Postcovid: abbiamo bisogno di onesti oppositori più che di leccapiedi

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Proteste in piazza, papiri sui social e partecipazione ad interviste per dichiarare il proprio appoggio o dissenso a fronte delle decisioni del governo. Il cambiamento che stiamo vivendo e le proposte per renderlo migliore scatenano sentimenti differenti e reazioni di varia intensità in chi li vive sulla propria pelle. Ma siamo davvero sorpresi che le persone reagiscano in modo così differenziato al cambiamento? Che tipo di risposta ci saremmo aspettati? Come possiamo rappresentarla?

Ricordo uno dei tanti campionati di pallanuoto, in cui la mia squadra a pari merito con un’altra si giocava la promozione in A1. Era una settimana decisiva ed era più che mai importante definire la strategia vincente per la partita successiva. Era lunedì sera e tutti pendevamo dalle labbra dell’allenatore: “Siamo primi in classifica, ma per vincere il campionato dobbiamo passare da una difesa a uomo ad una difesa a zona. Una zona a M ci permetterà di sfruttare la velocità degli attaccanti in ripartenza e rendere inefficaci le contromisure di tutti coloro che ci hanno sempre visto giocare così”. Senza entrare nel merito della scelta tecnica sul tipo di zona, la proposta aveva decisamente spiazzato la squadra. Il gruppo si divideva tra chi aveva fatto benissimo fino a quel momento e considerava folle qualunque cambiamento, chi avrebbe sposato ogni scelta del mister che ci stava guidando così bene, chi non aveva il coraggio di esporsi e chi avrebbe criticato più o meno visibilmente qualunque decisione presa.

Iniziando a studiare le reazioni delle persone al cambiamento mi sono più volte chiesto se le risposte della mia squadra potessero essere simili a quelle che si generano in altri ambienti organizzativi a fronte di una proposta di novità e se esistesse un modo per rappresentare queste reazioni in un grafico. La risposta positiva a questa domanda punta a facilitare da un lato chi promuove un’idea innovativa o semplicemente una soluzione nuova: una rappresentazione grafica consente una più facile lettura e comprensione delle reazioni dei suoi interlocutori. Dall’altra parte la visione di insieme che si può ottenere con un disegno, può permettere a chi ascolta l’iniziativa di cambiamento di riconoscere e contestualizzare la propria modalità di reazione. Questa consapevolezza condivisa tra leader e follower aiuta a semplificare lo scambio comunicativo e a vivere il cambiamento in maniera costruttiva, anche quando non è totalmente condiviso.

Ma quale rappresentazione utilizzare?  Della teoria della probabilità ho sempre apprezzato l’efficacia e la facilità di comprensione della curva normale di distribuzione, o curva di Gauss (per “gli amici” gaussiana) dal nome del matematico tedesco che l’ha teorizzata. Questa curva è spesso usata come “iniziale approssimazione utile a descrivere variabili casuali a valori reali che tendono a concentrarsi attorno ad un valore medio” (fonte Wikipedia). Una gaussiana, anche se non perfettamente riprodotta a livello grafico nella figura 1, può fornire una rappresentazione verosimile delle possibili reazioni al cambiamento.

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Iniziamo a percorre la curva da sinistra a destra per incontrare la prima categoria di persone: i “missionari”, talmente innamorati delle proposte del leader da non essere capaci di un’osservazione critica. A loro va bene tutto ciò che viene proposto, incondizionatamente. Il loro supporto può essere utile ad allargare la base di consensi, ma dev’essere gestito con attenzione. La totale devozione alla causa e al leader ha bisogno di essere moderata per non apparire cieca abnegazione e diminuire agli occhi degli altri la credibilità della proposta.

Subito dopo troviamo le persone “onestamente convinte”: sono coloro che hanno riflettuto su ciò che sta accadendo e, con i propri mezzi, hanno approfondito la risposta del leader valutandola in modo positivo. In genere non sono numerosi, ma sono i migliori da portare a bordo come “ambassador” credibili, capaci non solo di rispondere a domande e critiche ma anche di motivare le ragioni dietro alla scelta.

