“Ci siamo scoperte più artigiane di quello che credevamo”, dice con un sorriso Roberta Bajona mentre ripercorre le tappe di Fiore Urbano, la startup creata con Nadia Benatti nel luglio del 2018 e sul mercato dal settembre successivo. “Quando avvii un’impresa devi sapere ascoltare due tipi feedback: da una parte il mercato, dall’altro quello che scopri di te stessa. La startup cresce, e noi con lei“.
Fiore Urbano è un servizio di consegna a domicilio di fiori freschi offerto in abbonamento. Ogni settimana (o alla cadenza stabilita) un nuovo mazzo, consegnato in bicicletta, per riscoprire il piacere lento di dedicarsi a decorare la propria casa. “Ho lavorato per 18 anni in grosse banche di investimento” ricorda l’imprenditrice. “Il mio momento zen era andare al mercato a comprare i fiori e poi ritagliarmi 10 minuti al giorno per prendermene cura e sistemare la composizione. E ogni volta pensavo: è un momento che ogni persona dovrebbe potersi dedicare“, aggiunge.
Fiore Urbano ha rappresentato un cambio di vita sia per Bajona che per l’amica – e oggi socia – Nadia Benatti che del passato racconta: “ho lavorato parecchi anni in banca e poi come imprenditrice del marketing digitale. In un momento della mia vita dove mi stavo nuovamente ripensando ho tirato fuori le mie passioni“.
Il business di Fiore Urbano è slow, locale, sostenibile e in linea con i ritmi delle stagioni. In una parola sola: artigianale, mirato a sostenere un’economia legata al territorio e cucito addosso alle sue creatrici. A partire dalla piattaforma di backend che, dicono con orgoglio “abbiamo costruito da sole in base alle nostre esigenze“. “Quando studiavamo il modello eravamo molto tecniche, poi ci siamo messe all’opera e abbiamo dovuto rimodulare tutto. Per fare impresa bisogna essere flessibili, comprendere velocemente dove fare delle modifiche, senza innamorarsi delle proprie idee ma seguire ciò che ritorna“, dice Benatti.
I bouquet sono a sorpresa e sempre differenti, gli unici criteri a cui rispondono sono la stagionalità e la disponibilità del momento. L’approvvigionamento dei fiori avviene in flower farm di prossimità. La sostenibilità non riguarda solo le materie prime ma anche altri aspetti del business. L’attività infatti fa “germogliare” altre realtà accomunate dall’attenzione ai criteri esg, dai biker che consegnano i fiori alle flower farmer che li forniscono. “L’aspetto più interessante di questa avventura sono le realtà con cui veniamo a contatto. Il fenomeno delle flower farms per esempio è ai suoi inizi. Spesso sono aziende gestite da giovani donne che hanno cambiato vita e hanno scelto di darsi alla produzione floreale in equilibrio con i ritmi naturali“, racconta Bajona.
Anche la formula dell’abbonamento è una scelta studiata e attenta alla salvaguardia dell’ambiente. È un modello che ottimizza il processo di acquisizione della materia prima e risolve il problema delle rimanenze che, molto spesso, data la delicatezza del prodotto, finiscono per essere buttate. “La nostra azienda non ha sprechi, compriamo solo quello che abbiamo già venduto” puntualizzano. Il business delle sottoscrizioni è in un momento d’oro. Gli abbonamenti si sono dimostrati ideali per la nostra economia digitale dove gli utenti possono fare acquisti ripetuti con pochi clic. E il modello piace anche alle imprese a cui offre entrate ricorrenti e fidelizzazione dei clienti.
Secondo un nuovo rapporto di MarketsandMarkets™ le dimensioni del mercato globale degli abbonamenti passeranno dai 4 miliardi di dollari nel 2020 a 7,8 miliardi di dollari entro il 2025, con un tasso di crescita annuale composto del 14% per il periodo di previsione.
Per quanto riguarda la clientela di Fiore Urbano “sono per la maggior parte donne con una media d’età tra i 40 e i 50 anni. Persone che amano i fiori ma non hanno il tempo di sceglierli o andare a comprarli; che vorrebbero la casa fiorita ma non riescono a occuparsene“, dice Benatti. Il privato è il primo target dell’azienda che però in futuro prevede di proporsi ad altri tipi di clientela. “Da quando è iniziata la nostra attività – raccontano – gli abbonamenti sono cresciuti in modo organico di circa il 5% ogni mese. Vendiamo bene anche l’abbonamento regalo, dove scegli il numero di consegne per un dono che dura nel tempo. Abbiamo rilevato un tema di stagionalità, ma il dato più importante in un business model come il nostro è l’alto tasso di retention del cliente. L’80% dei nostri abbonati resta, magari mette le consegne in pausa, ma poi ritorna. È una spia importante per noi, ci fa sentire soddisfatte di ciò che abbiamo costruito finora“.
I piani di espansione ora prevedrebbero l’allargamento della base di clientela e nuovi servizi ma per questo c’è tempo. Come spiegano le founder: “vorremmo esplorare il canale b2b, aziende e studi che gradirebbero i nostri mazzi nella loro reception, per esempio. E ancora stiamo cercando di capire se ci sono possibilità di cross selling. L’abbonamento ci dà un boost di regolarità e di volume. E’ quello che ci fa crescere in modo organico e crea la nostra community. Al contempo però stiamo facendo delle prove affiancando dei prodotti speciali. Ad esempio la ghirlanda sotto il periodo di Natale“. Anche l’allargamento dei confini di consegna è un tema da affrontare in futuro perché, dato che le consegne vengono fatte in bicicletta, per adesso l’azienda copre solo la città di Milano.
Le condizioni di mercato attuali però sconsigliano di bruciare troppo le tappe e quindi i timori legati al coronavirus hanno convinto le founder a rallentare per ora con i progetti futuri. “In questo momento particolare cerchiamo di tenere duro, non sono diminuite le consegne ma evidentemente le persone hanno altro a cui pensare quindi sono rallentati i nuovi ordini. Al momento, preferiamo aspettare prima di fare progetti di sviluppo per il futuro, ma siamo forti, una scrollata di spalle e via!”, ammettono.
Le imprenditrici sempre per il futuro non escludono eventuali operazioni con investitori istituzionali. “Il marchio ora si sta facendo a conoscere. Consegniamo tra i 30 e i 40 mazzi a settimana e in questa fase stiamo dimostrando il valore della nostra idea. Aprire il capitale a nuove risorse e investitori non è escluso. In futuro potrebbe essere interessante per ragionare su uno sviluppo del business per esportare il modello, renderlo replicabile e scalabile“, conclude Benatti.