Violenza sulle donne, dopo Giulia Cecchettin uomini in cammino verso nuovi modelli

Uomini – scrittori, giornalisti, insegnanti – che prendono la parola a difesa delle donne, per un nuovo modello di maschilità e relazioni più paritarie, contro ogni forma di violenza e per un nuovo linguaggio inclusivo. A lanciare l’iniziativa è l’associazione Maschile Plurale, con l’incontro organizzato a Roma ‘La violenza maschile parla di noi. Parliamone’ nell’ambito di un progetto sostenuto dall’8 per mille dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, a cui pure AlleyOop-il Sole 24 Ore ha preso parte.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto nell’autunno scorso, ha fatto da detonatore all’esigenza, già avvertita, di alimentare nuovi modelli maschili, un nuovo modo degli uomini di vivere le relazioni. La morte di Giulia ha provocato una presa di posizione, e una messa in discussione, da parte degli uomini, che non si era mai verificata prima. C’è chi si è chiesto e si chiede se sia stato giusto tutto questo e perché proprio un femminicidio in particolare abbia scatenato tante proteste mentre alti sono passati sotto silenzio.  Ma l’importante, al di là dell’esame delle cause, è che la reazione ci sia stata, pur se sull’onda dell’emotività, e che non venga lasciata cadere, ma diventi qualcosa di più strutturale.

Maschile Plurale vuole che questa reazione, questa iniziativa di uomini che prendono la parola, si mettono in gioco, parlano e costruiscono assieme alle donne, prosegua e per questo il convegno a Roma è solo l’inizio di un percorso, cui seguiranno nuove iniziative.

Il dibattito è partito dalla crisi maschile e dei modelli patriarcali che fanno parte del nostro bagaglio culturale. C’è chi, di fronte a questa crisi, alla fragilità dell’uomo davanti, ad esempio, alla rottura di una relazione, invoca nostalgicamente l’autorità paterna. E c’è chi come Gino Cecchettin vuole essere agente di cambiamento.

La fragilità dell’uomo alla fine della relazione

Analizzando alcuni femminicidi, quello che emerge è che talvolta più che il classico modello patriarcale, si nota una fragilità dell’uomo,  un’incapacità di affrontare la rottura di una relazione sentimentale. Per questo è importante partire dall’analisi delle relazioni. Si è parlato di post-patriarcato.  Come scriveva qualche tempo fa Veronica Gentili su La Stampasiamo entrati nell’era del post patriarcato. O meglio siamo entrati nell’era in cui residui di patriarcato vero e proprio convivono con nuovi abbozzi di prevaricazioni, soccombenze, caratteri dominanti, e caratteri recessivi”.

Al convegno di Maschile Plurale, un insegnante da sempre attivo su questi temi, Andrea Bagni, ha sottolineato come  “la fragilità maggiore sia da riconoscere nell’incapacità di tollerare la libertà dell’altro, di tollerare l’abbandono.  Rispetto al passato adesso è più che mai evidente come l’abbandono sia possibile, si tratta, nelle relazioni, di accettare il rischio. Quello che ho notato è una mancanza di vocabolario per parlare di emozioni, di sentimenti, o un divieto a esprimerli. Non puoi dire, cioè, neanche agli amici più intimi che stai soffrendo, che vuoi piangere, che vuoi aiuto, perché non sarebbe un atteggiamento da vero uomo. La mancanza di vocabolario assieme alla mancanza di relazioni maschili in cui si parli anche di cose intime, le riscontro anche nei ragazzi che ho avuto e che ho di fronte. C’è una mancanza di autorizzazione a esprimere i propri sentimenti”.  Argomenti trattati anche da Marco Deriu, sociologo e docente all’Università di Parma, secondo cui “cambiare le regole non basta; molte norme sono cambiate, ma la mentalità, i comportamenti , le disposizioni, il modo di stare non sono cambiati e questo crea il gap. In questo si inserisce il tema dell’alfabetizzazione emotiva e affettiva. Molte problematiche emergono proprio dalla difficoltà maschile di riconoscere le proprie emozioni, i propri vissuti”.

