«Sogno di cambiare il mondo». La storia di Alessia che a 18 anni ha fondato la sua startup

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«Cosa sognavo di fare da grande? Cambiare il mondo»

Alessia Russo, classe 2000, ha 18 anni, compiuti due mesi fa, ed è un’imprenditrice. Il giorno dopo esser diventata maggiorenne, Alessia ha firmato l’atto di costituzione della sua azienda ipertecnologica nella Silicon Valley: la Drone Guardy che si occupa di droni e sicurezza.

Questa giovane donna determinata crede ancora in quel desiderio espresso quando era piccola. «Ero una bimba super curiosa con mille interessi e passioni» ricorda. Ma è durante l’adolescenza che capisce quale sia la sua strada: «A quattordici anni sono rimasta fulminata dal primo discorso che Emma Watson ha tenuto all’Onu nel 2014. Le sue parole mi hanno toccata dentro: “Vogliamo far finire l’era della disparità di genere, per farlo abbiamo bisogno che tutti siano coinvolti”. Per me lei era Hermione di Harry Potter poi l’ho vista in quella nuova veste di donna attivista. Ho compreso che anche io dovevo fare realmente qualcosa» confida Alessia che è amministratrice delegata della sua azienda e frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico internazionale Spinelli di Torino.
Alessia ama la scienza e ha partecipato alle olimpiadi della matematica: «Ma non immaginatemi come la classica nerd» scherza e aggiunge: «Sono anche un’atleta. Ho giocato per cinque anni a pallavolo».

alessia-russo3L’anno scorso è volata a Vancouver, in Canada, dove ha frequentato la quarta superiore: «È nato tutto lì» dice riferendosi a come ha avuto origine la startup di cui è cofondatrice insieme al fratello Simone Russo, considerato da Wired uno dei 5 giovani startupper under 35 più promettenti del 2015 grazie al suo progetto Immodrone. «In Canada c’è una mentalità completamente diversa dall’Italia. Tutti i miei coetanei avevano un lavoro e si autofinanziavano. Anche io ho deciso di cercarmi un’occupazione, per non essere da meno» – racconta Alessia – «All’inizio ho dato ripetizioni di matematica, fisica, chimica in inglese. Mi ha aiutato anche il volley, facevo parte della squadra della scuola. Ho conosciuto così tante persone, molti ragazzi e ragazze. Alcuni avevano aperto associazioni di volontariato o vere e proprie imprese». Alessia decide di fare uno stage in un’istituzione finanziaria di investimenti. Sono i primi passi nel mondo del lavoro.

L’idea vincente nasce proprio durante il soggiorno a Vancouver: «È una città in cui c’è molta sicurezza. Non mi sono mai sentita in pericolo. Quando sono tornata in Italia ho pensato che volevo continuare a sentirmi così sicura e libera. Dovevo fare qualcosa per diffondere le sensazioni che avevo provato in Canada». Alessia ne parla con il fratello che si occupa di droni. «Ho pensato di utilizzarli per migliorare la sicurezza delle nostre comunità e prevenire i crimini – spiega – Con una capillare rete di piloti, un drone può partire e raggiungere qualsiasi luogo, anche il più inaccessibile, in meno di dieci minuti, restituendo immagini in alta risoluzione in tempo reale e da varie angolazioni. Se scatta l’allarme nella nostra proprietà, con il drone io posso controllare sul mio cellulare o tablet cosa sta succedendo in tempo reale. È un metodo più preciso delle telecamere che a volte non consentono di vedere in maniera accurata».

Insieme Alessia e Simone partono per San Francisco. Direzione Silicon Valley. «Abbiamo iniziato con una piccola somma di denaro e tanto coraggio. Quei pochi risparmi che avevo li ho investiti nella startup. Siamo stati molto fortunati. Abbiamo trovato un ambiente dinamico che premia l’intraprendenza e la vitalità e offre inifinite possibilità. È stato essenziale sia il lavoro di networking che il lavoro materiale. Quindi creare il prototipo dell’app, preparare i pitch da presentare alla platea di investitori, elaborare le proiezioni finanziarie. Una vera e propria sfida che mi ha fatto crescere tanto» asserisce Alessia.

