Sono state le Olimpiadi delle lacrime di gioia, di sofferenze e di nuovi appuntamenti. Abbiamo assistito a conferme, delusioni e grandi sorprese. Come sempre le Olimpiadi non sono gare qualsiasi. “Quello che i telespettatori vedono è solo una piccola parte delle Olimpiadi” commenta Cristina Chiuso, ex nuotatrice, che è stata la voce che ha raccontato il nuoto di Tokyo2020 ai telespettatori di Discovery+, che prosegue: “Raccontare i Giochi Olimpici a chi non li ha vissuti personalmente, è veramente difficile. Non possono essere neanche paragonate a un Mondiale. La convocazione, il viaggio, la squadra, il Villaggio Olimpico, gli atleti che arrivano da tutto il mondo, tutto questo fa parte di un spettacolo nello spettacolo. È impegnativo fisicamente, ma anche emotivamente perché l’atleta deve sapersi gestire in autonomia e questo non è scontato”.
Cristina Chiuso ha vissuto quattro Olimpiadi: Barcellona 1992, Sydney 2000, Atene 2004 e Pechino 2008. Uno spettacolo cui ogni atleta si deve preparare soprattutto psicologicamente, altrimenti può disorientare. “Federica Pellegrini dopo Rio ha avuto 5 anni per preparare fisicamente e mentalmente Tokyo2020, Simona Quadarella ha iniziato ad averlo come obiettivo dopo la mancata qualificazione per Rio, mentre se pensiamo alla giovane quindicenne ranista Benedetta Pilato, che è stata catapultata nella grande macchina olimpica pochi mesi prima della partenza, possiamo capire quanto può essere importante la figura di un mental coach che affianca l’atleta. Per quanto gli atleti siano fisicamente e tecnicamente preparati, l’aspetto mentale, non è mai da sottovalutare. E mai come in questa edizione è emerso in modo preponderante”, prosegue Cristina.
In qualsiasi altra gara, anche un Mondiale, l’atleta può arrivare anche con la spensieratezza data dalla giovane età. Ad un’Olimpiade bisogna prepararsi a cosa accadrà. Recentemente proprio la stessa Federica Pellegrini, dopo la nomina a nuovo membro del CIO (la campionessa azzurra è stata eletta nella Commissione Atleti del Comitato Olimpico Internazionale ottenendo 1658 voti, e rimarrà in carica per 7 anni) ha dichiarato che una delle sue priorità sarà proprio lavorare in questa direzione: “Quello che voglio fare nel CIO è rendere sempre più facile la vita di un atleta che approccia le Olimpiadi. Lavorerò sul benessere mentale, soprattutto dopo i casi che abbiamo visto”.
Chiuso commenta: “Sono convinta che la figura del mental coach debba essere sempre più presente nella crescita di ogni atleta, al pari dell’allenatore e del preparatore tecnico. Gli atleti non sono delle macchine, sono esseri umani e come tali hanno un bagaglio di emozioni da gestire che si intrecciano con pressioni interne ed esterne”.
Qual è il punto di partenza? “Secondo me è importante che ogni atleta accetti che l’attività agonistica sia solo una parte della sua vita. E’ importante che nella gestione mentale rientri anche questo percorso di accettazione del fatto che la carriera e le prestazioni siano destinate a modificarsi. Inevitabilmente. La capacità di ogni atleta nella sua evoluzione e nella sua maturazione come persona risiede anche nell’accettazione che la carriera sportiva è una parte che, per quanto meravigliosa, è destinata ad esaurirsi. Il lavoro mentale che ogni atleta deve fare è andare in questa direzione: capire che la vita è fatta di tanti altri obiettivi. Nel momento in cui l’atleta riesce a fare questo percorso, la prestazione diventa solo uno degli aspetti, l’ansia e lo stress si riducono, e si riesci a gestire meglio tutto il contesto” racconta l’ex nuotatrice.
In uno spettacolo sempre più mediatico, le pressioni interne si sono sommate a quelle esterne e si sono amplificate, arrivano dai social, dai media e dagli stessi giornalisti. “Noi come commentatori sportivi ci dobbiamo limitare ai commenti tecnici che riguardano le prestazioni e mai commentare l’atleta o tantomeno la persona che non viene mai messa in dubbio anche in presenza di una prestazione non ottimale dovuta magari proprio da una mancata gestione dello stress. Le controprestazioni esistono e fanno parte della vita di un atleta. Noi giornalisti abbiamo il dovere di sapere dove fermarci.”
I Giochi ormai si sono conclusi. Ricorderemo gli azzurri e le azzurre a Tokyo2020 per il numero record di medaglie e per il numero record di presenze femminili tra le atlete impegnate nelle varie discipline: 187 donne a Tokyo nella spedizione (197 uomini, 384 totale), il precedente primato era stato di 144 donne a Rio 2016 (con 170 uomini, 314 totale). Ma a bordo vasca si nota ancora una forte presenza maschile tra allenatori e preparatori tecnici. “E’ vero, è un ambiente ancora fortemente al maschile. Anch’io sono sempre stata allenata da uomini. A Roma sono stata allenata da Cesare Butini che è un grande allenatore di donne. Ma di donne capaci ce ne sono anche nel nuoto.” – conclude Cristina Chiuso.
Salutiamo allora questi Giochi con l’augurio che a Parigi 2024 potremo raccontare di nuovi e diversi contributi al femminile.