Per combattere la violenza contro le donne uno dei pilastri della Convenzione di Istanbul è quello della prevenzione che si costruisce attraverso il cambiamento culturale. Per realizzarlo è fondamentale ‘fare rete’ con il mondo delle università. Questo messaggio è stato rilanciato nel corso di un recente convegno in Senato promosso dalla commissione Femminicidio e da Un.i.re., Università in rete contro la violenza. All’incontro, proprio sul ruolo dell’università nel contrasto alla violenza di genere e in occasione del decimo anniversario della Convenzione di Istanbul, sono intervenute in diretta o con un messaggio le quattro ministre più coinvolte nella tematica: Elena Bonetti (Pari Opportunità e Famiglia), Marta Cartabia (Giustizia), Luciana Lamorgese (Interno) e Maria Cristina Messa (Università e Ricerca).
“La lotta alla violenza di genere deve essere combattuta con le armi del diritto, della legalità e della giustizia” ha affermato il presidente del Senato, Elisabetta Casellati nel messaggio di apertura sottolineando come “le università, che sono incubatori di innovazione e cambiamento culturale, possono svolgere un contributo determinante, come il progetto Un.i.re ha dimostrato”. Ed è questo il filo rosso che ha legato tutti gli interventi istituzionali. Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio di Palazzo Madama, ha ribadito che bisogna realizzare una “sfida culturale concentrata soprattutto su stereotipi e pregiudizi” ed ha insistito sulla centralità di “formazione e specializzazione degli operatori”: aspetti sui quali il ruolo di scuola e università è “fondamentale”. L’invito di Valente è di “portare a sistema”, nel mondo dell’istruzione e dell’università, le buone prassi come quelle sviluppate dalla rete Un.i.re.
Un progetto, coordinato dalla professoressa Marina Calloni, che nasce nel 2018 come rete di 9 Università. Un “laboratorio importante di una azione strategica e trasversale” ha rimarcato la ministra Bonetti, aggiungendo che il fatto che “le università si pongano come luogo capace di farsi laboratorio di conoscenza e proposta di soluzioni è estremamente importante e fondamentale, innanzitutto perché la violenza va riconosciuta”. Questo, ha aggiunto, comporta un “problema di analisi dei dati, di saper identificare tutti gli aspetti del fenomeno e saperlo collocare nella storia personale e collettiva perché solo così si possono mettere in atto quelle necessarie, urgenti e non rimandabili azioni per poterlo estirpare in via definitiva”.
E che proprio le università siano la sede naturale per sviluppare una “cultura della prevenzione” è stato rimarcato anche dalla ministra Messa che ha ripreso anche l’impatto del “fare rete”, rilevando che dal 2018 ad oggi il progetto Un.i.re. è cresciuto con l’adesione di 66 Università: “Si sono raccolti dati, informazioni, si sono scambiate pratiche, metodi di sensibilizzazione. E’ stato – ha osservato – un lavoro complessivamente positivo che ora bisogna portare ad alcune piccole implementazioni”. Nel campo della ricerca con un approfondimento della comprensione del fenomeno; in quello dell’insegnamento, orientandosi non solo verso professionisti e operatori ma anche in maniera trasversale verso tutti gli studenti, ad esempio con la promozione di corsi sulla violenza di genere come premialità sia per gli studenti che per i docenti. Importante, sia per Bonetti che per Messa l’attenzione al linguaggio: “L’università– ha sottolineato quest’ultima – lavora con le parole, quindi forse è il luogo più adatto per capire come le parole debbano essere usate”.
Punto di partenza nel contrasto alla violenza di genere, in ogni caso, deve essere quello della “parità di genere che va scelta in modo strutturale” perché dove c’è “asimmetria” si ritrovano le radici più profonde della violenza, ha ricordato Bonetti, aggiungendo inoltre che è “il momento di rendere strutturale l’avere un piano antiviolenza triennale e con risorse strutturalmente garantite”. Anche Lamorgese ha sottolineato come, ancora dopo 11 anni dalla firma della Convenzione di Istanbul, “il punto di partenza debba essere la riaffermazione della cultura del rispetto e della parità di genere”.
Nel corso dell’incontro, è stato evidenziato che sulla strada della legislazione e della repressione passi avanti importanti sono stati fatti, come il Codice rosso. Lo ha ricordato Valente; lo hanno ribadito le ministre Lamorgese e Cartabia, che hanno sottolineato inoltre l’importanza di un coinvolgimento ampio di tutti i soggetti interessati, a partire dalle istituzioni, nel contrasto alla violenza di genere. Certo, miglioramenti legislativi possono essere ancora realizzati, ad esempio per il coordinamento e la sinergia tra livello penale e civile. Allo stesso tempo, “le leggi – ha rilevato la ministra della Giustizia – sono importanti e necessarie ma le regole da sole non bastano mai a cambiare i costumi. E’ necessario un intervento culturale di forte sensibilizzazione specie nei confronti dei giovani”. Il progetto Un.i.re., valorizzando il ruolo delle università nel contrasto alla violenza di genere attraverso un’opera di ricerca, didattica e sensibilizzazione pubblica per la prevenzione del fenomeno, va in questa direzione.
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