Violenza sui minori, il sistema non riesce a proteggerli

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Dall’Autorità garante per l’Infanzia e l’adolescenza arriva una fitta e documentata serie di richieste: basta a violenze sui minori, più servizi (asili nido, mense, parchi), più formazione per chi si occupa dei più piccoli, più voce alle esigenze dei bambini in caso di separazione dei genitori, più presenza con i figli dei genitori che lavorano. Insomma, per tirare le somme, la Garante Filomena Albano lancia un appello agli adulti perché diventino più responsabili riguardo ai bisogni di bambini e ragazzi. Il cahier de doleance contenuto nella relazione annuale dell’Autorità, presentata oggi in Parlamento, è ampio e va dalla scuola alle dipendenze alla necessità di inclusione alle devianze minorili. “Non lasciamoli soli”, è  il grido d’allarme di Filomena Albano.

La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – ha affermato la Garante – ha trasformato bambini e ragazzi da oggetto di protezione a soggetti titolari di diritti, ponendo le basi per un cambiamento nella relazione tra generazioni. Ciò però non può significare, come talora accade, che i genitori, la comunità e le istituzioni, senza assumersi le loro responsabilità, rinuncino al ruolo di guida nei confronti dei più piccoli. Quasi che l’aver assegnato loro dei diritti li abbia automaticamente resi capaci di orientarsi da soli nel mondo”. Sono tanti e articolati i cantieri aperti dall’Autorità. Tra questi uno dei più urgenti, anche in relazione alle ultime vicende di cronaca, è quello della violenza sui minori . Un tema su cui Albano è caustica: “Basta violenza in famigliaafferma – il sistema di protezione non ha funzionato“.

Per portare avanti i suoi compiti e realizzare gli obiettivi prefissati, l’Autorità chiede iI potenziamento  della struttura organizzativa e delle competenze. Sotto il primo profilo è necessario potenziare l’ufficio e aumentare il personale. Sotto quello operativo serve conferire maggiore incisività per gli atti dell’Autorità, anche strutturando la partecipazione dell’Autorità al processo di formazione delle norme. Sarebbe opportuno, per il Garante, “rendere obbligatoria la richiesta del parere dell’Autorità sugli atti normativi in corso di adozione in materia di infanzia e adolescenza, con la previsione, entro un tempo definito, di un obbligo di motivazione nel caso ci si discosti dal parere“.

Abbattere il muro del silenzio per contrastare la violenza sui minori

Sono troppi i casi di bambini maltrattati e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere. Ed è dunque indispensabile, per il Garante, intercettare prima le situazioni di fragilità, dare supporto alla genitorialità e far emergere il sommerso. I più piccoli, cioè, devono sapere di potersi sempre rivolgere a una persona di cui si fidano; gli adulti devono farsi “sentinelle” del loro benessere. Ma occorre anche rispondere all’esigenza di una raccolta dati costante e aggiornata sul fenomeno dei maltrattamenti e delle violenze.  A fronte poi della frammentazione di competenze e di livelli territoriali di gestione serve una strategia generale, che preveda anche attività di formazione di chi opera a contatto con l’infanzia per intercettare i segnali di violenza e segnalarli. Bisogna intensificare pure gli interventi in favore delle famiglie fragili. Non da ultimo, le istituzioni devono investire nella sensibilizzazione diffusa per la costruzione di una cittadinanza attiva e solidale. Ogni adulto deve sentirsi personalmente responsabile del benessere dei più piccoli per abbattere il silenzio che circonda le situazioni di violenza. Ai minori che hanno subito violenza vanno poi garantiti cure specialistiche, sostegno e protezione adeguati.

Un capitolo a sé meritano gli orfani da crimini domestici. La legge ad hoc, approvata a gennaio 2018, secondo l’Autorità, deve essere attuata completamente a fronte di a un fenomeno che impone anche l’introduzione di una serie di misure urgenti a tutela di bambini e ragazzi che sono due volte vittime. Si chiede dunque anche l’adozione del regolamento ministeriale per l’utilizzo del fondo previsto dalla legge. Bisogna poi riconoscere a nonni, zii o agli altri affidatari un contributo economico. Andrebbero infine attivate campagne di formazione per gli operatori impegnati nel recupero post trauma e assicurato adeguato sostegno psicologico per i piccoli.

