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Se chi lavora si sente solo, il problema è (anche) dell’azienda

  • 29 Settembre 2017
  • Riccarda Zezza
  • At work

faccia-cartone

Sempre più connessi, eppure sempre più soli. E, anche per il mondo del lavoro, la solitudine può diventare un problema: il sentirsi soli è infatti uno dei sintomi più chiari di uno stato di “burnout” che determina anche stanchezza e demotivazione. Il più recente “General Social Survey” dell’Università di Chicago rivela che oggi ci sentiamo due volte più stanchi, soli e stressati di 20 anni fa.

Secondo le autrici del libro “The happiness track”, Emma Seppala e Marissa King, addirittura una persona su due afferma di essere “burn out”, a prescindere dalla professione che esercita. Nel loro articolo sull’Harvard Business Review, le ricercatrici citano anche ricerche che indicano come la solitudine possa avere un terribile impatto sia a livello psicologico che fisico, arrivando a influenzare salute e longevità delle persone. Secondo una ricerca dell’Università della California, se l’obesità può ridurre la longevità del 20%, il bere del 30% e il fumare del 50%, la solitudine potrebbe battere tutti e avere un impatto fino al 70% – ponendosi anche tra le potenziali cause di infarto.

In effetti altri studi, osservando il fenomeno dal lato positivo, dimostrano che avere relazioni sociali migliora il sistema immunitario e abbassa i tassi di depressione.

Come si può tradurre questo in leve competitive per le aziende? Che cosa possono fare i dipartimenti HR per avere collaboratori più felici, sani, motivati e longevi?

Sempre secondo l’Harvard Business Review, la ricetta è abbastanza semplice:
1) promuovere una cultura aziendale di cura degli altri, empatia e inclusione: praticare la compassione sembra aumentare la capacità di resilienza dei team;
2) stimolare la creazione di network informali tra colleghi: rimuovendo le barriere alla condivisione di temi anche personali, e dedicandovi se possibile anche degli spazi, sia fisici che temporali;
3) infine, saper festeggiare i successi, anche piccoli, per portare periodicamente ventate di energia positiva.

Ne vale la pena? Sì, se crediamo ai dati resi disponibili di recente dalla società Gallup: avere persone al lavoro disingaggiate e demotivate significa avere il 37% in più di assenteismo, il 49% in più di incidenti e una profittabilità più bassa anche del 16%.

Tags:
  • Carriera
  • General social survey
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