Ci sono persone che lasciano un’eredità, anche se non si erano preparati ad andarsene e se non ci avevano preparato al fatto che presto non ci sarebbero stati più. E’ il caso di Gino Strada, che ieri in Normandia durante una vacanza di qualche giorno ci ha lasciati. La notizia ha sorpreso anche le persone a lui più vicine e nel mondo delle Ong italiane è stato un dolore improvviso e pervasivo.
“La morte di Gino Strada mi addolora profondamente. Oggi è un giorno triste. Se ne va una grandissima persona, quello che lascia resta straordinario. Grande professionalità e passione che hanno permesso di costruire chirurgia di eccellenza nei luoghi più difficili del mondo. Un pensiero a tutta la sua famiglia e ai volontari e allo staff di Emergency. Cercheremo di onorare il suo importante lascito, restando accanto ai bambini e alle bambine più vulnerabili ovunque si trovino”. Sono le parole con cui Daniela Fatarella, direttrice di Save the Children in Italia, ha commentato con Alley Oop la notizia della morte di Gino Strada.
Dello stesso tenore il commento della presidente di Istituto Oikos, Rossella Rossi: “La capacità di saper ripartire sempre, anche di fronte a sfide impossibili, sorretto da ideali che non conoscono cedimenti e dalla volontà di tenere al centro i diritti di ogni essere umano è la grande eredità morale che Gino Strada ci ha lasciato. Occorre essere capaci di farne tesoro”.
Nel mondo delle Ong italiane è innegabile che da ieri si sia creato un vuoto e che in molti si sentano il dovere di proseguire, ognuno nel proprio ambito, il cammino fatto da Gino Strada.
“Siamo sorpresi e addolorati dalla notizia della morte di Gino Strada, un uomo che ha dato un contributo inestimabile a un’idea di pace concreta, in cui il diritto alla salute fosse di tutti. siamo convinti che il modo migliore di ricordarlo e onorarlo sia continuare a lavorare per un mondo migliore, per il quale Gino si è battuto per tutta la vita” commenta Sara de Simone, presidente di Mani Tese.
Chi era Gino Strada
Conosciuto non solo da chi segue le attività di Emergency, da lui fondata nel 1994, ma anche da chi segue la politica italiana, considerata la sua capacità di prendere posizione. Nato a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, Gino Strada è cresciuto in un ambiente cattolico sensibile alla realtà sociale. Dopo aver terminato gli studi superiori presso il liceo classico Carducci, si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università Statale di Milano nel 1978, all’età di 30 anni, e si specializza in chirurgia d’urgenza. Durantee gli anni universitari aderisce alla corrente comunista degli studenti.
Archiviati gli studi, comincia a viaggiare: Stati Uniti, Inghilterra, Sudafrica. Ma la sua vocazione lo porta in territori più difficili, a lavorare con la Croce Rossa (1988) all’assistenza dei feriti di guerra.
Nel periodo 1989-1994 lavora con il Comitato internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina. Proprio questa esperienza sul campo lo ha portato – assieme ad un gruppo di colleghi e a sua moglie, Teresa Sarti, scomparsa nel 2009 – a fondare nel 1994 Emergency, la onlus per la riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo. L’associazione ha fornito negli anni assistenza gratuita a milioni di pazienti in 18 Paesi del mondo tra cui Iraq, Afghanistan, Cambogia, Serbia, Eritrea, Sierra Leone, Sudan, Algeria, Angola, Palestina, Nicaragua e Sri Lanka. Nel 1998, poi, Emergency diventa Onlus e l’anno successivo acquisisce lo status di Organizzazione non governativa, Ong.
Nel 2006 viene riconosciuta partner delle Nazioni Unite – Dipartimento della Pubblica Informazione. Dal 2015 fa parte del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc) come associazione in Special Consultative Status, mentre dal 2018 diventa partner ufficiale dell’European Union Civil Protection and Humanitarian Aid.
Gino Strada ricopriva il ruolo di direttore esecutivo della onlus. Si definiva, però, “chirurgo di guerra, fondatore di Emergency, vincitore del Right Livelihood Award 2015 (il premio Nobel alternativo)” su Twittere chiudeva con la frase che sintetizza il suo credo: “La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”, di Albert Einstein.