Superavano il milione i posti di lavoro vacanti in Germania nel terzo trimestre del 2017, con una media annuale corrispondente a 700.000, il valore più alto dalla riunificazione: lo ha rilevato il dipartimento di ricerca della Bundesagentur für Arbeit, l’Agenzia federale del lavoro. Il dato segna un aumento di quasi 175.000 impieghi disponibili rispetto allo stesso trimestre del 2016. Gli ambiti maggiormente coinvolti sono il manifatturiero, quello dei trasporti e della logistica, ma si registra carenza di manodopera specializzata anche nel settore medico-sanitario, in particolare di tecnici e personale per assistenza agli anziani.
Con questi numeri (2,7%) la Germania si configura come uno dei Paesi europei con più posti di lavoro vacanti dietro a Repubblica Ceca (4,1%) e Belgio (3,6%): lo si evince dal comunicato pubblicato da Eurostat il 18 dicembre 2017.
Alla luce della fase di alta congiuntura che l’economia tedesca sta attraversando, il dato record potrebbe a prima vista apparire straordinariamente positivo. Nonostante la crisi e il progresso tecnologico, l’occupazione in Germania è in crescita da anni. Nel 2017 sono state 44,3 milioni le persone professionalmente attive, una cifra che segna un +1,5% rispetto al 2016, l’incremento più grande registrato dal 2007 ad oggi. Nel 2018 questo dato potrebbe salire fino a segnare un nuovo record: quest’anno il volume di lavoro dovrebbe raggiungere 60,58 miliardi di ore, una cifra mai registrata prima nella storia della Repubblica Federale Tedesca. A questi dati si accompagna una disoccupazione minima (5,3% a dicembre 2017 – 5,7% in media), la più bassa dalla riunificazione delle due Germanie e il mercato del lavoro più dinamico dell’Eurozona.
Ma mentre si festeggia il boom economico, confermato dai pronostici anche per l’anno appena iniziato, i datori di lavoro faticano a trovare manodopera specializzata e una impasse si fa sempre più probabile. Come emerge dai dati divulgati dall’Istituto di ricerca Prognos di Basilea, da qui al 2030 i posti di lavoro vacanti in Germania potrebbero addirittura triplicare, creando un effetto frenante per l’innovazione e la crescita.
Secondo gli esperti, per scongiurare l’imminente impasse lo Stato tedesco dovrebbe intervenire sul sistema d’istruzione, sulla formazione e “lavorare” soprattutto su tre gruppi sociali: donne, over 50 e immigrati.
Se negli anni in cui l’economia tedesca si fondava sull’industria pesante anche i meno qualificati potevano contare su svariate possibilità di impiego, oggi, con la prevalenza del settore dei servizi, una scarsa qualificazione si trasforma sovente in rischio di disoccupazione. Pertanto gli esperti auspicano un ribilanciamento di accademici e manodopera specializzata: a tal scopo i percorsi professionali devono tornare ad avere la medesima dignità degli studi universitari e la politica deve iniziare a orientarsi a soggetti socialmente svantaggiati con offerte formative specifiche e favorire professioni sociali oggi poco remunerate (per es. assistenza agli anziani).
I genitori, in particolare le donne, dovrebbero venire incentivati a tornare al lavoro dopo il congedo parentale. È necessario che lo Stato introduca misure strutturali che consentano la conciliazione di famiglia e carriera (per esempio servizi di babysitting) e favorisca il passaggio dal part time al tempo pieno. La realtà in Germania è però ancora ben lontana dal muoversi in questa direzione: la Repubblica Federale Tedesca è ventunesima su trenta Paesi nella classifica europea sulla conciliabilità di lavoro e famiglia, stilata recentemente dall’Istituto di Demografia di Vienna. La politica dovrebbe inoltre intervenire con misure economiche che incoraggino l’entrata o il rientro delle donne nel mondo del lavoro: il sistema di tassazione della famiglia detto Ehegattensplitting penalizza invece il secondo percettore, nella maggior parte dei casi donne, che di conseguenza opta per non lavorare o lavorare poco; allo stesso modo la possibilità esistente di assicurare gratuitamente il partner disoccupato rappresenta un incentivo a rimanere inattivi e anche in questo caso sono perlopiù le donne a venire colpite. Da tempo l’OCSE chiede alla Germania di intervenire per favorire una maggiore equiparazione dei sessi anche in ambito fiscale: «L’alta tassazione a danno dei secondi percettori scoraggia soprattutto le donne a esercitare una professione» ha dichiarato Pascal Saint-Amans, direttore dell’OCSE in materia di politica e amministrazione fiscale.
Considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, anche i lavoratori over 50 rappresentano un bacino cui attingere per risolvere la mancanza di forza lavoro specializzata. I datori di lavoro dovrebbero incentivare questa generazione di lavoratori esperti a rimanere attivi più a lungo, per esempio attraverso possibilità di aggiornamento e qualificazione, orari di lavoro flessibili, servizi di prevenzione sanitaria o programmi di affiancamento alle giovani generazioni. Sebbene in decremento, oggi la disoccupazione per la fascia d’età 55-65 anni è ancora la più alta in Germania (6,8% nel 2016).
Non da ultimo occorre che il Paese punti sulla manodopera straniera: secondo Detlef Scheele, direttore dell’Agenzia federale del lavoro, la Germania necessita ogni anno di 300.000 lavoratori qualificati da fuori. Questa lacuna potrebbe essere colmata grazie a una legge d’immigrazione che consenta di reclutare in maniera mirata e agevole forza lavoro straniera specializzata. La politica dovrebbe inoltre supportare le aziende tedesche nella ricerca sistematica di manodopera all’estero. Quanto ai rifugiati, Michael Hüther, il direttore dell’Istituto di economia tedesca a Colonia (IW), invita lo Stato a investire nella loro formazione e qualificazione: «Non possiamo illuderci. La maggior parte dei rifugiati non è idonea ad affrontare studi accademici in Germania. Pertanto la politica ha il dovere e l’interesse di indirizzarli a una formazione professionale, puntando sul sistema duale e sugli stage, le due vie maestre per l’integrazione nel mercato del lavoro» queste le parole di Hüther in un’intervista al quotidiano Die Welt.
Sembra paradossale per un Paese che da anni colleziona record su record in fatto di volume di lavoro, ma a detta degli esperti la Germania rischia una pericolosa impasse che ne potrebbe compromettere la velocità di crescita. Al momento il Paese non ha ancora un esecutivo, ma la carenza di forza lavoro specializzata sarà senza alcun dubbio una delle sfide più difficili per il governo che nascerà.