Se dovessimo proporre a un bambino di disegnare il Natale, probabilmente disegnerebbe Babbo Natale. Figura iconica di questa festa, portatore sano di magia, di fronte a lui deve capitolare anche lo spirito meno natalizio, nel momento in cui mette al mondo dei figli. Non c’è Babbo Natale senza un bambino che lo aspetti, e non ci sarebbe Natale senza Babbo, l’equazione è molto semplice. Ma molti genitori non possono fare a meno di chiedersi se sia giusto o no raccontare ai propri figli quella che in fondo è una bugia. Bella, magica, con un fondo di verità storica, ma pur sempre una bugia, che potrebbe minare il rapporto di fiducia tra adulto e bambino quando svelata.
D’altra parte se esiste una pagina di WikiHow che offre la procedura per spiegare ai propri figli che Babbo Natale non esiste, significa che il problema è sentito da molti.
Anche per educatori e psicologi è difficile prendere una posizione a riguardo. Dal punto di vista montessoriano, ad esempio, se è fondamentale mettere il bambino nelle condizioni di scoprire e osservare la realtà da solo, sembrerebbe una contraddizione raccontargli storie di renne volanti e impossibili passaggi dal camino, dato che non ne troverà conferma con l’osservazione. Ma in un mondo “a misura di bambino”, formula magica dell’approccio Montessori, la magia e l’immaginazione fanno parte dell’universo infantile e Babbo Natale in fondo personifica in sé la magia di questa festa. Di sicuro però non possiamo demandare a lui le nostre responsabilità genitoriali e il Natale tout court deve essere a misura di bambino. Nel senso che si dovrebbe vivere come una giornata non stressante, provando a rispettare i ritmi dei bambini in un clima sereno e positivo.
La dottoressa Chiara Scurati del centro Ieled di Milano, esperta in psicologia dell’età evolutiva, conferma che per la relazione di fiducia bimbo /genitore non è un errore a priori raccontare di Babbo Natale. Il modo in cui questa figura vivrà nell’immaginazione del piccolo dipende molto dal tipo di rapporto che è stato costruito. Il bambino può infatti scegliere di crederci in una sorta di gioco di ruolo (gioco a crederci) in cui si sta comunque affidando all’adulto. In seguito, con un processo graduale di dubbio e abbandono della fantasia a beneficio della realtà, sarà il bambino stesso a decidere coi suoi tempi quando svelare l’inganno. La cosa importante, per la dottoressa Scurati, è che “a Babbo Natale non vengano associati aspetti educativi. L’errore è farlo diventare una richiesta di comportamento positivo”. A tal proposito la dottoressa chiede anche ai genitori di riflettere sul gioco recentemente importato dagli Stati Uniti detto Elf on the Shelf. Non dobbiamo, infatti, sottovalutare la capacità di immaginare di un bambino, e quella che per noi è un’innocua caccia al pupazzo per il bambino può essere vissuta come una fonte di stress, se si pone troppa enfasi sul fatto che in casa si nasconda un elfo di Babbo Natale che controlla costantemente se il bambino fa il bravo o no.
Oltre a eludere l’aspetto di giudizio (dis)educativo di Babbo Natale, l’approccio steineriano tende a liberarlo anche da ogni ombra di consumismo. “Per noi il Natale è soprattutto attesa” spiega Massimo De Vecchi con il collegio maestri dell’asilo L’Altalena di Cernusco sul Naviglio., che prosegue: “Riempiamo il tempo di questa attesa con il lavoro, preparando doni che vengono portati a casa per essere condivisi con le famiglie. Cerchiamo di trasmettere il messaggio che donare è regalare un poco di noi stessi agli altri”. E in questo contesto Babbo Natale diventa “colui che dona senza aspettarsi nulla in cambio, l’archetipo dell’altruismo”. Un messaggio che gli educatori steineriani cercano di passare senza troppe parole, ma con le azioni quotidiane.
Raccontare o no di Babbo Natale ai nostri figli allora? Non c’è una risposta giusta o una sbagliata a questa domanda. Di sicuro ci sono molti modi per parlarne, dal racconto storico sulle azioni di San Nicola alla favola magica della slitta volante. Ricordando sempre che “la meraviglia, lo stupore, l’entusiasmo sono qualità insite naturalmente nel bambino” continua De Vecchi, che aggiunge: “Nostro compito è preservare e nutrire queste qualità”. E in fondo, ammettiamolo, sono i bambini che mettono magia nel nostro Natale di adulti, e non viceversa.