L’energia di Paolo Palumbo, venti anni, il più giovane malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) d’Italia, è contagiosa persino al telefono o via chat. Improvvisamente ci si sente coinvolti, sollecitati, invogliati a fare qualcosa, a telefonare, ad avvisare amici, parenti e conoscenti senza nemmeno saper dare una spiegazione a tale forza inarrestabile che non arriva – sia chiaro – da una richiesta esplicita, ma dal coraggio dell’esempio di chi si è rimboccato le maniche anche di fronte ad una situazione che possiede tutte le caratteristiche per essere definita drammatica. E’ una potenza inarrestabile che coinvolge tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarlo di persona, come è accaduto a Luciana Delle Donne del progetto Made in Carcere. Da Oristano, Paolo Palumbo, insieme ad una straordinaria famiglia, ha intrapreso una battaglia contro la SLA (patologia del motoneurone più comune, caratterizzata da una paralisi progressiva e diffusa, che porta alla morte): corre di casa in casa per conoscere i malati e i loro familiari per dire loro di uscire, di non chiudersi, di vivere.
Paolo fa tutto ciò che può, nonostante nel giro di meno di due anni sia già quasi paralizzato, abbia difficoltà a parlare, a deglutire e a respirare. «Ma non mollo un attimo, tengo duro» scrive al computer con il suo puntatore oculare, anche se ogni tanto deve fermarsi perché gli viene mal di testa. «Tutto ciò che la Sla mi ha tolto, me lo dà quotidianamente mio fratello Rosario, di un anno più grande di me, che ha lasciato tutto per fondersi con me come una persona sola. Ho solo un rammarico – aggiunge – eliminare per sempre quello sguardo di disperazione e sofferenza dal volto dei miei genitori. Volevo fare lo chef proprio come il mio papà, volevo fare l’Alma, la celebre accademia del grande maestro Gualtiero Marchesi, ma due anni fa, proprio mentre preparavo l’esame di ammissione, il braccio destro si è bloccato, pensavamo a uno stiramento muscolare, sono stato anche operato (perché la mia giovane età ha portato i medici fuori strada), ma dopo un po’ di tempo, anche il sinistro ha ceduto, e poi le gambe, là un medico ha capito realmente che si trattava di queste tre lettere terrificanti».
Paolo Palumbo non si arrende. Dopo aver conosciuto Antonio, 44 anni, da 5 affetto da questa patologia – per la quale ricordiamo non esiste ancora una cura – ha un’idea: vuole restituire ai pazienti tracheostomizzati e alimentati da una sonda allo stomaco (Peg) il gusto del cibo e dei sapori. Così nasce “Sapori a Colori” (Arkadia Edizioni), scritto insieme allo chef Luigi Pomata, che propone ricette omogeneizzabili per persone con problemi di deglutizione. Il volume è subito un successo, grazie anche alle campagne virali sui social network #IOSTOCONPAOLO #SAPORIACOLORI, e ad alcune partecipazioni televisive, anche alla trasmissione con Bebe Vio. Chiunque si sarebbe fermato almeno a tirare un po’ il fiato, e invece no, ecco che Paolo rilancia: «Successivamente mi sono reso conto che chi era tracheostomizzato non poteva mangiare nulla è allora ho studiato IL GUSTO DELLA VITA – racconta – un tampone che ridà il piacere del gusto a chi da anni non ce l’ha più, in pratica usando la cucina molecolare per estrarre le essenze dal cibo e trasferirla su un tampone che poggiato sulla lingua restituisce la sensazione di aver mangiato un piatto, ad esempio una carbonara, gelato alla vaniglia, tiramisù».
«Il progetto è molto ambizioso e potrebbe davvero rivoluzionare il settore visto che non ci sono attualmente competitors né in Italia né all’estero – spiega Emanuele Canegrati, economista e consulente della startup costituita per sviluppare il progetto e la produzione – si tratta di un’idea geniale – il tampone è più affine ad un integratore – che rappresenta un valore per la persona e per chi sta intorno perché punta a migliorare la qualità della vita del malato. Attualmente siamo nella fase di affinamento del prototipo per eliminare i difetti. Potenzialmente si rivolge ad una platea vastissima di destinatari affetti da disfagia». La disfagia può impedire o ostacolare il transito del cibo o dei liquidi dalla bocca fino all’ipofaringe o nell’esofago. Nella popolazione generale, la prevalenza di questa problematica varia dal 2.3% al 16%. Uno studio recente ha rilevato che nella popolazione caucasica la prevalenza di disfagia corrisponde a circa il 3%, ma nel caso della SLA, la disfagia è uno dei principali sintomi clinici che impatta negativamente sulla qualità di vita della persona, presentandosi nell’80% dei pazienti affetti. «Ci stiamo occupando di tutti gli aspetti, anche della brevettazione internazionale – aggiunge Canegrati – è importante sottolineare che si tratta di un’impresa con finalità sociali e Paolo sta pensando a quali progetti e a quali scopi benefici destinare gli introiti, quando la produzione sarà a regime».
Lo scorso anno è andato persino davanti a Barack Obama, a Milano per la convention Seeds&Chips: «Quando ho incontrato Obama a Milano lui è rimasto affascinato dalla mia storia e mi ha chiesto di partire per gli Stati Uniti per essere sottoposto ad alcune terapie sperimentali – ricorda Paolo – ma è rimasto colpito dalla mia risposta. NO!! Io sono uno dei quasi 7000 malati di SLA d’Italia e se si vuole fare davvero qualcosa, bisogna portare dei ricercatori qua e così mettiamo la parola fine a questa malattia. Lui non c’è rimasto bene, ma la scorsa estate mi ha fatto contattare dal suo staff, il mio appello non è rimasto inascoltato, insieme ad alcuni dei più illustri medici italiani, ho voluto creare il primo pool internazionale di ricercatori specializzati in SLA www.sladreamteam.com , in pratica prima erano 11 provenienti da ogni parte del mondo, adesso siamo sommersi di richieste di ricercatori da tutto il mondo che vogliono entrare nel pool. Questa è la mia storia credimi sono pronto a fare ancora tanto perché non sono solo». La raccolta di fondi è partita, ma bisogna correre.
Nel team c’è anche il prof. Vincenzo Mascia, neurologo e neuroriabilitatore, titolare della cattedra di genetica a Cagliari che, al lavoro accanto ai pazienti, affianca quello di ricerca provando a tracciare una mappatura della malattia in Sardegna, attraverso la raccolta del sangue.
Fino al 15 febbraio, infine, sarà disponibile sul sito dell’Aisla, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, il questionario stilato per avviare un’indagine e censire il numero di malati affetti da SLA in Italia. A seguito della raccolta di queste informazioni preliminari, dalla primavera 2018, il Registro SLA sarà fruibile online da tutti i diretti interessati. È un progetto finalizzato sia all’identificazione e censimento delle persone con SLA, sia alla creazione di una rete di collaborazione tra i centri clinici e gli specialisti, così da migliorare e agevolare, su tutto il territorio nazionale, la presa in carico delle persone affette da SLA. Un ulteriore obiettivo è quello di favorire l’arruolamento dei pazienti compatibili con i criteri richiesti in studi clinici italiani o internazionali che sperimentano nuove terapie.