Uomini, basta dirci “Bastava chiedere”

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Quando scrivere, anche con parole semplici e chiare che dovrebbero essere alla portata di tutti, non basta più, ecco che si ricorre all’immagine, al disegno, al fumetto. Quante volte avremmo voluto dire: “Non hai capito? Vuoi che ti faccia un disegno?”.

Bene, lo ha fatto per noi Emma Clit, una fumettista francese, blogger e ingegnera informatica nel libro a fumetti “Bastava chiedere, 10 storie di femminismo quotidiano” edito da Laterza. Ma forse più che femminismo quotidiano il sottotitolo sarebbe anche potuto essere quotidianità al femminile o qualsiasi altra declinazione che ben conoscono le donne che devono sopportare il carico mentale della famiglia, con e senza figli.

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La prefazione di Michela Murgia è magistrale: “Per molte di noi vedersi in questo libro sarà una rivelazione, per altre un dolore, per tutte un’opportunità preziosa”. “Bastava chiedere” è un libro da leggere e rilegge a noi stesse, ai nostri figli e agli uomini che ci circondano. In poco meno di cinque pagine la Murgia ben riassume il senso del libro e l’idea di matriarcato, maschilismo, femminismo e cassetti delle mutande che, a quanto pare, sono conosciuti solo dalle donne di casa. Un matriarcato che in buona sostanza è una managerialità imposta, dove le donne hanno le chiavi di casa, ma non ne escono mai. Dove avere la responsabilità della gestione familiare non significa averne il controllo. Dove essere un ingranaggio di un meccanismo profondamente patriarcale non rende le donne libere, neanche mentalmente, perché essere un ingranaggio, seppur fondamentale, non significa avere il controllo dell’intero macchinario.

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I fumetti di Emma mettono in luce proprio questo e insegnano a non confondere il matriarcato con il matricentrismo. Il fumettista è come il comico, semplifica con intelligente semplicità cioè che semplice non è e “Bastava chiedere” ha saputo regalarci esilaranti vignette tremendamente serie sul carico mentale delle donne, su “come complicarsi la vita per semplificare quella di chi amano, altrimenti non è vero amore. O non è una vera donna”. Emma ci disegna e ci fotografa quella sottile linea che separa il piacere dell’accudimento dei figli e la frustrazione dall’accudimento di quegli affetti che sarebbero in grado di accudirsi da soli. La vita familiare non è un tavolo dove sedersi, mangiare e alzarsi indisturbati ben sapendo che qualcuno metterà in ordine. Pensiamoci quando raccogliamo un calzino in salotto e l’altro in bagno o quando rinunciamo ad un aperitivo last-minute con i colleghi.

Fa ancora ridere? Non molto.