Il Parlamento europeo si schiera a supporto delle donne vittime di violenza, approvando una risoluzione in cui si chiede che la violenza di genere venga inserita tra gli “eurocrimini”, cioè tra i reati “in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale”, come già previsto per il terrorismo, la criminalità organizzata, il traffico di droga e di armi, la criminalità informatica.
Il disco verde è arrivato con la maggioranza assoluta dei voti (427 a favore, 119 contrari e 140 astensioni). L’atto del Parlamento punta, più in generale, al varo di una normativa e di politiche mirate per affrontare tutte le forme di violenza e discriminazione basate sul genere, contro donne e ragazze ma anche contro le persone LGBTIQ+, sia offline che online: la Commissione di Bruxelles è infatti invitata a proporre una direttiva globale sulla violenza di genere che dia attuazione alle norme della Convenzione di Istanbul e alle altre norme internazionali in materia.
Questa normativa dovrà prevedere, tra le altre, misure di prevenzione, anche attraverso programmi di istruzione; servizi di sostegno e misure di protezione e risarcimento per le vittime; attenzione ai diritti di affidamento e di visita relativi ai minori; cooperazione tra gli Stati membri. Il documento è molto articolato, denuncia il femminicidio come la “manifestazione estrema” della violenza di genere contro le donne e afferma che anche la “negazione di un’assistenza all’aborto sicuro e legale” è una forma di violenza di genere. Gli eurodeputati ricordano gli effetti negativi personali, sociali ed economici della violenza di genere e rimarcano che la situazione è peggiorata con la pandemia.
“E’ un bellissimo testo, molto esauriente e fatto bene, dal punto di vista dei contenuti, un testo da utilizzare” rimarca Marcella Pirrone, avvocata della rete D.i.Re e presidente di Wave, la Rete europea dei centri antiviolenza, ricordando che la direttiva della Commissione europea dovrebbe arrivare a breve, come ha annunciato la presidente Ursula von der Leyen così come il fatto che l’approvazione dell’iniziativa europarlamentare a maggioranza assoluta la renda “dovuta”. La direttiva servirà ad “ovviare – spiega ancora Pirrone – a una mancanza evidente di una strategia comune della Ue che permetta di colmare le lacune e le divergenze che ci sono nelle legislazioni nazionali degli Stati membri”.
I passaggi futuri generano però “molta preoccupazione” perché nella Commissione ma tanto più nel Consiglio europeo (che sarà chiamato a decidere all’unanimità l’inserimento della violenza di genere tra gli “eurocrimini”) a fare le norme “sono gli Stati. Quindi – ricorda la presidente di Wave – anche Paesi come Ungheria, Polonia, Slovacchia e Bulgaria che si sono espressamente attivati nel contrastare la ratifica della Convenzione di Istanbul o tendono a seguire la strada della Turchia, che ne è uscita”. Mentre la Convenzione di Istanbul “rimane lo strumento ‘cardine’, il più completo ed efficace in concreto sia nei singoli Stati che a livello transnazionale”. La futura direttiva è quindi un “giusto tentativo per avere uno strumento comune” ma l’obiettivo deve essere “il rafforzamento e non l’alternativa alla Convenzione di Istanbul”. Tanto che sarebbe un passo avanti importante “l’adesione della Ue in quanto tale alla Convenzione” (anche se non è scontata la percorribilità di questa strada dal punto di vista giuridico). E’ poi fondamentale, come emerge anche dall’atto approvato a Strasburgo, non puntare solo sulle norme penali perché la eliminazione della violenza di genere richiede una strategia complessiva per eliminare le disuguaglianze di genere.
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