L’estate dei genitori soli

blond-blonde-caucasian-1458437

Strano mese, quello di luglio. Buona parte degli adulti che lavorano, quelli che hanno la fortuna di poterselo permettere e che scelgono di farlo, mandano i bambini altrove. Al mare, in montagna, in campi estivi, con nonni, baby sitter, educatori, amici. Senza di loro. La routine scuola-ufficio-casa si spezza in un sol colpo per un intero mese, a volte anche di più.

Salta la prima colazione al mattino: perché farla se non c’è una scuola da raggiungere e un bambino da nutrire? Sostituita da uno yogurt frettoloso e un caffè al bar. Salta la fretta di fare le commissioni lungo la strada: i supermercati aperti fino a tarda notte sembrano un luogo esotico da frequentare subito prima di andare a dormire, i corridoi vuoti e i cassieri assonnati, che fa tanto America.

Salta la linea immaginaria che divide l’orario di lavoro da quello dell’accelerazione verso casa: quando i bambini sono già lì da un po’, in altri modi organizzati, e l’elastico genitoriale inizia a tirare verso di loro, la cena, i compiti, i denti, il rifugio di serate casalinghe che più dolce e abitudinario non si può. Via libera quindi alle riunioni fino a tardi, agli aperitivi in posti che dall’estate scorsa hanno cambiato stile e spesso anche prezzi, si corre a chiamare amici pazienti (e conniventi) con cui si è provato a pianificare per mesi, finalmente liberi di lasciare il frigo vuoto, le scarpe in giro, il letto sfatto. Almeno per un po’ – spesso sono settimane di quattro giorni perché il quinto, se si può, si corre dai bambini – ci si sente di nuovo trentenni, ma con più soldi e meno aspettative.

Si tratta di una sregolatezza a tempo determinato, che proprio per questo non produce ansia.

Le coppie scoprono il tempo di essere ancora coppia. Può essere un regalo oppure no: c’è chi nella routine familiare nasconde alcune stanchezze, quindi teme i tempi morti. Le centinaia di migliaia di genitori separati, infine, sono di nuovo single. La casa è vuota e silenziosa, uno spazio così ampio da poter dare alla testa.

Ritrovarsi da soli, mattina e sera, anche insieme a qualcuno, ci mette di fronte alla nostra unicità: l’aggettivo “solo” non viene, come si potrebbe pensare, da solutus (sciolto, libero) ma da sòllus, che vuol dire “intero” o anche “unico”.

Interi e soli, diversi, per un mese all’anno. E forse anche questa è “vacanza”.