Sembra più facile, restare da soli in questo periodo. Anche se non siamo più obbligati a stare in casa, anche se potremmo organizzarci per incontrare gli altri, è inevitabile chiederci se il gioco vale la candela, se lo sforzo vale il rischio, se invece non siamo destinati a pentirci quando, la settimana successiva al nostro incontro, a due soli gradi di separazione da noi qualcuno risulta “positivo”.
Il default è diventato quindi mettere qualcosa tra noi e gli altri. Un metro di distanza, una mascherina, lo schermo di un computer. Così proviamo a capirci, a stare insieme, a vendere e a comprare servizi, a creare nuove alleanze professionali e umane. E’ difficilissimo. Se sul lavoro le circostanze ci obbligano a continuare a muoverci, e quindi affiniamo sensi e pazienza per restare in gioco in una versione “blended” della realtà che un anno fa sarebbe stata fantascienza, nella vita privata ci sembra di poter scegliere un po’ di più, ed è facile scegliere di restare soli. Molti lo stanno scegliendo.
Chi non ha un amico o un collega che, semplicemente, non esce più? E’ naturale ritirarsi in tempi di incertezza.
Molti rimpiangono lo stato d’animo delle settimane del lock down, quando la scelta, semplicemente, non c’era. Era riposante, non dover decidere. Per tutti noi, nessuno escluso, la situazione di costante necessità di prendere decisioni nuove davanti a ogni cosa è terribilmente faticosa. Dalla scuola alla salute, dalla famiglia al lavoro: in ogni ambito dobbiamo continuamente riflettere sul modo migliore per fare le cose, accettare di prendere decisioni parziali e imperfette, confrontarci con chi vede le cose in modo diverso, ben sapendo che non esiste una sola risposta giusta. Se siamo fortunati, ci animano delle convinzioni di fondo, ma sappiamo che la realtà potrebbe sorprenderci in ogni momento. Lo sappiamo perché lo ha appena fatto.
E allora ritirarsi: chi non è obbligato ad avere relazioni, può semplicemente farlo. Un po’ alla volta potrebbe trovare intollerabile anche accendere la telecamera nelle video call: potrebbe aspirare all’invisibilità. Anche la mascherina, che ci nasconde e ci ripara, è il feticcio di un’invisibilità che può tentare. Smettere del tutto di provarci, a incontrare gli altri, per evitare di dover scegliere come e quando, e di doverci convincere del perché, e così facendo aspettare che passi.
Ma la solitudine, così confortante e sicura, non è fatta per gli esseri umani. Da soli, non sappiamo produrre ormoni come l’ossitocina, che ci fanno stare bene ed essere felici. Abbiamo bisogno degli altri perché ci fanno da specchio, e allo stesso modo loro hanno bisogno di noi. Abbiamo bisogno di essere “visti” per poter sopravvivere: come i fenomeni quantistici, che sono osservabili solo quando entrano in relazione – e non ne bastano due: ne serve addirittura un terzo per vederne due che si incontrano e, solo così, rendere reale il loro incontro.
Non è filosofia, ma biologia: la necessità della nostra specie di stare insieme.
Non è solo rispetto, ma istinto di sopravvivenza: il bisogno che sentiamo di poter guardare gli altri negli occhi per intuire se sono dalla nostra parte.
Non è solo per amore, ma per un istinto inderogabile, che prenderci cura gli uni degli altri ci è necessario da quando nasciamo, per tutta la vita.
Andiamo a cercarli, allora, quelli che hanno scelto di stare da soli: nelle strade o nello specchio. Per inseguirli e per stanarli basta un sorriso che traspaia dal video o che, per superare la barriera della mascherina, sia grande abbastanza da arrivare agli occhi. Il miracolo delle relazioni è che non sono un gioco a somma zero: la fatica è compensata da un ammontare di benessere che aumenta sia per chi dà che per chi riceve, finché semplicemente diventa impossibile distinguere l’uno dall’altro.