In classe: Qual è il lavoro che non manca mai?
Prof, io lo so, ma non lo dico!
? … Ma no, no no, non alludo alle attività legate all’ultimo commiato, che tra l’altro sono svolte da personale maschile nel 99,9% dei casi … Intendo riferirmi al lavoro delle casalinghe, e a tutte quelle attività familiari che generano una produzione di beni e servizi altrettanto utile di quella di mercato, ma che non hanno prezzo (in più di un senso) …
I dati sull’uso del tempo delle persone in coppia con figli (Tabella 1 qui di seguito) mostrano che gli uomini lavorano più ore al giorno per il mercato, mentre le donne fanno la parte del leone nel lavoro familiare, e questa differenza di genere resta marcata anche quando entrambi i coniugi hanno un lavoro retribuito.
L’indice di asimmetria misura quanta parte del tempo complessivamente dedicato al lavoro familiare è svolto dalle donne in ogni tipo di attività. Il valore per l’aggregato è pari a 69,4%, ma vi sono significative differenze tra le varie mansioni. La collaborazione tra i sessi risulta infatti quasi paritetica per quanto riguarda gli acquisti di beni e servizi (56%), mentre lavare e stirare sono ancora quasi per intero appannaggio delle donne (95%). La collaborazione maschile è più presente nel lavoro di cura, dove le donne prendono in carico “solo” il 63% del totale, e meno presente nelle pulizie di casa (riservate ancora alle donne per l’80%).
L’aspetto più rilevante di questi dati emerge quando si sommano le ore di lavoro retribuito e quelle di lavoro familiare: il carico di lavoro quotidiano della componente femminile dell’occupazione risulta infatti nettamente superiore a quello della componente maschile (8:57 contro 7:54).
Tabella 1 – Tempo medio dedicato a determinate attività dalle persone in coppia con figli, in cui la donna ha un’età compresa tra 25 e 64 anni e in cui entrambi i coniugi sono occupati, in un giorno medio settimanale (durata media generica in hh:mm) [1].
Tipo attività di Persone in coppia con figli | Maschi | Femmine |
Dormire: mangiare e altra cura della persona | 10:46:00 | 10:44:00 |
Lavoro retribuito | 05:52:00 | 04:03:00 |
Lavoro familiare | 02:02:00 | 04:54:00 |
Lavoro domestico | 01:04:00 | 03:19:00 |
Acquisti di beni e servizi | 00:18:00 | 00:27:00 |
Cura di familiari conviventi | 00:40:00 | 01:09:00 |
Tempo libero | 03:48:00 | 02:52:00 |
Spostamenti finalizzati | 01:29:00 | 01:24:00 |
Dati estratti il 11 mag 2018 10:32 UTC (GMT) da I.Stat
Prof, ma ce li chiede nella verifica tutti questi numeri di ore e minuti?
No, vi chiedo di argomentare quali scelte, diverse da quelle attualmente osservate, potrebbero migliorare il benessere sociale e pertanto meritare di essere incentivate dalle politiche comunitarie.
Ecco, Prof, volevo appunto chiedere quello … ma se sono d’accordo loro, i coniugi, di dividersi il lavoro così, perché le politiche comunitarie si devono intromettere tra moglie e marito, spingendo per una maggiore condivisione?
L’obiettivo delle politiche di condivisione è quello di contrastare il condizionamento degli stereotipi di genere sul ruolo delle donne nell’economia e sui meccanismi allocativi del talento, ovvero sui processi di selezione che portano all’identificazione delle caratteristiche produttive degli agenti, e al loro abbinamento ai posti di lavoro nelle organizzazioni gerarchiche.
L’intreccio tra preferenze genuine e preferenze indotte dagli stereotipi è al centro delle ricerche di Akerlof e Kranton (2010). I loro contributi espandono la tradizionale analisi economica includendo nella funzione di utilità anche i costi e i benefici che derivano dalle decisioni sull’uso del tempo e dalle scelte di quelle professioni che sono ritenute dalle norme sociali non consone al proprio genere. Ne consegue che, a parità di ogni altra condizione, gli uomini massimizzeranno la propria utilità scegliendo attività, percorsi formativi e professioni “da uomo”, e le donne scegliendo attività, corsi di studio e mansioni “da donna”. Similmente, i datori di lavoro preferiranno assumere uomini nei ruoli “maschili” e donne nei ruoli “femminili”.
Ad esempio, la consistente letteratura sullo stereotipo del “maternal wall” ha evidenziato come ancora oggi la figura del “dipendente ideale” sia identificata da caratteristiche quali: “offrire una disponibilità incondizionata del proprio tempo alle esigenze lavorative”, “fare limitato ricorso ai permessi”, “assentarsi raramente dal lavoro”, “avere pochi impegni personali”, “non avere vincoli familiari”, e così via. Ma queste aspettative, retaggio di un passato in cui la forza lavoro era costituita prevalentemente da uomini che potevano delegare integralmente a mogli casalinghe le responsabilità del lavoro domestico e di cura, mal si adattano ai mercati del lavoro moderni, sui quali l’esigenza di utilizzare pienamente tutte le risorse di talento e di capitale umano di cui il sistema economico può disporre richiede una sostanziale partecipazione femminile alle attività produttive e ai percorsi di carriera, e rende necessaria una maggiore condivisione delle responsabilità familiari tra entrambi i coniugi.
[1] – La media considera sia le persone che hanno svolto l’attività in oggetto sia le persone che non l’hanno svolta, ma che appartengono alla tipologia in esame.