Ci sono romanzi che pur non parlando di politica o storia, riescono a restituire un’immagine della società ancora più reale di quanto farebbe un saggio. Sono romanzi che raccontano la parte più privata dell’esistenza: quella che si svolge tra le mura domestiche, nei rapporti genitori-figli e anche in quelli tra uomo e donna, prima innamorati e poi non più. La scelta di Sudabeh è uno di questi. Si tratta del primo romanzo della scrittrice iraniana Fattaneh Haj Seyed Javadi, uscito in Iran nel 1998 (e giunto ormai alla 56esima edizione) ma pubblicato in italiano da Francesco Brioschi editore solo quest’anno. Protagoniste del romanzo due donne, zia e nipote, accomunate dalla stesso destino: essersi innamorate di un uomo che la famiglia, per motivi culturale e di censo, non approva. Un Romeo e Giulietta ambientato in Iran quindi? Tutt’altro. Javadi, pur essendo molto schiva quando si parla di politica, ha in realtà raccontato con estremo realismo la vita delle donne iraniane, senza tralasciare gli aspetti più duri.
Il suo romanzo è stato celebrato come l’esempio di un nuovo tipo di letteratura, capace di descrivere la società attraverso storie private. Era questa la sua intenzione?
In realtà quando ho scritto il romanzo ho risposto più che altro a un mio bisogno interiore. Volevo però sicuramente far vedere che come vivevano i giovani in quegli anni e raccontare la forza dell’amore che, ahimè, è sempre cieco.
Quanto sono cambiati i giovani iraniani rispetto a quelli che lei descrive nel romanzo?
I giovani i oggi, come in qualsiasi parte del mondo, sono molto diversi da come eravamo noi alla loro età. Hanno tutti, per esempio, un livello d’istruzione più alto e questo riguarda anche le ragazze.
Come vivono oggi le ragazze nel suo Paese?
Come le ho detto studiano, lavorano e spesso, proprio per proseguire gli studi e specializzarsi, hanno iniziato a sposarsi e avere figli molto più tardi. Inoltre negli ultimi anni le donne hanno cominciato a lavorare nei centri commerciali come commesse, cosa che prima non era consentita. Pensi che in molte provincie sono proprio loro, con il loro stipendio, a sostenere la famiglia e fargli fare un salto di qualità a livello economico. In generale direi che anche qui le giovani non sono interessati più solamente a essere madri o mogli.
E quanto è cambiato invece l’Iran in questi anni?
L’Iran, a mio parere, assomiglia molto a qualsiasi altro Paese occidentale. E si tratta di un cambiamento che non ha interessato solo Teheran ma tutto il Paese anche se si è trattato, ovviamente, di un processo graduale. Sono sparite per esempio tutte quelle tradizioni e quei riti che descrivo nel romanzo come il fatto che donne e uomini vivessero completamente separati e non si vedessero fino al matrimonio.
Nel romanzo ci sono diversi episodi di violenza contro le donne, tanto da farla apparire come una pratica diffusa soprattutto tra gli strati sociali più bassi. È ancora così?
Nel romanzo (ambientato un secolo prima rispetto all’anno in cui venne scritto ndr) la violenza è una pratica diffusa in tutte le classi sociali e anche nel rapporto genitori-figli. Direi però che oggi questa forma di violenza è quasi scomparsa. I figli, anzi, vengono protetti e lodati. Mentre per quanto riguarda il rapporto uomo donna di sicuro ha aiutato molto l’aumento del livello d’istruzione generale.
Che cosa rappresenta per le donne iraniane dover rispettare un codice di abbigliamento?
Si tratta di una legge del Paese e quindi come tale va rispettata e basta. Non c’è molto altro da aggiungere.
Con la sua opera ha mostrato che le donne possono e sanno esprimersi e fare letteratura. E oggi le scrittrici iraniane sono molto lette e apprezzate. A cosa si deve questo successo?
Sicuramente sono brave a scegliere le tematiche giuste, inoltre hanno una buona padronanza dello stile. Ma credo che la chiave del successo mio e di tante colleghe che come me hanno raccontato il nostro Paese da una prospettiva inedita, sia stata soprattutto la capacità di dire cose che non erano mai state dette e di farlo con una sincerità e una sensibilità che non era ancora stata utilizzata nella letteratura iraniana.