La parola ‘femminicidio’ nel non lontano 2006 ricorreva in soli tre articoli in tutta la stampa italiana. Nel 2011 è presente in 51 articoli per poi passare a 751 nel 2012. Nel 2013, l’anno della legge sul femminicidio e del riconoscimento del termine da parte dell’Accademia della Crusca, si registra un vero e proprio boom: la parola è presente in 4.986 articoli. Sono numeri raccolti nel libro “Relazioni brutali. Genere e violenza nella cultura mediale” di Elisa Giomi e Sveva Magaraggia. Si tratta di un’indagine molto accurata non solo sulla violenza maschile contro le donne, ma anche sulla violenza femminile. Due fenomeni per le autrici speculari benché di portata diversa che sono analizzati nella loro copertura mediale. Passandone in rassegna la rappresentazione attraverso le serie Tv, le cronache nazionali, la musica e la pubblicità.
Scopriamo così che, al diffondersi del termine femminicidio, è seguita anche una rappresentazione del fenomeno nelle cronache giornalistiche migliore del passato. Pur permanendo, soprattutto nell’infotainment, tendenze a colpevolizzare la vittima o giustificare il colpevole (che è stato “colto da un raptus” o “che ha ucciso al colmo di un litigio”), negli ultimi anni si è iniziato a rappresentare i moventi dei femminicidi o della violenza nei confronti delle donne come questione di un’identità maschile incapace di accettare il rifiuto.
Stesso discorso vale per le fiction. Un settore dove si registra il caso positivo di produzioni recenti che prendono posizione contro la tendenza a colpevolizzare la vittima. Basti pensare alle protagoniste di “Non uccidere” e di “L’allieva” (prodotte dalla Rai), che vedono la violenza sulle donne più come prodotto sociale e culturale che come frutto di semplice gelosia.
Leggendo “Relazioni brutali”, facciamo caso anche alla valenza di testi musicali che magari abbiamo canticchiato spesso senza pensare al significato profondo delle parole. Testi che affrontano le complesse relazioni tra uomini e donne nel modo sbagliato. E purtroppo questa tendenza è presente anche in alcuni prodotti musicali recenti. Scorrendo una selezione di canzoni italiane, scritte dal 1979 a oggi, che contengono dei riferimenti, più o meno espliciti, alla violenza di genere e all’umiliazione, si scoprono ad esempio brani che mettono in scena relazioni di coppia in cui della figura femminile vengono magnificate devozione, disponibilità, dipendenza e fragilità. Oppure testi dove la donna viene svilita e degradata o dove, come in alcune canzoni del rap contemporaneo, oggettivazione sessuale e svilimento sono spesso protagonisti.
Il caso della musica, affrontato in tutte le sue sfaccettature, fa il paio con quello della pubblicità. Nel repertorio dell’advertising contemporaneo emergono strategie inedite come la deumanizzazione del soggetto femminile, l’animalizzazione, la “cadaverizzazione”, iniziata dalla serie Tv in cui, immagini e storie di donne morte hanno al contempo una forza ossessiva e una funzione disciplinante.
Al termine di una precisa e documentata carrellata dei casi in cui i diversi media affrontano la violenza maschile contro le donne e la violenza femminile, si ci sofferma sul legame del femminismo con questi due fenomeni. Le autrici ricordano la tesi secondo cui la saturazione dello spettro visivo e narrativo con storie e immagini, spesso eroticizzate, di donne violate e/o uccise è la risposta alle conquiste femminili nella vita sociale, politica, economica. I corpi di queste donne, immobili e privi di vita, sono contrappunto ai corpi attivi e mobili delle donne che, a partire dagli anni ’70, hanno messo in discussione gli ‘appropriatri’ confini tra pubblico e privato e acquisito crescente visibiità. Anche l’opposto fenomeno della proliferazione di donne a diverso titolo violente, spesso letali, è da considerarsi risposta alle tensioni generate dalla ridefinizione dell’ordine di genere: ne è cioè spia e catarsi al tempo stesso.
Un’indagine, quella portata avanti da “Relazioni brutali” per chi vuole studiare e appronfondire la violenza di genere e la sua rappresentazione mediatica. Per chi vuole capire di più il linguaggio dei media che, attraverso parole, musica, immagini, ci bombarda fin dall’infanzia e a cui siamo troppo spesso assuefatti. Tanto da non accorgerci neanche del suo significato più o meno recondito e delle sue conseguenze.
“Relazioni brutali” di Elisa Giomi e Sveva Magaraggia (casa editrice Il Mulino)
ELISA GIOMI insegna Sociologia della comunicazione e dei media e Media and culture all’Università Roma Tre. E’ autrice di nunmerosi studi sui linguiaggi e pubblici televisivi e sulle rappresentazioni di genere nei media. Tra i suoi lavori “Gender e Media”, e “Really Good at it: The viral charge of Nancy Botwin”.
SVEVA MAGARAGGIA insegna Metodi di ricerca qualitativa nell’università di Milano-Bicocca. Tra i suoi libri “Essere giovani e diventare genitori. Esperienze a confronto”, “Genere e partecipazione politica” e “Uomini contro le donne? Le radici della violenza maschile”.