Specialmente quando si parla di donne, gli studi più recenti indicano che più il potenziale è alto, più è alta l’ansia da prestazione e la paura di sbagliare. Nelle università americane, la cosa viene affrontata con dei veri e propri curricula formativi. Lo Smith College, per esempio, ha recentemente lanciato il progetto “Sbagliare bene”: chiedendo ai docenti e alle studentesse con la reputazione migliore di mettere in mostra i loro errori più grossolani, ma anche proponendo corsi che qui in Italia spopolerebbero (o no: mi sto forse illudendo?).
Per esempio, chi non vorrebbe partecipare a un corso che si intitola “Come smettere di pensare troppo”, e subito dopo correre nell’aula dove ti insegneranno come evitare “il fenomeno dell’impostora: come mai così tante donne di talento pensano di essere un bluff”?
Sì, sbagliare bene richiede delle vere e proprie competenze, e laddove si pensava che venissero apprese in modo naturale da bambini, oggi è sempre più vero che neanche ai bambini è consentito di godersi un sano sbaglio e affinarne l’arte. Secondo lo Smith College, si tratta di competenze molto preziose:
“Quando sai sbagliare bene, ti si apre il mondo. Non esiste sfida che tu non possa tentare, perché saprai come rialzarti quando verrai messa a terra. Il tuo potenziale di cambiamento, la tua dose di possibilità, diventano illimitati”.
A dirlo di recente è stato anche il World Economic Forum, attraverso la ricerca in cui la psicologa Carol Dweck rivela che nella vita di una persona, per avere successo, l’attitudine è più importante del quoziente intellettivo. La ricercatrice ha infatti scoperto che persone con un alto QI ma con quella che lei chiama “una mentalità rigida”, non sono in grado di reagire in modo costruttivo ai fallimenti e alle difficoltà della vita: credono che tutto dipenda da forze esterne alla propria. Persone che hanno invece magari un quoziente intellettivo inferiore ma che hanno una mentalità “di crescita” affrontano le difficoltà pensando di poterle superare e di poter migliorare se stesse. Gli sbagli, i fallimenti, le sconfitte sono informazioni preziose per chi li sa vedere come tali.
Vediamo se possiamo farci ispirare da questa carrellata di personaggi con una “mentalità di crescita”, che evidentemente sapevano benissimo come reagire a un fallimento:
Walt Disney fu licenziato dal Kansas City Star perché non aveva immaginazione
Oprah Winfrey fu licenziata da una TV di Baltimora per essere “troppo emotive e coinvolta nelle storie”
Henry Ford ha fatto fallire due società di auto prima di avere successo con la Ford
Steven Spielberg è stato respinto diverse volte dalla Scuola di Cinema della USC
Avanti il prossimo, o meglio: la prossima. Siamo pronte a celebrare i nostri fallimenti? Secondo me sì, e sembra anche divertente…