Gay Pride di Berlino: Daimler, Siemens, BMW & Co sfilano contro le discriminazioni

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Daimler, Vodafone, Bayer, Siemens, BMW: queste sono solo alcune delle aziende che lo scorso 28 luglio a Berlino sono scese in campo per schierarsi in un’importante battaglia civile, quella per i diritti LGBTI e contro le discriminazioni sul posto di lavoro. L’occasione era la parata del Christopher Street Day (CSD), in altre parole il Gay Pride cittadino, nonché uno dei più grandi eventi CSD in Europa. Utilizzato esclusivamente nei Paesi tedescofoni per indicare le manifestazioni che celebrano l’orgoglio gay e rivendicano i diritti LGBTI, la denominazione Christopher Street Day si rifà alla storica rivolta omosessuale contro le violenze della polizia avvenuta nel 1969 in Christopher Street a New York, a seguito della quale nacquero i primi movimenti attivisti della comunità LGBTI. Quest’anno l’evento berlinese è giunto alla sua quarantesima edizione, celebrata con il motto “Il mio corpo, la mia identità, la mia vita!”.

gay_pride_parade_berlin_2017Accompagnati da una folla di centinaia di migliaia di persone tra Kurfürstendamm e la Porta di Brandeburgo, i rappresentanti delle grandi aziende in questione non si sono limitati a prendere parte alle celebrazioni in qualità di visitatori, ma hanno sfilato nel corteo tra glitter, musica e costumi appariscenti con carri propri, loghi e slogan in vista, facendosi ambasciatori della rivendicazione di una società e di un mondo del lavoro inclusivi e tolleranti. Nella corrispondente parata CSD a Monaco di Baviera, la compagnia assicurativa Allianz si è spinta anche oltre illuminando lo stadio Allianz Arena nei colori dell’arcobaleno, il simbolo del movimento per i diritti LGBTI in tutto il mondo.

Da circa cinque anni sono sempre più numerose le grandi aziende che partecipano alle parate CSD in Germania, a conferma della necessità e dell’importanza di prese di posizione pubbliche quando si tratta di lotta alla discriminazione sul pgay-pride-berlinoosto di lavoro. Nonostante ben 2.950 aziende e istituzioni in Germania abbiano sottoscritto la Carta della diversità (Charta der Vielfalt), un’iniziativa patrocinata dal governo federale che punta a riconoscere, valorizzare e includere la diversità nel mondo del lavoro, la quotidianità lavorativa è ancora troppo spesso caratterizzata da pregiudizi e forme di discriminazione nei confronti delle persone LGBTI. Stando allo studio Outing in ufficio?! (Out im Office?!) condotto nel 2017 dall’organo federale per la lotta alla discriminazione, se è vero che rispetto a dieci anni fa il tema dell’identità sessuale nei luoghi di lavoro in Germania viene affrontato più apertamente, ancora oggi circa un terzo dei lavoratori omosessuali (30,5%) tace la propria identità sessuale ai colleghi, dato che sale al 55,5% per i lavoratori bisessuali e al 69% per i lavoratori transgender. Inoltre il 76,3% dei lavoratori omosessuali e bisessuali ha dichiarato di aver subito episodi di discriminazione sul posto di lavoro; il 41,4% dei lavoratori transgender è stato vittima di forme di discriminazione transfobica. In alcuni casi tali episodi hanno ripercussioni dirette sul percorso professionale del soggetto colpito, traducendosi per esempio nel trasferimento o nel licenziamento. Ne consegue che la possibilità o l’impossibilità di tematizzare e manifestare apertamente la propria identità sessuale nel contesto lavorativo si riflette direttamente sul benessere del dipendente e sulla qualità del suo legame con l’azienda, a dimostrazione che l’inclusione e la tolleranza giovano a entrambe le parti.

Dai dati sulle esperienze dei lavoratori LGBTI in Germania emerge dunque un allarmante disallineamento tra la politica di tolleranza e inclusione sancita dalla Carta della diversità e la quotidianità lavorativa in cui pregiudizi e discriminazione risultano ancora oggi all’ordine del giorno. Tale disallineamento è sintomo del fatto che la sottoscrizione di un codice etico da parte dei datori di lavoro non è sufficiente a garantire la tutela dei diritti civili, ma deve essere accompagnato da un cambiamento a livello sociale, un cambiamento che le stesse aziende possono e devono contribuire a innescare, forti del proprio potere economico e del ruolo che ricoprono. Il fenomeno della crescente adesione di grandi aziende alle parate CSD registrato negli ultimi cinque anni in Germania sembra andare proprio in questa direzione, con le aziende stesse che escono dal silenzio che ancora troppo spesso investe il tema dei diritti LGBTI e si propongono come modelli di comportamento per incentivare un cambiamento dall’interno del mondo del lavoro. Qualcuno ha puntato il dito contro il valore pubblicitario dell’atto, ma è proprio lì che, se fondato su una sincera convinzione etica, risiede il potenziale: attraverso la partecipazione al CSD, Daimler, Siemens, BMW & Co contribuiscono a scardinare l’immaginario comune in cui i grandi colossi industriali vengono associati a un patrimonio valoriale conservatore, proponendosi piuttosto come “testimonial” della lotta alla discriminazione nei confronti delle persone LGBTI e promettendo di contagiare sempre più realtà lavorative, in Germania come all’estero.