Il prossimo 7 giugno il fischio di inizio dei mondiali di Francia accenderà i riflettori sul calcio femminile. Le calciatrici sono già protagoniste di copertine e nuove sponsorizzazioni. Come nel caso della capitana degli Stati Uniti, Alex Morgan, a cui il Time ha dedicato una copertina. O come Sara Gama, capitana della nazionale italiana, che ha sostituito Federica Pellegrini come testimonial di una marca di shampoo. Che differenza c’è fra Morgan e Gama? Nel 2016 negli Stati Uniti il Senato ha approvato una proposta di legge per riconoscere alle giocatrici della calcionale femminile gli stessi stipendi dei colleghi uomini. E in Italia? Le calciatrici restano dilettanti, anche quelle di Serie A.
“Redditi diversi” così vengono definite dall’art 27 lettera m) del TUIR – Testo Unico Imposte sui Redditi – D.P.R n° 917/1986 – le somme che percepite dalle atlete dilettanti in virtù della loro attività sportiva.
Più precisamente la legge li inquadra come “redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, ne’ in relazione alla qualita’ di lavoratore dipendente” e più precisamente fa rientrare in questa categoria “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali…”
Tra le discipline dilettantistiche, quella senz’altro più regolamentata è il calcio femminile.
La Federazione Italiana Giuoco Calcio all’interno delle NOIF – norme organizzative interne – e più precisamente all’articolo 94 quinquies emendato proprio l’anno scorso – regola gli accordi economici tra club e calciatrici.
La normativa richiede la forma scritta per questi accordi, che devono essere sottoscritti da entrambi le parti – in triplice copia – esclusivamente su modulo federale e depositati presso la Divisione Calcio Femminile. Il deposito è un passaggio molto importante perchè certifica il contenuto dell’accordo e soprattutto lo rende valido tra le parti. Giuridicamente parlando questo accordo è una scrittura privata che esclude ogni forma di lavoro autonomo o subordinato. Mentre nella maggior parte delle Federazioni italiane non sono previsti limiti di importi, la FIGC invece impone alle calciatrici un guadagno lordo che viene stabilito in 30.658,00 euro annui. Oltre a questo importo però la normativa prevede a favore delle calciatrici alcune somme extra che possono essere qualificate in tre diverse categorie.
Il club può stabilire infatti di corrispondere indennità di trasferta e rimborsi forfettari sia durante la fase di preparazione e/o durante la stagione sportiva ed anche in questo caso è la Federazione che impone importi massimi giornalieri.
Invece per quanto riguarda i bonus ( o voci premiali), la normativa non prevede limiti; in questo caso club e calciatrice li possono prevedere al raggiungimento di determinati obiettivi: collettivi (ad esempio la vittoria del campionato o la qualificazione in Champions League) oppure individuali (un numero di presenze stabilite o un certo numero di goal). Precedentemente gli accordi economici erano solo annuali, questo significava che ogni anno a fine campionato la ragazza doveva sedersi al tavolo con la dirigenza e ridiscutere il contratto per la stagione successiva che poteva anche essere peggiorativo.
Da qualche anno invece – più precisamente dalla stagione 2016/17 – la Federazione , su una forte spinta dell’ AIC – Associazione Italiana Calciatori (il sindacato di categoria) ha introdotto la possibilità di sottoscrivere accordi pluriennali – massimo di tre stagioni – e la contestuale eventualità di dare un’indennità per la durata pluriennale dell’accordo. Fortunatamente anche negli accordi economici della FIGC è stata tolta la aberrante clausola “anti gravidanza” per la quale se la calciatrice fosse rimasta incinta il club avrebbe potuto risolvere il rapporto.
Fino ad oggi quindi questa è l’unica modalità con cui vengono regolati i rapporti tra club e calciatrici, che ricordiamo essere inquadrate giuridicamente come dilettanti e per tale motivo impossibilitate a firmare contratti di lavoro subordinato come accade invece per i colleghi uomini.
Sicuramente più il calcio femminile si svilupperà, più ci sarà bisogno di adeguare la normativa per dare la possibilità di regolare al meglio i tanti e sempre maggiori interessi che nascono tra le due parti. Il tutto ovviamente di concerto con una riforma di più ampio respiro. Magari come quella sul professionismo sportivo. Intanto che la Nazionale italiana, qualificatasi dopo 20 anni ai Mondiali, abbia il tifo e la visibilità che si merita.