Arriverà velocemente un momento in cui ci guarderemo intorno e saremo soli. Il solo Paese in Europa a (far finta di) non aver capito che la società e la famiglia sono cambiate. Il solo Paese in Europa a continuare a parlare di figli solo alle donne. Il solo Paese in Europa a non saper immaginare che i Millennial – maschi e femmine – i figli li vogliono vivere insieme al lavoro e a tanto altro. Il solo Paese in cui la generazione X, invece di spingere per andare avanti, si è fatta tirare indietro su tutto: diritti umani, parità, famiglia, sogni, futuro. Negli altri Paesi, anche in quelli più simili a noi per natura e cultura, la generazione X – al potere – sta buttando giù muri. Lo fa in modo così naturale che a guardarli ci si domanda come si possa fare diversamente.
La Spagna, semplicemente, ha messo nella finanziaria un raddoppio del congedo di paternità, portandolo da 5 a 8 settimane, per arrivare gradualmente nel 2021 a eguagliare le 16 settimane del congedo di maternità.
Dal 2019, quindi, i papà spagnoli avranno diritto a otto settimane non trasferibili, retribuite al 100%. Costerà 300 milioni di euro: all’Italia ne costerebbe 100 “salvare” e portare a 10 giorni il moribondo congedo di paternità, che sparirà del tutto dal 2019, se non si decide e finanzia qualcosa con questa manovra.
In una generale e sorprendente indifferenza, il nostro Paese sta facendo un passo indietro che ha dell’incredibile – ma forse, tra l’avere due giorni (più due in via sperimentale) e non averne nessuno, è meno ipocrita segnare direttamente zero alla voce “condivisione genitoriale”. Oppure, ed è questo il pensiero che anima la petizione online che sta circolando in questi giorni anche alla Camera, se chiudiamo anche quello spiraglio così faticosamente aperto e difeso, nessuno si ricorderà più che, quando nasce un figlio, la cosa riguarda anche i padri, e molto.
La nascita di un figlio è sempre anche la nascita di un padre e di una madre, a ogni figlio e non solo al primo. Le ricerche rivelano che la cura quotidiana dei figli ha effetti anche biologici sugli uomini, abbassandone il livello di tensione. Per non parlare della distanza che si crea se un momento così intenso viene vissuto in modo radicalmente diverso dai due partner. Una madre immersa al 100%, quasi isolata in questo ruolo assoluto. Un padre ignorato dalla legge, dalla società e dal mondo del lavoro, perché visto unicamente come “breadwinner”: portatore di reddito. I due sarebbero poi anche una coppia (entrambi hanno diritto per legge a 15 giorni di congedo matrimoniale!), che insieme ha progettato e generato un figlio, che però dal momento stesso in cui nasce è immediatamente assegnato in toto solo a una dei due.
Per i nostri padri, i cosiddetti baby boomer, questo non era neanche un argomento di conversazione. Loro, i loro padri era tanto se li vedevano il sabato a pranzo, e si sono sentiti moderni nell’aprire un dialogo con noi verso l’adolescenza. Quando è toccato ai nostri mariti, forse per un attimo si sono domandati se non ci fosse qualcosa di strano, ma poi si sono guardati intorno e raramente hanno scelto di essere quelli che “creavano il problema”. Ma i trentenni li vediamo: il problema non se lo pongono perché lo considerano superato, al punto che quando si presenta li sorprende, e se possono orientano le proprie scelte verso l’“avere tutto”, esattamente come le loro coetanee. Certo, il diritto alla paternità viene dopo la soddisfazione dei bisogni fisiologici di base (una casa, il cibo, la sicurezza). Ma viene prima di ogni altro bisogno: la paternità riguarda infatti l’appartenenza, quel che sono e il mondo che creo e che mi appartiene, la mia identità. Per questo un giorno ci guarderemo intorno e scopriremo di essere soli, e allora dovremo correre per raggiungere tutti gli altri nell’inevitabile futuro che oggi stiamo inutilmente ignorando.