Da sempre, per molti bambini (anche se non per tutti), estate fa rima con vacanza. Dal mare alla montagna, passando per laghi e campagna, l’offerta è varia e a portata di mano. Purtroppo non per tutti i genitori anche a portata di tasca. L’ultima ricerca condotta da Save the Children a metà estate 2018 fotografa infatti uno scenario in cui più della metà dei bambini e degli adolescenti, in Italia, non può fare una vacanza di almeno quattro giorni lontano da casa e oltre 3 ragazzi su 5 tra i 15 e i 17 anni di età (quasi il doppio rispetto al 2015) non possono permettersi, per motivi economici, periodi ricreativi e di svago neanche più brevi.
“Un così alto numero di bambini e adolescenti che anche quest’anno non potranno trascorrere le vacanze estive per un breve periodo lontano da casa dimostra, ancora una volta, la forte correlazione che c’è tra le deprivazioni di carattere economico e la perdita, per i ragazzi, di opportunità educative necessarie per il loro futuro” ha affermato Antonella Inverno, responsabile policy e area legale di Save the Children.
I dati ISTAT registrano infatti che nel 2017 oltre 5,7 milioni di bambini e ragazzi – più del 56% del totale – non hanno potuto trascorrere una vacanza di almeno quattro giorni, un dato percentuale costantemente cresciuto rispetto ai due anni precedenti e che ha subito un’impennata fortissima rispetto al 2008, quando i minori in questa condizione non superavano il 40%.
E così anche la voce “vacanze” si aggiunge alla già lunga lista di beni cui le famiglie meno abbienti devono rinunciare. Quando le possibilità economiche si restringono la famiglia risparmia dove può. I recenti dati di Confesercenti hanno infatti fotografato una famiglia che ha tagliato dalle spese di bilancio familiare: istruzione, cure sanitarie, abbigliamento e tempo libero. Il periodo di vacanze è un concentrato di beni primari per i minori perché è l’incontro tra opportunità ricreative, ludiche e culturali fondamentali per la crescita del minore. I bambini che hanno avuto più occasioni per essere stimolati culturalmente dalla famiglia durante il periodo estivo dimostrano un arricchimento non solo del proprio vocabolario e del proprio bagaglio culturale, ma anche uno sviluppo delle competenze cosiddette “non cognitive”, quali l’autostima, le relazioni sociali, la creatività, le capacità di problem solving e l’affettività.
Ma per vivere vacanze felici e appaganti per l’intera famiglia quanto è importante uscire dalle mura domestiche? “Le vacanze rappresentano sicuramente un’occasione per instaurare nuove relazioni figlio-genitore e un momento importante di crescita per tutta la famiglia – spiega la dott.ssa Michela Prelli, psicoterapeuta specializzata in terapia familiare ad indirizzo sistemico relazionale. Dopo la routine dell’anno lavorativo i figli chiedono ai propri genitori del tempo per loro. Indipendentemente dalla meta della vacanza, che molto spesso è secondaria. La vera differenza è la qualità del tempo che si vuole dedicare ai propri figli. Avere la possibilità di trascorrere le vacanze di famiglia in un resort con i figli parcheggiati al mini club e avere la volontà di fermare il tempo ovunque ci si trovi e dedicare del tempo di qualità ai propri figli fa la differenza”. Ma quanto è difficile dedicarsi veramente ai propri figli? “Sicuramente richiede impegno – prosegue la dott.ssa Prelli. È difficile perché non ne siamo più abituati. I ritmi imposti dal nostro quotidiano non ci aiutano. Sempre di corsa, sempre con i minuti contati. E poi, è più facile riempire il tempo di tante cose che svuotarlo e imparare a scegliere con cura come riempire i nostri momenti anche con le parole. Uno dei momenti migliori per arricchire il tempo con i figli? Raccontare noi stessi. Il nostro vissuto familiare. Dovremmo imparare a condividere le esperienza della nostra storia, dei nonni e del nostro passato per creare nuove relazioni con i nostri figli. Creare una memoria familiare che si possa tramandare di generazione in generazione. Imparare ad ascoltare e a farsi ascoltare creando curiosità e interesse in uno scambio reciproco di racconti. Senza trascurare i silenzi e la noia”.
“Parlare di noia fa sempre sentire in colpa i genitori – conclude la psicoterapeuta. Avere paura che i figli in vacanza (e non) si annoino non deve intimorire gli adulti. Anche la noia è importante nella crescita dei bambini. Contrariamente a quanto si crede, non significa “sprecare tempo”. Far annoiare i bambini significa dar loro nuove opportunità e stimoli per pensare e per costruire un pensiero creativo. Significa regalar loro del tempo”.