Secondo Deriu, quindi, “dobbiamo imparare a riconoscere, raccontare, testimoniare, a far dialogare tutte quelle esperienze di uomini che, nel piccolo e nel grande, cercano di mettere al mondo una maschilità differente”.

 

Un nuovo modo di relazionarsi e di essere padre

In genere, prosegue il sociologo che fa parte dell’associazione Maschile Plurale, ci focalizziamo “sulla crisi delle relazioni e sulla gestione della crisi” mentre sarebbe bene focalizzarci anche “sul modo di stare nella relazione”.  Oggi “bisogna gestire il passaggio da una società in cui gli uomini erano abituati a gestire le relazioni all’aspirazione a relazioni più paritarie, più libere, con più soggettività, più desideri”.  Oggi “c’è la possibilità di differenziarci, dissentire anche da sé stessi, aprire conflitti, rifiutarsi di replicare modelli dati. Dal mettersi in gioco scaturirà, oltre a un nuovo modello maschile nelle relazioni sentimentali con le donne, un nuovo modello di padre. Si può diventare e crescere e diventare padri diversi, in una dimensione di ricerca, lontana sia dai modelli patriarcali sia dal padre distante che, per risolvere i problemi, dà la carta di credito ai propri figli. Il tema della paternità, spiega Deriu, èil tema dell’impegno, della cura dei figli, del congedo parentale. Anche questo è un terreno fatto di desiderio e responsabilità che diventerà sempre più importante”.

Partire dalla frattura del modello patriarcale per combattere la violenza e la guerra

Occorre, quindi, partire dalla frattura col passato, da una faglia anche nel linguaggio, come ha sottolineato Stefano Ciccone di Maschile Plurale. L’esigenza di una rottura con i vecchi modelli è stato uno dei filoni conduttori dell’iniziativa cui hanno partecipato scrittori come Edoardo Albinati, autore della ‘Scuola Cattolica’, libro che racconta dei delitti del Circeo, e che ha parlato dello stupro bellico. Un delitto che viene “svalutato, derubricato, si nega perfino che sia avvenuto” mentre la violenza sulle donne, la violenza sessuale  è un “modello di sopraffazione pura. Prima dell’oppressione dell’uomo sull’uomo c’è quella dell’uomo sulla donna”.

Alberto Leiss, giornalista e scrittore, che si è occupato a lungo di storia delle donne e di femminismo e membro anche lui di Maschile Plurale, ha parlato di un parallelismo tra la violenza sulle donne e la guerra. “Fino ad oggi le guerre le abbiamo fatte noi maschi, non abbiamo agito solo violenza contro le donne. Ora tutto questo comincia a cambiare. C’è una maggiore consapevolezza, una presa di coscienza maschile, oltre al riconoscimento di una responsabilità comune per l’esercizio della violenza bellica. C’è la possibilità di contestare la guerra dal punto di vista antropologico. Il femminismo ha già dimostrato nell’ultimo mezzo secolo che è possibile cambiare il mondo, le relazioni, senza ricorrere alla violenza armata. Non vuol dire che non ci debba essere conflitto. Ma l’importante è che il conflitto non si trasformi nella volontà di ammazzare, uccidere l’altro con cui si confligge. C’ è già un’esperienza che ci dice che si può fare politica senza il conflitto armato che vuole distruggere l’avversario. Se si parte da qui possiamo ragionare su un modo diverso. E’ un lavoro che cominciamo oggi e che proseguiremo”.

Costruire spazi di dialogo tra donne e uomini

In conclusione, secondo Maschile Plurale e stando a quanto emerso dal convegno romano, è importante in questo momento storico individuare degli spazi di dialogo tra uomini e donne. “Da questo punto di vista la dimensione che stiamo costruendo anche oggi è quella di creare spazi di confronto tra uomini e donne”, conclude Deriu.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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