Guardare alle separazioni anche con gli occhi dei figli

Tra gli altri cantieri aperti, sono sette in tutto quelli individuati dalla Garante, c’è quello dei rapporti familiari. Se educare significa innanzitutto essere presenti, vanno strutturati interventi di conciliazione vita-lavoro. Quando si diventa genitori, poi, non si è sempre preparati e vi sono situazioni di particolare fragilità nelle quali è fondamentale offrire, fin da subito, un supporto alla genitorialità .  Un altro caso in cui il bambino rischia di non avere voce, è quello della separazione della coppia.  La necessità di riorganizzazione quando il rapporto si scioglie, i contrasti, i cambiamenti e i problemi legati alla sfera economica possono distogliere dalle esigenze dei figli. In questi casi l’Autorità garante propone che divengano misura strutturale i “Gruppi di parola”, luoghi nei quali bambini e ragazzi si confrontano con i coetanei e rielaborano, con gli esperti, l’esperienza della separazione.

 Altri bambini e ragazzi per i quali è stata sollecitata un’assunzione di responsabilità da parte degli adulti sono quelli che hanno una madre o un padre detenuti. L’Autorità, per loro, ha promosso l’attuazione della Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”, rinnovata nel 2018. All’applicazione della Carta ha corrisposto un aumento del numero delle visite dei figli ai genitori reclusi: si è passati dalle 38.701 del 2016 alle 47.846 del 2018 (+23,6% ). Ora bisogna continuare su questa strada e intervenire per portare fuori dalle carceri i bambini: i 55 figli di detenute che ancora ad aprile vivevano dietro le sbarre insieme alle madri sono troppi. Infine bisogna conoscere quanti sono e chi sono i minorenni “fuori famiglia”, cioè che vivono in affido o in comunità. Non esistono numeri aggiornati, uniformi e completi sui giovani nelle strutture di accoglienza. L’Autorità chiede dunque l’attivazione di un sistema informativo in grado di raccoglierli.

Più mense, asili nido, parchi e banca dati per la disabilità 

Garantire stardard minimi uguali per tutti nell’accesso ai servizi dell’infanzia. E’ questo un altro aspetto cruciale per l’Autorità garante dei diritti dell’infanzia. Un risultato che si può ottenere attraverso uno strumento previsto dalla Costituzione e di cui l’Autorità sollecita alle istituzioni la definizione: i livelli essenziali delle prestazioni. Definire un livello essenziale significa rendere effettive le prestazioni su tutto il territorio nazionale e garantire la presenza uniforme di servizi che rispondono alle esigenze primarie dei minorenni. Quattro le richieste iniziali dell’Autorità che saranno approfondite in un documento: in primis una mensa scolastica di qualità in tutte le scuole, dai poli per l’infanzia alla primaria. Il secondo obiettivo è avere un numero di posti in nidi o micronidi per almeno un terzo dei bambini tra zero e 36 mesi della regione di residenza. L’Italia è lontana dal raggiungimento dell’obiettivo del 33% di copertura definito dal Consiglio europeo a Barcellona nel 2002 in quanto le 13mila strutture che offrono servizi per la prima infanzia mettono a disposizione in media il 23% dei posti. Terzo: occorrono spazi gioco pubblici per i minorenni da 0 a 14 anni ogni 10-15 km nelle aree urbane e ogni 20-25 km in quelle rurali, con caratteristiche di accessibilità e co-progettati con bambini e familiari residenti. Infine occorre una banca dati sulla disabilità a livello nazionale relativa alla fascia di età 0-17 anni. Sullo sfondo resta in Italia un’altra criticità di sistema: un minorenne su otto vive in condizioni di povertà assoluta. L’Autorità non manca di sottolineare poi il problema dei minori stranieri non accompagnati . Al 30 aprile 2019 erano 8.131 quelli presenti in Italia. Per questi minorenni l’Autorità chiede, tra le altre cose, una distribuzione uniforme sul territorio nazionale; una permanenza non superiore a 30 giorni nei centri di prima accoglienza; l’adozione di prassi uniformi nel rilascio dei permessi di soggiorno.

