“Anche a me capita spesso che le persone mi fissino. E sai io allora cosa faccio? Le fisso anche io e così di solito la smettono!”. Questo il commento di mia figlia minore, mentre io e sua sorella le stiamo raccontando il film che abbiamo appena visto al cinema: “Wonder”. Un film che affronta il tema della diversità. Lei spesso è quella diversa in mezzo agli altri coetanei: l’unica dalla pelle scura, l’unica con i capelli afro, l’unica adottata. Sa cosa sono gli sguardi curiosi della gente, anche per la strada.
Appena uscito nelle sale e magistralmente interpretato da Julia Roberts, Owen Wilson e dal giovane e bravissimo Jacob Tremblay, il film è tratto dall’omonimo best seller di R.J Palacio. Il commento di mia figlia si riferisce alla scena in cui August, detto Auggie, il protagonista, deve attraversare il cortile della scuola tra gli sguardi incuriositi dei coetanei il primo giorno d’inizio della scuola media, che per lui coincide con il primo giorno di scuola di tutta la sua vita. Affetto dalla nascita dalla sindrome di Treacher-Collins, è nato con una malformazione cranio-facciale per cui ha dovuto subire 27 interventi che gli hanno permesso di sentire, di vedere, di parlare e di avere un aspetto meno deforme. A causa dei continui interventi e della paura della reazione degli altri bambini, che spesso si spaventano vedendo il suo viso, Auggie non è mai andato a scuola, ha studiato a casa con sua madre, protetto dall’amore della sua famiglia, e, quando cammina per la strada, preferisce indossare un casco da cosmonauta che lo protegge dagli sguardi morbosi dei passanti.
Quando compie 10 anni, i suoi genitori, pur tra mille paure e insicurezze, decidono che è arrivato il momento per lui di andare a scuola e di avere una vita come quella degli altri ragazzini della sua età. Ma l’impatto con il mondo esterno inizialmente non è facile per lui: viene preso di mira da un gruppo di bulli che continuano a prenderlo pesantemente in giro per il suo aspetto, si ritrova a mangiare da solo in mensa perché tutti lo evitano per paura che sia contagioso, ma piano piano con il trascorrere dei giorni riesce a farsi un paio di amici tra quei bambini che hanno il coraggio di andare oltre l’aspetto e scoprire che Auggie non solo è un bambino come gli altri, ma è anche meglio di tanti altri, un divertentissimo compagno di giochi dotato di un’intelligenza sopra la media.
Quest’esperienza aiuterà Auggie a crescere, facendolo uscire dal guscio, avvicinandolo agli altri, portandolo a scoprire che anche le persone che lui considera “normali e senza problemi” soffrono, si possono sentire sole, hanno delle difficoltà, esattamente come lui. Interessante la scelta del film, ripresa dal libro, di dividere la storia in capitoli mostrandoci il racconto dai punti di vista di vari personaggi, come per esempio la sua amata sorella Via, per capire come la diversità di Auggie incide e ha inciso nel bene e nel male sulle vite dei familiari.
Un film intelligente e delicato, che cerca di farci riflettere sulla diversità, senza fornire risposte preconfezionate ma parlando di emozioni e di sentimenti. L’autrice del libro, R.J. Palacio, in un’intervista a “The Telegraph” su come sia nata l’idea di “Wonder”, ha dichiarato: “Un giorno ero seduta su una panchina con i miei due figli e ho visto passare una bambina che aveva la sindrome di Treacher-Collins, una rara malattia ereditaria che colpisce le fattezze di una persona lasciando inalterato tutto il resto. Ciò che mi ha colpito non è stata la ragazzina, ma la mia reazione: sono stata presa dal panico, temevo che mio figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando, come aveva fatto alla festa di Halloween. Mi sono alzata di scatto, come punta da una vespa, ho chiamato l’altro figlio e mi sono allontanata di corsa. Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce calma, diceva: ‘Forse è ora di tornare a casa’. Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare questa esperienza”.
E noi, come reagiamo davanti alla diversità?