Poche ma buone. Le donne sulle piattaforme di crowdfunding sono una minoranza, eppure i numeri dimostrano che riscono più spesso degli uomini a raggiungere il target che si sono prefissate. E’ quanto emerge da un recente report di PricewaterhouseCoopers e The Crowdfunding Center. Lo studio ha preso in esame 450mila raccolte realizzate tra il 2015 e il 2016 in 205 Paesi al mondo attraverso nove delle maggiori piattaforme di crowdfunding ed è emerso che i successi delle donne sono il 32% in più rispetto a quelli degli uomini. Il risultato ha alcune differenze geografiche: in Asia, infatti, le donne raggiungono il proprio obiettivo di raccolta il doppio delle volte dei loro concittadini, mentre negli Stati Uniti la differenza si assottiglia: le donne ottengono il target fissato nel 24% delle volte contro il 20% dei loro colleghi. Divario più ampio in Uk: 26 a 20 per le donne. Ma anche in mercati meno maturi, come l’Africa, il trend viene confermato: le donne raggiungono il target nell’11% dei casi contro il 3% degli uomini. In Cina, India, Brasile, Messico,Russia, Indonesia e Turchia i dati sono al 10% contro il 4% per la componente femminile.
Non solo. I progetti guidati da donne ottengono una media di “investimento” superiore a quelli guidati da uomini: 87 dollari contro 83. Un dato in controtendenza rispetto alle difficoltà che incontrano le donne nell’accesso al credito e soprattutto agli investimenti nel caso di nuove attività imprenditoriali come le startup innovative. Il crowdfunding risulta così poter essere una valida alternativa ai canali tradizionali: d’altra parte le donne sono poco rappresentate sia nei venture capital che fra i business angel, per cui le startup rischiano di restare ancora per molto questione da uomini. I numeri parlano chiaro: solo il 7% dei partner dei 100 maggiori venture capital a livello mondiale è donna e se si allarga l’analisi a tutta l’industria si va poco oltre: 8% dei partner di 2.300 fondi chiusi.
Sempre a livello settoriale stupisce che il trend sia confermato in maniera trasversale e non c’è alcuna eccezione: gli uomini arrivano sempre dopo.
Ma come si spiega questo trend? Secondo il report un ruolo fondamentale è giocato dal linguaggio e dalla presnetazione del progetto in video e per iscritto: le donne usano uno stile più empatico e un linguaggio più emotivo rispetto a quello pragmatico e finanziario degli uomini. Inoltre i target posti dalle donne sono in media inferiori come ammontare.
Guardando ai dati, però, viene da pensare che il minor numero di raccolte lanciate da donne potrebbe essere il risultato di una maggiore prudenza e della necessità, tutta femminile, di dover avere tutte le carte in regola prima di farsi avanti. Cosa che succede anche quando le donne si devono presentare per un colloquio o chiedere una promozione. Certo è che i fondi di private equity e i business angels dovrebbero farsi qualche domanda quando scelgono i loro investimenti. Può essere che non vedano potenzialità dove invece le vedono gli individui che puntano su queste imprese attraverso le piattaforme di crowdfunding?