Parità di genere, lo Stato investe lo 0,5% del bilancio per ridurre le diseguaglianze

Su una spesa complessiva del bilancio dello Stato che per il 2023 ammonta a 1.032 miliardi, la spesa diretta a ridurre le disuguaglianze di genere è stata pari a 5,87 miliardi (0,57%) secondo i dati di pre-consuntivo della Ragioneria generale dello Stato, presentati in Parlamento dalla sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, nel corso di un’audizione sulla relazione sul bilancio di genere allegata al Bilancio 2024. Questo dato è a frontte di 860 miliardi di spese considerate ‘neutrali’ o ‘da approfondire’ rispetto al genere (l’83%) e a 166 miliardi ‘sensibili’ al genere (16%). Dai dati contenuti nel documento presentato dalla sottosegretaria alle commissioni Bilancio, per il 2025 e 2026 il dato si assesterà a poco più di 6 miliardi (rispettivamente lo 0,58% e lo 0,56% del totale).

L’aumento previsto per il 2024

C’è da dire che non è facile ‘scattare una fotografia’ precisa della situazione tramite la riclassificazione delle spese di bilancio (che è stata introdotta con il Pnrr) che è una metodologia in corso di affinamento ma il dato restituisce l’ordine di grandezza. Comunque, l’entità delle risorse stanziate per le misure a contrasto della disuguaglianza di genere è stato rivendicato da Albano.

Pur riconoscendo che la cifra «rimane modesta come quantità rispetto al totale», ha sottolineato che c’è stato un «aumento molto importante” in valori assoluti rispetto ai 4 miliardi iscritti nel Bilancio 2022, non solo in relazione al 2023 ma considerando che per il 2024 la spesa prevista salirà a 6,6 miliardi (0,60%) grazie a una serie di azioni poste in essere dal Governo, in particolare l’abbattimento dei contributi per le donne con figli».

A questo, ha rilevato, si aggiunge “l’effetto-leva” degli stanziamenti che quindi hanno «generato un beneficio decisamente più elevato: partiamo da 2 miliardi per arrivare a 16 miliardi di effetto positivo».

Disoccupazione, conciliazione e rischio povertà

Quanto a una immagine più complessiva del divario di genere riportata dalla relazione allegata al Bilancio, bisogna dire che molti dati si riferiscono al 2022 e sono quindi superati da altri più recenti. Però emerge la conferma di alcune linee di tendenza: c’è una crescita del tasso di occupazione femminile in Italia che supera l’asticella del 50%, anche se resta lontano dal quasi 65% della media Ue.

Dall’aggiornamento elaborato dalla Rgs e riportato da Albano, risulta inoltre che dal 2020 al 2023 l’aumento dell’occupazione è guidato dalle donne nella fascia di età tra i 50 e i 64 anni mentre si registra una riduzione nella fascia 35-49 anni. Confermata anche la penalizzazione per le donne con figli, soprattutto nella fascia di età 35-44 anni. Anche se su questo punto la rappresentante del Mef ha rilevato che c’è una aspettativa di miglioramento nel 2024: l’occupazione delle donne con figli dovrebbe beneficiare dell’impatto atteso dalle misure della legge di Bilancio di quest’anno, a partire proprio dall’esonero contributivo del 100% per le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato con 3 o più figli (che per il solo 2024 spetta anche per le donne con 2 figli). A ciò si aggiunge l’incremento del bonus asilo nido e della misura del congedo parentale entro i sei anni del bambino.

«Le risorse stanziate – ha ricordato – vanno da 567 milioni a 682 milioni». Infine altri due aspetti: resta ancora “rilevante” il divario di genere nella conciliazione vita-lavoro, anche se in lieve miglioramento sul versante dei congedi parentali; e per le donne (di tutte le fasce d’età) si registra un maggiore rischio di povertà, anche se rispetto alla povertà assoluta c’è una pari incidenza percentuale (9,7%) per donne e uomini.

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