Sono politiche, sportive, artiste, scienziate. Sono donne che nel 2019 per la prima volta hanno raggiunto traguardi in settori solitamente appannaggio di uomini. Che hanno infranto porte o soffitti di cristallo o stabilito record impensabili fino ad ora. Come Mikaela Shiffrin, americana, la prima sciatrice che circa un mese fa ha collezionato la quarantunesima vittoria nello slalom, una in più di Ingmar Stenmark.
Le astronaute Christina Koch e Jessica Meir, della NASA, il 21 ottobre dovevano uscire nello spazio dalla Stazione Spaziale Internazionale per la passeggiata per sole donne dall’evocativo nome di Eva: per un guasto tecnico l’uscita è stata anticipata di tre giorni. Con una mission in più che ben si intona al proverbiale multitasking femminile: sostituire una unità di alimentazione difettosa.
Rimanendo al di qua dell’atmosfera terrestre, Zuzana Caputova, politica e attivista, è la prima donna a ricoprire l’incarico di Presidente della Repubblica Slovacca dal 15 giugno 2019 oltre che la più giovane al momento dell’elezione. Sempre in ambito politico, Ursula Gertrud von der Leyen, tedesca, membro della CDU, è diventata prima Presidentessa della Commissione Europea dal 1° dicembre 2019. E Sophie Wilmès, belga, è la prima ministra del Belgio a partire dal 27 ottobre, prima donna a ricoprire questa carica. Se guardiamo all’Italia, Marta Cartabia è la prima presidentessa della Corte Costituzionale. «Si è rotto un vetro di cristallo. Ho l’onore di essere qui come apripista» ha detto, riferendosi alla sua elezione con la quale per la prima volta una donna giunge a ricoprire la quinta carica dello Stato. E poi Anna Fasano, la prima donna a presiedere Banca Etica. In ambito accademico, al di là dell’Atlantico, Karen Uhlenbeck, professoressa emerita all’Università del Texas ad Austin, ha vinto il premio Abel per la matematica, prima a ricevere il riconoscimento dell’Accademia norvegese di scienze e lettere.
Ma in questo 2019 ci sono state anche donne che non si sono confrontate con porte e soffitti, ma hanno plasmato il cristallo, anzi il bronzo, inventandosi qualcosa di completamente nuovo, mai visto prima. Wangechi Mutu è la prima artista che ha esposto delle opere sulla facciata del Metropolitan Museum of Art di New York. Si tratta di quattro sculture in nicchie vuote dal 1902, su commissione del museo stesso. Originaria del Kenia, Mutu ha realizzato quattro cariatidi di bronzo, stilizzate nella tradizione di donne africane di alto rango, che sfidano la storia dell’eurocentrismo e del patriarcato dell’istituzione. C’è sempre una prima volta. Anzi, tante.