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Drone Guardy coniuga sicurezza e intelligenza artificiale. Nel suo team ha anche Davide Venturelli, scienziato italiano che lavora alla NASA specializzato in automazione dei droni. Ma non c’è solo l’ambito della videosorveglianza per i singoli privati, Alessia nella sua azienda si occupa anche della parte sociale, quella che in inglese è chiamata corporate social responsibility. «Ci metto tanto entusiasmo e passione» premette prima di spiegare cosa può fare la sua startup: «Ho pensato a un app per i terremoti, le catastrofi naturali o gli attentati. Quando si verificano, alcune zone sono inaccessibili e non è facile organizzare immediatamente i soccorsi. Grazie ai droni si può avere subito un quadro accurato della situazione che aiuta a risparmiare tempo prezioso e salvare la vita a chi si trova in pericolo. Per gli incendi, ad esempio, si possono usare i droni con le telecamere termiche che individuano i punti da cui si è propagato il fuoco».

Per ora la startup è in fase di sperimentazione in California con oltre 2000 piloti iscritti in poco più di un mese e a fine ottobre si chiuderà il primo round di investimento di 250.000 dollari. La scelta degli States non è casuale. «Il mercato della sicurezza negli USA – afferma Alessia – vale 67 miliardi di dollari, con una previsione di crescita costante che lo porterà a valere 82 miliardi entro il 2023. L’impatto della criminalità sull’economia americana, con 2 milioni di furti nelle case ogni anno, pesa 1 trilione di dollari all’anno. Due dati che ci hanno fatto riflettere. La sorveglianza potenziata da un drone può essere più veloce di qualsiasi guardia di sicurezza privata e può avere un forte effetto deterrente». I divi di Hollywood hanno scelto l’app per incrementare la sicurezza delle loro mega ville; il lancio in Italia, invece, è previsto l’anno prossimo.

«La novità degli ultimi giorni – aggiunge Alessia – è che abbiamo offerto l’utilizzo gratuito della nostra App alle forze di polizia e c’è stato subito molto interesse perché aiuta a pianificare al meglio le operazioni prima di arrivare sul posto». Mi racconta di quando lei e il fratello hanno presentato in Italia la loro azienda: «È capitato che le persone si rivolgessero sempre a Simone e non a me. Lui è il primo che in questi casi puntualizza che la startup l’abbiamo realizzata insieme, che l’idea è mia. La gente pensa che se sei una ragazza non puoi aver creato un’impresa, al massimo hai dato una mano o l’hai ereditata. All’estero non è così. Conta solo cosa sai fare, il tuo talento» sottolinea Alessia.
Appartiene alla generazione Z, è una figlia del nuovo Millennio abituata a pensarsi cittadina del mondo con la valigia in mano. Per ora si divide tra Torino e San Francisco, dopo il diploma vorrebbe studiare economia in California.

Non c’è solo il lavoro o lo studio, Alessia trova il tempo per far sport e uscire con gli amici. Dice di essere una teenager media, non si sente un modello: «Vorrei però poter dire una cosa alle mie coetanee e alle ragazze – chiede prima di salutarmi – Quando una persona ti guarda dall’alto in basso con gli occhi increduli perché le stai dicendo che vuoi realizzare un tuo sogno, non lasciarti abbattere assolutamente. Bisogna essere perseveranti perché poi arriverà il momento in cui incontrerai di nuovo quella persona e capirà che anche tu hai la stoffa per poter far qualsiasi cosa tu voglia».

  • Barbara |

    Che pena questo articolo…
    Ancora di più, forse, della storia che ci sta dietro…

  • piero beconcini |

    bravi, una bella idea

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