi non solo di esprimere il loro parere ma anche di raccontare la loro versione della realtà, anche a scapito di altre persone. Così la tempesta diventa un uragano, e quello che in tempi passati rimaneva confinato in un luogo preciso oggi diventa una questione pubblica. Distrugge reputazioni. Su quelle macerie è difficile ricostruire, se la versione fake prende il sopravvento e dilaga.

Reagire a un attacco

Altro aspetto molto interessante di un romanzo che offre tanti spunti e piani di lettura è la reazione della gente comune di fronte al male, alle difficoltà. Gaspari, filosofa oltre che scrittrice, analizza, infatti, senza mai cadere nella tentazione della “spiegoneria”, l’animo umano e i differenti approcci alla vita. Da un lato Barbara, la protagonista e voce narrante, ragazza con poche ambizioni, sempre in procinto di laurearsi (in filosofia, appunto) senza in realtà concretizzare mai e dall’altro lato Marie-France, indipendente e inguaribile ottimista, nonostante le batoste che ha preso nella vita.

È lei che in un racconto-lezione impartito a Barbara dà la sua visione delle difficoltà, dei “fastidi”: “Prese a raccontarmi delle perle. Che nascono per azzardo, e dal fastidio: basta che la pazienza del mollusco sia messa a dura prova, per costringerlo a secernere la sostanza che si solidifica in gioiello. ‘Un granello di sabbia, appena un granellino, ti immagini? Se si infila nell’ostrica al momento giusto, se è abbastanza irritante… voilà! Ti ritrovi con una perla grossa come una biglia’”.

Quello che, in apparenza, per Marie-France è un fastidio (anche se il negozio inizia a svuotarsi e i conti a non tornare), per Barbara è una lotta con sé stessa; lei, che non prende mai posizione su nulla e che anche di fronte all’evidenza non solo non reagisce, non si alza in piedi gridando “Non è vero!”, ma dubita e quel dubbio le scava dentro, preferisce allontanarsi piuttosto che affrontare la questione nell’immediato. Ed è da quella distanza che racconta la storia, come se da un dolore, da un “periodo fastidioso”, questa volta, per lei, sia nato il riscatto che la sta trasformando nella narratrice che aspira a essere: “Non capisco cosa mi spinga ad anticipare i fatti. Si potrebbe pensare, forse non del tutto a torto, che sia l’angoscia di ripercorrere ancora una volta la storia per intero, di tirar fuori dal cassetto ricordi smagliati dalle tarme e di scoprire che nemmeno le tarme hanno potuto distruggere la trama fitta del senso di colpa, che unisce i punti sparsi della memoria componendo la figura tutta insieme”.

Il peso delle madri

È un romanzo particolare, questo. Ambientato in una boutique, dove gli specchi restituiscono l’immagine esteriore delle persone, riesce ad andare oltre l’apparenza, sotto la stoffa, dentro la carne, fino alla parte più intima e profonda di ogni personaggio, e delle relazioni. Amore (tradito, non corrisposto), amicizia (profonda o occasionale), rapporto fra colleghi di lavoro; e il rapporto delle figlie con le madri. Un vestito che tira sui fianchi e una mamma che aspetta fuori dal camerino, una stanza chiusa, una distanza cercata a ogni costo servono per analizzare un legame intimo, viscerale, a volte doloroso. Quello stesso legame che Marie-France spezza, simbolicamente, quando decide che il suo negozio sarà riservato solo alle ragazze, libere di piacersi, essere loro stesse, a partire da come scelgono di presentarsi al mondo. Come se l’abito fosse il bozzolo dal quale ognuna può rinascere.

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Autrice: Ilaria Gaspari
Titolo: “La reputazione”
Casa editrice: Guanda
Prezzo: 19 euro

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