È una sera qualunque. Camilla (nome di fantasia), accetta di vedere un film con un compagno di università. Non ha voglia di incontrarlo e ha l’ansia che ci provi con lei, di nuovo, ma non sa come dire di no senza offenderlo. Secondo diversi studi, le persone autistiche sono soggette a un maggior rischio di subire abusi e violenza, tra cui quella sessuale. Le ricerche in quest’ultimo ambito sono ancora poche tuttavia, dai dati fin qui accumulati, emerge che fino al 90% delle persone autistiche abbia subito abusi, molestie sessuali o stupro nel corso della propria vita. A essere colpite sono in maggioranza donne e ragazze – o socializzate come tali – a prescindere dal livello di supporto e dalla presenza o meno di compromissione verbale o intellettiva. La ricercatrice Fabienne Cazalis ha indagato la prevalenza della violenza sessuale all’interno della comunità autistica femminile francese, concludendo che l’autismo rappresenta un fattore di vulnerabilità.
Anche Camilla è autistica. Il suo modo di interagire e di processare la realtà la rende un target ideale, come spiega Valentina Pasin, psicologa, psicoterapeuta e promotrice del progetto Aut Us Italy: “Una prevalenza così elevata di esperienze di abusi e aggressioni sessuali tra le donne autistiche, sembra dipendere soprattutto da caratteristiche legate al loro modo di essere, come la difficoltà nella comunicazione espressiva dei propri pensieri, emozioni e bisogni o non avere chiaro che è un proprio diritto dire di no, in qualsiasi momento, a una interazione sociale e sessuale o la mancanza di relazioni amicali di fiducia che aiutino a leggere correttamente i segnali che potrebbero indicare l’instaurarsi di una relazione di abuso”.
Bisogno di essere accettata, senso di inadeguatezza, ansia di rispettare le regole sociali – un vissuto comune tra ragazze e donne autistiche – fanno sì che Camilla resti in silenzio di fronte a comportamenti che le creano disagio o abusanti del suo compagno di università. Ma c’è dell’altro. Uno studio canadese sulla prevalenza di violenza sessuale tra le ragazze autistiche, individua un fattore di rischio nella scarsa conoscenza e consapevolezza in materia di educazione sessuale. Dato confermato dalla psicologa Marcia Eckerd che, in un articolo pubblicato nel 2022, mette in correlazione gli alti tassi di vittimizzazione con il fatto che l’educazione affettiva e sessuale delle ragazze autistiche spesso derivi dal cinema e dalla televisione e non dallo scambio sociale. Come molte altre persone autistiche – costrette all’isolamento sociale a causa di tratti tipici del proprio funzionamento o sue co-occorrenze, differenze comunicative rispetto alla popolazione allotipica, difficoltà create da un mondo che spesso diventa disabilitante – Camilla non conosce altre persone con cui confrontarsi perché parlare, rivela, le mette parecchia ansia.
Di nuovo a quella sera qualunque. Dopo un primo tentativo di rapporto senza successo, lui la fa bere e ci riprova. “Non riuscivo a parlare – racconta Camilla – sono rimasta ferma sperando finisse presto e se ne andasse. Non mi ha mai chiesto se volessi farlo”. Francesca Salvini, psicologa, psicoterapeuta e vicepresidente del centro LiberaMente di Pavia, aiuta a comprendere quali dinamiche possano essere intervenute: “E’ molto difficile che una persona si presenti come uomo violento o specifichi di voler agire un comportamento violento. Solitamente l’aggressione avviene all’interno di una relazione nella quale la persona ha agito inganni e comportamenti secondari finalizzati alla violenza. Poi intervengono altri due passaggi: non sempre le aggressioni sessuali avvengono in modalità violenta; alcune persone autistiche hanno più difficoltà a manifestare un dissenso in maniera esplicita”.
La psicologa Michelle Garnett include tra i motivi di vulnerabilità delle donne autistiche la bassa autostima, che può portare ad accettare un certo livello di abuso e la tendenza alla comunicazione letterale, che può rendere difficile prevedere o riconoscere una situazione di abuso. Stefania, una ragazza autistica che durante l’adolescenza è ricorsa al mondo virtuale per superare l’estrema difficoltà nel gestire le dinamiche sociali, racconta di aver instaurato una relazione con un ragazzo che “mise in atto tutta una serie di manipolazioni e di abusi fisici ed emotivi che mi portarono a credere che quello che mi aveva fatto andasse bene, perché eravamo una coppia”. Pretesto usato anche per avere un rapporto sessuale, portato a termine senza consenso e in seguito al quale Stefania cade in una pesante depressione. Per anni prova a cancellare la violenza subita rifugiandosi in alcool, droghe e cibo: “Avevo il fisico e il cervello in frantumi”, racconta. Un bruttissimo burnout e la richiesta di aiuto, fanno sì che i ricordi inizino a riemergere e con questi altri episodi di abusi che aveva rimosso.
Non è un caso. L’indagine condotta da Cazalis ha evidenziato anche l’alto tasso di rivittimizzazione, pari quasi all’85% e del sommerso tra le survivor autistiche: solo un terzo ha denunciato e di questo il 75% non ha avuto esito. “Non conviene dichiarare la propria neuroatipicità – spiega Salvini – perché non abbiamo professionisti formati e tribunali pronti. Un funzionamento identitario differente rischia di tradursi in un minore accesso a essere credute e a una lotta che ha un costo in termini di fatica personale”. Come dichiara la dottoressa Pasin, “sarebbe utile implementare la formazione sulle neuroatipicità dei servizi anti violenza e che nel tempo possano venire creati dei percorsi di supporto pensati proprio per i bisogni delle donne autistiche”.
Quella di Camilla, quella di Stefania, è la mia storia ed è la storia di troppe ragazze e donne autistiche in giro per il mondo. Una storia che solo la ricerca di una cultura della neurodivergenza, che porti consapevolezza verso il nostro tipo di funzionamento ed empowerment, ci aiuterà a riscrivere.
Angelica Mereu
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