Ci sono poi gli “adulatori”, nel gergo comune anche “leccapiedi”. Sono coloro che non hanno una posizione ben definita, ma intravedono l’opportunità di stare dalla parte di chi è alla guida ed elogiano la proposta senza necessariamente averla condivisa fino in fondo. Con loro è importante attivarsi per un coinvolgimento reale, che superi la predisposizione ad una lode utilitaristica. La mancanza di una reale convinzione nel progetto può farli apparire per quello che effettivamente sono: lusingatori e tirapiedi.

Al centro della gaussiana troviamo la popolazione più numerosa: i “nascosti e silenziosi”. Molte sono le persone che non riescono a farsi un’idea né di come sarà il cambiamento, né tantomeno di come sarà la proposta risolutiva. Restano in attesa, fortunatamente in silenzio, senza esporsi. La sfida è capire cosa pensano realmente, probabilmente perché sono confusi anche loro. Conquistare il loro supporto e stimolarli positivamente al cambiamento è un passaggio fondamentale per avere il loro contributo. Lasciarli nella neutralità significa non avere a disposizione i numeri per un cambiamento duraturo.

Quando la curva inizia a scendere incontriamo i “membri della resistenza sotterranea”. Sono le persone che non trovano il coraggio di esporsi apertamente, ma nelle retrovie criticano e distruggono ciò che viene proposte. Difficili da scorgere, se non vengono riconosciuti e conquistati lavorano ai fianchi del cambiamento creando i danni peggiori. In questo gruppo troviamo sia coloro che, pur avendo costruito una propria posizione contraria, non hanno la forza di contestare a viso aperto, sia coloro non hanno una reale posizione ma per diverse ragioni sono più inclini a distruggere il lavoro degli altri senza esporsi. I secondi sono ancor più pericolosi dei primi, perché non accetteranno mai un confronto che non saprebbero sostenere con argomentazioni convincenti e la loro lamentela rimane spesso tanto invisibile quanto distruttiva. Per quanto possibile i “membri della resistenza sotterranea” vanno portati dalla parte del cambiamento; diversamente rischieranno di far crescere i dissensi influenzando negativamente i “nascosti” e gli “adulatori”, che non hanno posizioni solide.

Figure molto interessanti sono invece gli “oppositori onesti”. Sono coloro che hanno il coraggio della propria opinione: hanno riflettuto in maniera critica e oggettiva sul tema, non condividono il cambiamento e si espongono proattivamente per combatterlo. Da loro spesso nascono dibattiti e confronti costruttivi e se ascoltati possono portare spunti significativi per un cambiamento più solido e duraturo. Le loro posizioni sono ben radicate e per questa ragione è molto difficile coinvolgerli nel progetto di cambiamento. Ascoltarli in maniera ricettiva implica una forte maturità, ma può essere l’arma in più per l’efficacia dell’innovazione.

In fondo alla curva ci sono i “voglio lasciare”. Sono disinteressati e hanno abbandonato o addirittura a priori non hanno considerato l’idea salire sul carro del cambiamento. Al contrario degli oppositori non hanno interesse nel contrastare il nuovo. La strategia più efficace nei loro confronti è sicuramente quella di lasciarli andare per la loro strada.

Le caratteristiche dei profili potrebbero essere analizzate con maggiore approfondimento, ma lo scopo di questa ricostruzione è evidenziare in particolar modo la normalità, nel senso statistico e concreto del termine, delle differenti risposte al cambiamento che stiamo vivendo.

Voi vi riconoscete in qualcuna delle categorie descritte? Può darsi che vi ritroviate in più di una a seconda dei temi affrontati. Spero che la maggior parte di voi possa pian piano ritrovarsi tra i convinti e gli onesti oppositori, le categorie che, a mio avviso, riescono normalmente a fornire i più grandi contributi costruttivi. In questo momento distruggere serve davvero a poco a tutti.