Devianza minorile: giustizia riparativa e interventi tempestivi

La devianza minorile è trasversale in tutta Italia e, su questo fronte, l’Autorità ha già sollecitato l’apertura di un tavolo permanente, con la partecipazione di minorenni e giovani adulti. Qualsiasi intervento non può che partire da una rete educativa che abbia protagonisti gli stessi minorenni.  Inoltre il 2018 è stato l’anno nel quale l’Italia per la prima volta dopo 40 anni di attesa si è dotata di un ordinamento penitenziario per i minorenni. Fino a quella data vigevano le regole destinate agli adulti. Sempre in tema di rapporto tra minorenni e giustizia, l’Autorità garante promuove la mediazione penale, una forma di giustizia riparativa. Si tratta di strumento utile sia per i ragazzi alle prese con un procedimento penale per ridefinire il senso delle regole e del rispetto, sia per le vittime, le quali trovano uno spazio per rielaborare il vissuto di quanto accaduto. Per l’Autorità  servirebbe inoltre una legge che introduca la possibilità di ricorrere alla mediazione penale nei procedimenti minorili fin dalle indagini preliminari.  L’invito ad accedere alla mediazione penale andrebbe inoltre rivolto anche ai minori di 14 anni che commettono un reato. Il fatto che non si intervenga penalmente sotto questa età non significache non si debba intervenire in alcun modo. Anzi, bisogna essere tempestivi, approntare cioè un intervento educativo proporzionato alla lacuna da colmare.

Campagne di sensibilizzazione per prevenire le dipendenze

Nei casi di dipendenza dei minori da alcol e droghe, dal ciclo di audizioni svolto dall’Autorità, è poi emerso che in Italia c’è un quadro disomogeneo riguardo all’offerta dei servizi sui territori.  Per il Garante, prevenzione e presa in carico, pure se precoci, sono solo due dei possibili interventi da mettere in campo. Servono anche campagne di sensibilizzazione per informare i ragazzi sulle conseguenze degli abusi. Va promosso il rafforzamento dell’autostima degli studenti e gli adolescenti che vanno coinvolti nella costruzione di siti e campagne di informazione. Bisogna, inoltre, aumentare, per il Garante, la frequenza dei controlli periodici da parte dei pediatri di libera scelta e dei medici di famiglia tra i 10 e i 14 anni. Sono infine da rafforzare, a livello locale, i controlli sul rispetto dei divieti di vendita ai minori di 18 anni nei luoghi da loro più frequentati.

Consapevolezza digitale e priorità scolastiche

 L’utilizzo sempre più frequente e pervasivo del digitale richiede l’assunzione di responsabilità, da parte dei ragazzi, ma anche degli adulti. I genitori devono essere consapevoli del fatto che i figli non sono loro appendici. Quindi prima di pubblicare immagini o dettagli della loro vita devono chiedere la loro opinione e ricordare che in rete le immagini restano per sempre. Un’acquisizione della consapevolezza degli adulti passa anche attraverso un investimento culturale e formativo a loro indirizzato. Questo vale ancor di più per i ragazzi: con l’entrata in vigore, nel 2018, del decreto legislativo 101 sulla privacy a partire dai 14 anni possono esprimere da soli il consenso al trattamento online dei propri dati personali. Perché ciò avvenga senza ledere i diritti dei minorenni, l’Autorità ha chiesto al governo che siano predisposti programmi formativi specifici per assicurare consapevolezza digitale tra i ragazzi.

Allargando lo sguardo alla scuola, sono almeno cinque le priorità individuate dall’Autorità che ha chiesto: edifici sicuri, salubri e accessibili; scuole aperte e a misura di studente per contrastare povertà educativa e marginalità. E ancora: programmi di promozione della cultura della mediazione, di educazione civica e all’affettività oltre che dell’uso consapevole della rete per contrastare bullismo e cyberbullismo; scuole inclusive per studenti con disabilità e per quelli a rischio di esclusione sociale. Infine una rilevazione tempestiva e un raccordo tra uffici scolastici, servizi sociali e tribunali per i minorenni per fronteggiare la dispersione scolastica.