Nel mondo obliquo del gender gap declinato in tutte le salse, dall’accesso al mondo del lavoro passando per le differenze di retribuzione e per finire alle opportunità di carriera, le professioniste non fanno eccezione. Partono numericamente in minoranza nel percorso di lavoro e “corrono” con piombi pesanti ai piedi. Chi arriva al top degli studi è una mosca bianca.
Parte da qui, da chi ce l’ha fatta a infrangere il soffitto di cristallo l’inchiesta del Sole24Ore del Lunedì (in edicola il 13 gennaio) sulla diversity applicata al mondo degli studi legali. Con sei protagoniste di tutto rispetto, al top tra le realtà più importanti in Italia e all’estero: sei storie di successo e altrettante riflessioni su carriera, ostacoli, conciliazione tra vita privata e lavoro. E anche qualche strategia per limitare la disparità di chance nel mondo degli studi professionali.
In ordine rigorosamente alfabetico sono Giulietta Bergamaschi, milanese 50 anni, managing partner di Lexellent; Roberta Crivellaro, padovana, 53 anni, managing partner della practice italiana di Whitersworldwide nonché european leader della Business division; Barbara De Muro, bolzanina, 51 anni, partner di Lca e responsabile di AslaWomen. E ancora, Laura Orlando, milanese, 43 anni, managing partner di Herbert Smith Freehills e responsabile di Life sciences per l’area Emea; Claudia Parzani, bresciana, 48 anni, european managing partner di Linklaters e presidente di Allianz Spa e infine Stefania Radoccia, pescarese, 50 anni, managing partner Tax&Law di Ey.
Le loro voci e le loro storie sono lo specchio di una professione in cambiamento, anche nei grandi studi legali.