Il benessere e la salute – fisica, mentale e sociale – sono ingredienti ormai imprescindibili per qualsiasi azienda che voglia essere attrattiva nei confronti dei talenti e trattenere le proprie persone. È quanto emerge dai recenti contributi del World Economic Forum (WEF), a partire dal meeting annuale a Davos, da poco concluso.

Secondo la ricerca globale di JLL, ripresa proprio dal WEF, negli ultimi 24 mesi il benessere sul luogo di lavoro ha superato l’importanza che hanno la qualità della vita e la sicurezza economica. In tempi di Grandi Dimissioni, si sta dunque ufficialmente abdicando alle garanzie finanziarie per difendere e salvaguardare la propria salute.

In linea con questo dato, l’indagine conferma che le organizzazioni che supportano il well-being e la sicurezza psicologica dei propri dipendenti siano quelle maggiormente e più positivamente considerate in fase di ricerca di nuove opportunità professionali.
Le motivazioni sono molteplici e certamente una spinta, si sa, l’ha portata la pandemia, i cui strascichi psicologici – e non – sono ancora ben presenti e radicati nella vita delle persone.

A tal proposito, il JLL Work Preferences Barometer evidenzia altri due dati emblematici. Il primo, fa riferimento al 49% delle persone che (ancora) si sente sopraffatto dal sovraccarico cognitivo, mettendo in luce una fragilità impatta direttamente sul benessere mentale. Il secondo, riporta invece come un’analoga percentuale di dipendenti ritenga di essere addirittura a rischio di burnout, proprio in virtù della pressione che percepisce sul lavoro.

Alla luce di questi dati, si possono delineare 5 trend che le aziende si trovano a dover soddisfare per mantenere attrattività e tassi di turnover sostenibili.

Il primo, è sicuramente il fornirsi di solidi, diffusi e continuativi servizi per il benessere psicologico e la salute delle proprie persone. È, difatti, essenziale soddisfare il bisogno, sempre più evidente, di percepire il lavoro come ambito di vita che fa star bene, piuttosto che fa ammalare.
Il secondo trend che emerge, è inoltre la necessità di spostare il focus dal lavoro alla persona. Al di là di qualsiasi retorica, è infatti funzionale guardare ai dipendenti non come job title, ma come unicità, caratterizzate da un mondo interno – fatto di emozioni, vissuti e bisogni – che non è più possibile ignorare.
A questi due primi trend, si affianca il benessere sociale, garantito attraverso la promozione e la costruzione di relazioni sane e autentiche. Possibile, sia attraverso attività di sensibilizzazione, sia grazie alla definizione – e difesa – di spazi e momenti dedicati ai rapporti sociali.
Il quarto trend è poi senz’altro quello della flessibilità, che è qui per restare. Gli ambienti di lavoro devono quindi evolvere da una staticità ancora troppo presente, a una flessibilità e fluidità non scontata. Le giornate lavorative non possono essere considerate lineari, ma multiformi. Rispetto a obiettivi, esigenze, risorse ed energie. Non dunque flessibilità annacquata in giorni fissi di presenza in ufficio, ma reale libertà, fiducia e responsabilità.
Infine, la necessità – imprescindibile – di coinvolgere manager e leader in questa trasformazione. Il quinto e ultimo trend, infatti, deve necessariamente prevedere l’ingaggio di chi riveste ruoli di responsabilità. Una leadership a misura di benessere psicologico è oggi più che mai essenziale e necessaria. Servono alleati, non sabotatori.

Quante aziende possono dirsi mature e salde rispetto a questi cinque indirizzi?
Una domanda essenziale a cui rispondere, per prendere consapevolezza del gap che è necessario colmare. Un quesito da cui partire per costruire realtà nelle quali le persone scelgono di entrare e, soprattutto, di restare.

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